Mese: novembre 2013
Me l’ha detto Frank Zappa
Digressione Postato il Aggiornato il
ME L’HA DETTO FRANK ZAPPA
“Abbandonate ogni aspettativa o voi che entrate in questi scritti e lasciatevi trasportare nell’assurdo, ne vale la pena!”
Eugenio Finardi
Me l’ha detto Frank Zappa
In uscita il primo libro di Zibba
Zona Editrice
Matisklo Edizioni
Uscirà giovedì 14 novembre “Me l’ha detto Frank Zappa”, raccolta di racconti in forma di dialogo firmati da Zibba. Si tratta del primo libro del cantautore ligure, autore anche per Cristiano De André ed Eugenio Finardi. Proprio quest’ultimo, insieme a Matteo Monforte, ha steso le note introduttive.
Presentato come un autentico esperimento letterario nel quale l’autore lascia fluire il proprio pensiero in completa libertà, fra discussioni su bevande tonificanti al gusto di martello, telefonate ai se stessi del futuro, nani da passeggio stipati in uno zaino, l’esordio letterario di Zibba è vortice di figure appena probabili ma forse proprio per questo iper-reali, comiche e sgangherate anche nella lingua, sempre a cavallo tra l’imitazione del parlato e la sua parodia in cui niente e nessuno viene risparmiato. Fissando su carta i voli del linguaggio parlato Zibba riesce a scoprirne i meccanismi più nascosti, le contraddizioni, gli aspetti più ridicoli. Se poi a tutto questo aggiungiamo una fantasia originale ed un gusto per il nonsense decisamente sviluppato, il risultato non può essere che esilarante. Intricato, complesso, assolutamente spassoso.
Impreziosito a dovere dalle illustrazioni di Matteo Anselmo, “Me l’ha detto Frank Zappa” è attesissimo e già destinato a divenire un “cult” tra i fan della voce degli Almalibre, che potranno scegliere tra la versione cartacea, curata da Editrice ZONA, e il digitale, edito invece da Matisklo Edizioni.
Acquistando una copia del libro, digitale o tradizionale che sia, sarà possibile inoltre scaricare gratuitamente dalla Rete “Live in Poli”, bootleg di cinque brani con Paolo Bonfanti ospite alla chitarra.
Molta curiosità si è accesa intanto attorno ai dialoghi – tratti direttamente dal libro – scelti da Sergio Sgrilli per lo spettacolo teatrale che debutterà domenica 8 dicembre allo Zelig di Milano e metterà in scena le “follie” di Zibba attraverso i siparietti recitati da Alberto Onofrietti e Fabrizio Martorelli accompagnati dalle musiche dal vivo di Zibba, Stefano Cecchi e Stefano Riggi. La scenografia sarà curata dagli allievi dell’accademia Albertina di Torino.
Già in calendario, inoltre, alcune presentazioni che si annunciano altrettanto imperdibili, da Roma a Milano, da Torino a Genova, ognuna accompagnata da un mini live acustico, una performance dell’illustratore e ospiti d’eccezione:
14 novembre – Ubik Savona
Ore 18.00, con intervento di MGZ
15 novembre – Feltrinelli, Genova
Ore 18.00, con intervento di Matteo Monforte e Francesca Baraghini
16 novembre – Libreria dello Spettacolo, Milano
Ore 18.00, con intervento di Sergio Sgrilli
17 novembre – Libreria Cibrario, Acqui Terme
Ore 17.30, con intervento di Fabio Garzero
18 novembre – Feltrinelli, Torino (Piazza C.L.N.)
Ore 18.00, con intervento di Bunna
5 dicembre – Più Libri Più Liberi – Roma
Ore 17.00, con intervento di Roy Paci
PREMIO GRADIVA-NEW YORK II edizione
Un premio con un’ottima giuria. Internazionale in senso stretto e reale. Buona scrittura e buona partecipazione. IM
Nota di lettura a Rossella Tempesta
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Rossella Tempesta
Giorno dei morti
I morti non sono mai morti
mentre le guerre, la fame, le sofferenze
sono i frutti, il raccolto, di una grave dimenticanza
una non ricordanza
l’assenza di specchi
la loro presenza velata
ai cari occhi degli uomini
di perduti, frenetici e inani
combattenti contro i mulini
ciechi, sordi, dimentichi.
Dimenticanti, si sono
dimenticati.
Non trovano la strada e le voci
in ogni casa che ogni strada abita:
il tugurio, il castello, il tumulo di terra
e l’ossario sono un’unica storia
la pulce del cane, il cane, il padrone
un’unica cosa, la gradazione
di ogni colore, l’odore che è la storia
infinita, mai iniziata, è.
La greve oscura dimenticanza
festeggia il giorno dei morti viventi
e accendono lumi al silenzio
pure alcuni assassini.
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Nota di Ivano Mugnaini a
Giorno dei Morti
Ci obbliga a chiederci se siamo vivi, la poesia di Rossella Tempesta. Se siamo viventi, non sopravviventi. Ci invita a individuare il discrimine, il crinale da cui è possibile separare e distinguere le terre e i deserti, i raccolti fecondi e quelli che generano la gramigna e le stoppie dell’odio e della violenza. Al di sopra di tutto, come una pianta infestante, il più vasto dei mali: l’indifferenza, quella “non ricordanza” che è atto di supremo rifiuto dell’altro, annientamento preventivo, assassinio silenzioso.
L’esordio della poesia è perentorio, deliberatamente spiazzante: “I morti non sono mai morti”. La negazione dell’evidenza, l’apparente paradosso, possentemente iperbolico, ci trasporta in una dimensione che si colloca tra la realtà e la riflessione, tra l’osservazione dei dati di fatto e la sollecitazione ad andare oltre, leggendo tra le righe, muovendoci con passo rapido tra il detto e il non detto, l’inespresso che grida, accendendo “lumi al silenzio”.
La forza dell’invettiva deriva proprio dal tono che l’autrice ha scelto: non c’è mai un richiamo diretto, un’esortazione immediata. C’è, in questa poesia, un pungolo alla presa di coscienza, un richiamo a riconoscere, riconoscendosi, “la strada e le voci”, individuando le radici condivise, i luoghi, le parole, quella “casa che ogni strada abita”.
Questo tessuto connettivo è abilmente e adeguatamente rispecchiato a livello sintattico dall’utilizzo frequente di frasi in cui i vocaboli si legano l’uno all’altro, per analogia e per contrasto, attraverso parallelismi e chiasmi. Il tutto ulteriormente intrecciato da assonanze, consonanze e rime interne: “una grave dimenticanza/ una non ricordanza/ l’assenza di specchi/ la loro presenza velata”. Ed è quasi uno specchio in più, un vetro su cui si è obbligati a riflettersi, questa alternanza tra termini posti in relazione e in opposizione. Come se le assenze e le presenze linguistiche facessero da sfondo e da eco alle scelte essenziali, le affinità e l’indifferenza, la solidarietà e l’egoismo.
L’impegno sociale è uno dei temi ricorrenti nella poesia di Rossella Tempesta, sia in questo testo specifico, che, a livello più ampio, in tutta la sua produzione. Ma l’autrice non dimentica mai il compito e la natura primaria della poesia: il lavoro attento sulla parola e con la parola, la ricerca del ritmo, dell’armonia e di quel senso ulteriore che rende il dettato e la vis comunicativa implicita, allusiva, ma, nonostante questo, anzi, in virtù di questo, urgente e coinvolgente.
Da questa poesia dalla trama sintattica e dall’intreccio severo ma quasi sinfonico delle sillabe, emerge in modo ineluttabile una domanda, un interrogativo, anzi due questioni interrelate: chi siano i “morti viventi” festeggiati dal loro idolo, la “greve oscura dimenticanza”, e, se noi, noi lettori, quelli che Baudelaire avrebbe definito “ipocriti, simili e fratelli”, possiamo escluderci a cuor leggero dal novero di tale mirabile schiera. Non resta che il coraggio di guardare il “tumulo di terra” e “l’ossario”, il presente e il passato, il qui e l’altrove, l’io e l’altro, e capire, com-prendere davvero, che “sono un’unica storia”, quella storia infinita, “mai iniziata”, e, di conseguenza, ancora da scrivere, tramite una parola che è anche gesto, atto concreto, azione della mente e del cuore.
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