Mese: febbraio 2014
Concorso LA VITA IN PROSA – edizione 2014
LA VITA IN PROSA
Concorso Nazionale di Narrativa
Terza edizione, 2014
– scadenza 31 maggio 2014 –
NORME DI PARTECIPAZIONE
Il Concorso prevede la selezione di scritti inediti in prosa (racconti, lettere, considerazioni, brani di diario e qualsiasi altro testo creativo scritto in prosa).
Periodicamente alcuni dei testi migliori pervenuti potranno inoltre essere inseriti, indipendentemente da quella che sarà la classifica finale del Concorso, nella rivista telematica DEDALUS: corsi, concorsi, testi e contesti di volo letterario, www.ivanomugnainidedalus.wordpress.com.Nel sito DEDALUS sono presenti, preceduti da un commento introduttivo, liriche, prose e interventi critici di alcune delle voci più significative del panorama letterario contemporaneo e alcuni autori giovani o emergenti dotati di personalità e talento.
La Giuria del Concorso, composta da Mauro Ferrari (poeta, critico, direttore editoriale di puntoacapo Editrice), Luigi Fontanella (poeta, scrittore, critico letterario, direttore della rivista internazionale “Gradiva”) Roberta Lepri (scrittrice), Ivano Mugnaini (scrittore, consulente editoriale, co-direttore della collana di narrativa AltreScritture di puntoacapo Editrice, Alessandra Paganardi (scrittrice, collaboratrice di riviste letterarie nazionali), Daniela Raimondi (poeta e scrittrice), Valeria Serofilli (scrittrice, presidente del Premio Astrolabio), valuterà tutti gli scritti pervenuti e proporrà infine a puntoacapo Editrice una rosa di Finalisti, tra cui tre Vincitori.
I lavori Vincitori saranno pubblicati da puntoacapo Editrice, www.puntoacapo-editrice.com www.puntoacapoeditrice.wix.com/puntoacapo in un numero speciale dei “Quaderni di Narrativa Dedalus”, vero e proprio “Annuario” della narrativa italiana, in cui i primi tre classificati saranno ospitati con una vetrina dei loro testi e alcuni degli autori selezionati potranno comparire con il loro racconto più significativo.
Al volume contenente i racconti vincitori e segnalati sarà dato ampio rilievo e godrà di una promozione di assoluto rilievo grazie alla mailing-list dell’Editrice e a tutti i canali di informazione ritenuti utili ed efficaci.
Agli Autori che invieranno al Concorso La Vita in Prosa testi ritenuti interessanti potrà inoltre essere proposta la presentazione critica dei lavori con cui hanno partecipato, o di altri, anche già editi, presso lo storico Caffè letterario dell’Ussero di Pisa, o presso la Villa di Corliano, www.corliano.it , a San Giuliano Terme (Pisa), nell’ambito degli eventi letterari promossi dall’Associazione “AstrolabioCultura”, appuntamenti che hanno visto avvicendarsi nei mesi scorsi alcune personalità interessanti della prosa e della poesia contemporanea.
MODALITÀ DI INVIO
Gli autori interessati devono inviare i loro testi inediti entro il 31 maggio 2014. I partecipanti potranno inviare da uno a tre racconti, lettere, pagine di diario o brani di prosa creativa, a tema libero e di lunghezza compresa fra le due e le dieci cartelle per ciascun testo, tramite file in formato Word .doc (non .docx) oppure RTF, allegato ad un messaggio e-mail indirizzato al seguente indirizzo: ivanomugnaini@gmail.com, indicando come oggetto del messaggio: “Concorso La Vita in Prosa 2014”.
I dati personali dell’autore (nome, recapito postale, telefono, cellulare e indirizzo di posta elettronica) dovranno essere riportati esclusivamente nel corpo del messaggio, non nel file dei racconti. Nel corpo del messaggio dovrà anche essere trascritta la seguente dichiarazione: “I testi sono inediti e di mia esclusiva creazione. Autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi del decreto numero 196/2003 nell’ambito del Concorso LA VITA IN PROSA”.
È previsto un contributo spese di 10 € da inviarsi tramite pagamento sulla Carta Postepay numero 4023 6006 5865 2286 intestata a Ivano Mugnaini (codice fiscale MGNVNI64H12L833T);
oppure tramite contante in una lettera (preferibilmente raccomandata) inviata a: Ivano Mugnaini – via delle Sezioni, 4348 – Località Bargecchia – 55040 Corsanico (Lucca).
La partecipazione al Concorso implica l’accettazione del presente regolamento in tutti i suoi punti. Il corretto ricevimento del messaggio e dei file con il racconto o i racconti, e la conseguente iscrizione al Concorso, saranno comunicati via e-mail a tutti i concorrenti. Il nome dei Vincitori sarà comunicato sul sito Dedalus, su diversi portali letterari e sul sito di puntoacapo Editrice.
Per eventuali richieste di maggiori informazioni, o per qualsiasi altra richiesta riguardante il Concorso, scrivere all’indirizzo e-mail: ivanomugnaini@gmail.com.
PREMIO ASTROLABIO 2014
novità di narrativa di puntoacapo
Tre libri di narrativa di recente uscita di puntoacapo.
Diversi per tema, stile, approccio. Ma tutti interessanti e già premiati dall’interesse dei lettori e della critica.
Buona lettura, IM
Lungo è stato il giorno
Immagine Postato il
Edoardo Penoncini, Lungo è stato il giorno, Ibiskos Ulivieri, Empoli, 2103, prefazione di Matteo Bianchi
I versi di Lungo è stato il giorno, libro vincitore della XVI edizione del Premio “Città di Empoli – Domenico Rea”, confermano l’intento già manifestato e messo in pratica con coerenza da Edoardo Penoncini nella sua produzione letteraria: fare argine, al tempo, all’effimera inconsistenza dell’epoca che viviamo, alle incongruenze e alle ferite. Ma la barricata di Penoncini è eretta con materiale flessibile, costruita con cura ed efficacia ma senza strepito, senza plateali colpi di martello. Non si tratta di una Linea Maginot elefantiaca e ironicamente inutile. Siamo di fronte ad una recinzione discreta, funzionante più per l’accorta collocazione che per l’accumulo di materiali. La poesia di Penoncini rispecchia la natura della sua città di residenza e di elezione, Ferrara. Città a cui l’autore ha dedicato specificamente un suo intenso libro, Qui non si arriva di passaggio, ma, in senso più generale, sui cui ritmi e atmosfere ha improntato la sua scrittura. Una città che si colloca al di fuori di grandi assi stradali, dalle rotte automobilistiche e mentali più trafficate. Una città concreta, carnale eppure onirica, sempre attuale eppure fuori dal tempo, tenacemente orientata verso la ricerca della bellezza, quei momenti che, alla fine di un lungo giorno, vale la pena ricordare.
Il tempo, dunque, ancora lui, inesorabile punto interrogativo posto all’inizio e alla fine di ogni frase, ogni atto espressivo, ogni domanda, come nella lingua spagnola. Penoncini non fa eccezione, e, come uomo e poeta, non si sottrae al timore ma anche all’attrazione del ragionamento sul tempo, astrazione sull’astrazione, ipotesi di ipotesi, esercizio acrobatico rischioso ma inevitabile. Non è un caso che un altro suo volume, La spesa del giorno, pubblicato nel settembre del 2012, contenga questo riferimento cronologico, questo parametro delle ore di una singola giornata che è in grado di rispecchiare, come nel rapporto tra microscopio e cannocchiale, l’intero arco di una vita o lo sviluppo della vicenda umana, le ere storiche, il passato, il presente e il progetto di un futuro ancora tutto da inventare. Anche in questa ricerca comunque Penoncini resta sulla linea prescelta e a lui consona, quella di una serietà non rigida, non dogmatica, prova dei dettami di certezze assolute. Anche in questo suo recente volume, nella lirica di pagina 34, “Cosa siamo”, esprime un pensiero che si può visualizzare con un sorriso, amaro ma non agro, con un taglio che oscilla, quasi a mimare sensazioni mutevoli: “basta seguire il sole e il suo arco/ dare senso al nostro viaggio/ e forse non siamo davvero il vuoto/ d’un tramonto o la speranza di un’alba”. Domina, minuscolo ma ineludibile vocabolo, quel “forse”. E una consapevolezza, di radice montaliana, ma accuratamente rivista e rivissuta, di quello che non siamo. “Forse non siamo davvero il vuoto”, scrive Penoncini. Lungi dall’essere un’affermazione incerta, racchiude una presa di posizione decisa, soprattutto in virtù del volume in cui si colloca, al culmine di un “giorno”, esistenziale e letterario, lungo e articolato. Restando fedele alla ricchezza fertile del dubbio, ad un pessimismo che non significa sconfitta o rinuncia a priori, Penoncini dichiara, senza neppure sognarsi di urlare o predicare, che c’è qualcosa di più oltre alle impalpabili e fulminee comunicazioni dei nostri tempi, oltre agli strumenti sempre più moderni ed evoluti, aggiornabili in tempo reale.
C’è la bellezza, dei palazzi e delle campagne della sua terra, emersi quasi a sorpresa dalla nebbia, c’è la presenza e il ricordo delle sensazioni e dei sentimenti vissuti, colori e gesti ancora vivi negli occhi, sulla pelle e nella memoria. L’autore non cerca e non ipotizza un’improbabile Arcadia contemporanea né un eremo da stilita. Ha la volontà e il coraggio, però, di dire che ci deve essere qualcosa che sia in grado di legare ciò che è incorporeo e ciò che è tangibile. Qualcosa che resti, alla fine del giorno, nonostante il correre senza fiato delle stagioni, anzi, proprio in virtù di tale corsa che è anche rincorsa, percorso, tracciato intricato ma vario, vivo e vitale. Penoncini, in punta di penna, ma in modo nitido, ci suggerisce che quello che rimane è, forse, “un nuovo angolo appartato tra i libri/ [che] vale un mondo di perfetti equilibri”. La rima è un collante quasi naturale, qui, in questo contesto, mette in relazione materia e pensiero, il gesto e la prospettiva. Un libro, quindi, carta, materia che può essere percepita tramite i sensi, tatto, olfatto, vista, udito, forse anche gusto, come un alimento per il corpo e lo spirito. Un libro non inteso quale asettica sequenza di parole, ma come referente, testimone e protagonista di gesti e momenti, stati d’animo contrapposti, rabbia ma anche amore. Con un pudore che gli impedisce di scadere nel retorico, ma anche con la volontà e il coraggio di mostrare ciò che veramente sente, Penoncini parla di un amore, non a caso espresso tramite la parola scritta, in un connubio inscindibile: “ad ogni alzata di sole/ d’inverno sfumavi nella nebbia/ aspettavi testarda il portalettere”. Una donna, una città, la vita stessa, la gioventù, l’illusione e il sogno di vivere; i destinatari della poetica missiva possono essere tutti e nessuno. Magari è soltanto una donna, una persona reale, non nominata esplicitamente ma mai dimenticata. Una persona in carne ed ossa che rappresenta per il poeta il filo rosso che lega pensiero, vita e scrittura, rigorosamente a mano, in questo caso, come una carezza, metaforica e reale. Forse la stessa persona a cui è indirizzato l’incipit scritto in corsivo della lirica “Dove si quieta il vento”, l’esordio perentorio, tra pathos e umorismo: “ti amo – dicesti – come la mettiamo(?)”. Prosegue con un nota amara, “s’è persa la speranza nel brillio/ d’una notte ineguale senza pace”, e, evidenziata anche dalla collocazione grafica, isolato tra due sequenze di versi compatti che lo precedono e lo seguono, il sunto, della lirica e forse anche del libro: “richiama l’arcano questo ricordo”. Il mistero resta, anche alla fine di un giorno lungo e denso di eventi, incontri e mutamenti. Ma l’arcano può essere richiamato, può riacquistare consistenza, tramite la stessa parola da cui ha avuto vita, attraverso cui ha sviluppato tutto, compreso il mistero stesso. Una struttura ad anello, una ring composition, formale ma anche sostanziale. La riflessione di Penoncini si manifesta con una struttura priva di elucubrazioni forzose e magniloquenti ma non per questo risulta meno pregnante, in grado di chiamare in causa, di spingere, seppure con il sorriso di cui si è detto, a interrogarsi, a chiederci a nostra volta dove si quieta il vento.
Diversi sono i giorni, la lunghezza, il colore e la sostanza delle ore individuali, soggettive, vissute ciascuno nel modo in cui si è potuto più che voluto. Eppure il libro di Penoncini, il suo giorno raccontato con i versi, è in grado di creare un ponte, un dialogo. È capace di indicare con la forza di una sincerità nitida ciò che davvero conta, quello che rimane, a dispetto della fretta inconsistente, a dispetto delle beffe reali di un mondo che troppo spesso si riveste di larve fittizie: “restare quel che si è/ appena uomini/ con gli occhi pieni di futuro e basta/ perché tanto si scioglie nel calendario/ ogni sospiro ricco di giochi vissuti/ partenze improvvise verso l’eterno/ con le bocche piene di verde della terra”. In queste parole c’è la sostanza della ricerca espressiva ed esistenziale portata avanti da Penoncini, tempo e senso, inteso sia come moto che come significato e percorso parallelo, effettuato nel tratto che separa ed unisce la dimensione onirica e quella reale, il volo e la terra.
Info sul libro e sui libri citati:
http://www.edoardopenoncini.it/#Bibliografia
Per ulteriori informazioni sull’autore:
http://www.storiadidassi.it
http://www.edoardopenoncini.it
http://lalucedellultimacasa.wordpress.com/
Ivano Mugnaini
INADEGUATO ALL’ETERNO – ring composition
Immagine Postato il
Inadeguato all’eterno
Ring composition,
quasi a mo’ di postilla
Inadeguato all’eterno,
a quell’ipotesi futura,
a quell’aria impalpabile
oltre il ciglio bagnato
di fango e di rugiada
della sera.
Inadeguato all’eterno,
non alla vita, a quella
vita che c’è, qui ed ora,
la suola della scarpa
consumata passo a passo,
il sudore sulla fronte,
il viso della donna eternamente
sbagliata, gatta, pantera,
medusa, capelli e pensieri
indomabili, fascinosa,
rincorsa per anni e trovata,
forse, in un istante infinito.
Questo lo so fare,
per questo sono adeguato.
Questa rincorsa senza fiato,
controcorrente, salmone
sorridente, nonostante il gelo
del fiume senza tregua e
le fauci degli orsi che attendono
oltre l’ultima diga naturale.
Questo lo so fare, per questo
sono adeguato. Non mi sento
adatto né pronto, al contrario,
per quel prato impalpabile
fatto di punizioni e premi, peccati
da pagare e vizi da scontare
sopra un mare immaginario
oltre un ponte buio e franoso
su piloni di colpe e paure
artificiali.
Chiarito questo, come un promemoria,
un post-it sulla porta di chi si troverà
a bussare, torno, in una composizione
ad anello, a cantare con le note
che so, quello in cui credo.
il solo eterno che conosco,
l’effimero che cerco, e che, spero,
continuerò a cercare:
se le braccia spalancate
della ragazza nuda
avranno la pietà del miele
selvatico, se il suo sorriso
enigmatico, sconosciuto e impuro
mi darà la certezza del corpo
e del cuore, senza cercare
niente di più, ora, del battito
delle tempie e del fuoco del sudore,
avrò il dono scabro, essenziale,
di un attimo: l’istante leggero e violento
in cui mi sento vivo,
seppure fragile, sporco,
inadeguato all’eterno.
Ivano Mugnaini