Il misterioso fascino di una donna “fuori moda”: Elsa Morante

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Elsa Morante 1

“Ci muovevamo sperduti, come attraverso un fragore prorompente, che ci urtava, ci avvicinava e ci separava, vietandoci d’incontrarci mai.”

Elsa Morante 2
La frase sopra riportata può essere considerata una sintesi emblematica della scrittura della Morante nonché uno spaccato dei diversi punti di vista tormentati che caratterizzano i suoi lavori. E’ un’autrice nella cui produzione i motivi autobiografici, come vedremo, sono sempre significativi e rivelatori. La mia chiave di lettura cerca di indagare come e quanto le vicende personali dell’autrice si intersechino con le vicende e gli eventi del mondo e in quale misura riescano a farsene specchio.
Di sicuro la Morante è stata ed è una scrittrice complessa. Per scelta e per istinto ha coltivato forti elementi di ambiguità, in particolare l’androginia, che rende problematica la cifra realistica dei romanzi. La lotta fra immaginario e reale è il tema chiave, il nodo da sciogliere.
Leggendo le pagine della Morante si percepisce netta un’enorme ansia espressiva. Ciò la conduce ad un’adesione a modelli narrativi consolidati appartenenti alla tradizione, ma, nei suoi esiti migliori, li oltrepassa, li supera in virtù di un sentire dolorosamente netto e di un senso dell’oppressione mentale e morale del tutto sinceri e moderni.
Partendo da questi punti di riferimento si può tentare di intraprendere questo nuovo viaggio letterario. La Morante spazia tra filastrocche e favole per bambini, poesie e racconti brevi ma anche alcuni dei più celebri, e in gran parte amari, romanzi italiani del ‘900: Menzogna e sortilegio, L’isola di Arturo, La Storia, Aracoeli. Ebbene, nelle pagine dei suoi romanzi, nei contorni di isole, paesaggi e personaggi, nelle pieghe di esistenze in bilico sopraffatte dalla Storia, si scorge il profilo di una donna libera, sopra le righe e fuori dagli schemi, capace di sfuggire sistematicamente stereotipi ed etichette preconfezionate. Forse davvero “una grande solitaria”, come la definì Franco Fortini. Ma soprattutto una scrittrice che ha saputo lasciare un segno pur prescindendo dall’identificazione con le correnti letterarie del suo tempo.
Le sue opere non sono solo la trasposizione del suo pensiero ma il frutto dei conflitti interiori e delle vicende personali e storiche in cui si trovò a vivere.
La prima tappa del percorso che tentiamo di tracciare non può che essere Roma, la sua città natale. Figlia naturale d’una maestra ebrea e di un impiegato delle poste, alla nascita fu riconosciuta da Augusto Morante, sorvegliante in un istituto di correzione giovanile. Trascorre la sua infanzia a Testaccio, in questa famiglia insolita dai segreti ingombranti. Inizia a scrivere filastrocche e favole per bambini, poesie e racconti brevi che a partire dal 1933 e fino all’inizio della seconda guerra mondiale, furono via via pubblicati su varie riviste tra cui il “Corriere dei piccoli” e “Oggi”. Pubblicava usando spesso, come si è accennato, pseudonimi maschili: Antonio Carrera e Lorenzo Diodati. Già da qui l’ambiguità che caratterizza la sua carriera letteraria e quel suo piglio di farsi chiamare “scrittore”, quella voglia di essere ricondotta ad un universale rispetto alla specificità di una letteratura femminile.
Fu costretta a confrontarsi fin dall’adolescenza con luoghi e situazioni che la indussero ad esplorare  i lati oscuri della psiche. Tali esperienze la porteranno ad affermare anni dopo, quando era già una scrittrice affermata, che “bisogna scrivere solo libri che cambiano il mondo”. Cambiare il mondo per cambiare se stessa.
Nel 1936, grazie al pittore Giuseppe Capogrossi, Elsa Morante conosce Alberto Moravia con cui si sposa nel 1941, anno in cui pubblica con Garzanti sua prima raccolta di racconti, Il gioco segreto.
Filo conduttore dei racconti sono le trasformazioni e le metamorfosi dei personaggi: il gioco, serissimo e lieve, consiste nella sopravvivenza dell’umanità.
Assieme al marito Moravia frequenta alcuni intellettuali e artisti di assoluto rilievo tra cui Pier Paolo Pasolini, Umberto Saba, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani, Sandro Penna, Enzo Siciliano. Ma, come spesso accade nella sua vicenda esistenziale gli estremi coincidono e si sovrappongono: la fase dell’incontro corrisponde a quella della fuga. Durante la seconda guerra mondiale, per sfuggire alle rappresaglie dei nazisti, la Morante e Moravia si rifugiarono vicino a Fondi, un paesino in provincia di Latina.
Qui la Morante inizia la stesura di Menzogna e sortilegio ma questa difficile esperienza sarà anche alla base della successiva scrittura de La Storia.
Nel 1957 pubblica L’Isola di Arturo, nato e scritto totalmente a Procida, con cui vince il Premio Strega. E’ la storia della difficile maturazione di un ragazzo che vive quasi segregato nel paesaggio immobile dell’isola di Procida, accanto all’imponente presenza del penitenziario.
Dal romanzo scaturirà cinque anni dopo il film di Damiano Damiani. Il romanzo ha la struttura di una fiaba ma anche qui la realtà fa sentire la sua presenza e la sua voce. Il materiale letterario della scrittrice si nutre di se stesso, di letteratura, il romanzo si innerva in altri infiniti romanzi meravigliosi immaginati da Arturo, una metaesistenza basata su una vasta metaletteratura.
Per poter finalmente parlare del capolavoro della Morante, La storia, è necessario fare un passo indietro, tornando al periodo dell’esilio a Fondi, circondata e minacciata dalla violenza del mondo. Nel borgo in provincia di Latina, in quello che lei stessa definirà “una specie di porcile” lei e Moravia daranno vita a due delle loro opere più significative. A Fondi Moravia concepì La ciociara proprio mentre la sua compagna maturava il disegno di quello che sarà poi il suo punto di arrivo, La storia.
La Morante, iniziando il processo creativo che la porta a realizzare il suo libro più significativo, si scopre in grado finalmente di rovesciare il cannocchiale. Dal microcosmo passa al macrocosmo, abbandona l’isola ed abbraccia il mare aperto, con la sua globale fascinazione e crudeltà.
La storia è il romanzo della Morante. Tutto il resto del suo mondo appare in qualche modo preparatorio, propedeutico. Ne La storia trovano compimento gli anni e le esperienze, le poesie imperfette e i lavori di formazione, le isole utopiche dissolte dalle deflagrazioni della guerra e della verità. Ma nel suo romanzo più significativo il “realismo magico” trova il compimento nella forza della sincerità: gli umili, i vinti, quelli che la scrittrice ama e dalla cui parte si schiera, non prevalgono, non possono sperare in nessun successo, rivalsa o provvidenza. I promessi sposi sono lontani, fondamenta possenti ma ricoperte dalla macerie degli anni e degli eventi. I vinti vengono sballottati sugli scogli, e non c’è più alcuna isola di miti generosi e assolati che possa accoglierli.
Nel periodo del rifugio in quello che venne poi definito, una sorta di porcile, vicino a Fondi Elsa Morante trova la dimensione giusta, la compenetrazione con il mondo contadino che accoglie e protegge lei e Moravia senza pretendere niente in cambio. Con il trascorrere degli anni trasferirà e collocherà le emozioni percepite a Fondi nell’ambito a lei più naturale, la città di Roma, con i quartieri che conosce a menadito, con il modo di vivere, di pensare e di reagire alle sciagure che ha radici antiche e a cui lei aggiunge nuova vita e attualità.
Inizia a guardare le cose come sono. Senza tentare di edulcorare la ferocia con la fiaba né di contaminare la bellezza della resistenza con la retorica.
Uscito nel ’74, negli anni delle ideologie e delle avanguardie, “la storia” della Morante si allontana dai canoni stilistici del tempo confermando la sua originalità, la sua natura di atipica e vorace autodidatta. Disorienta ma indaga su vicende di dolore e riscatto in cui tutti si possono riconoscere.
Questo suo essere una voce fuori dal coro e dalle correnti le valse non poche ostilità dividendo la critica, indipendentemente dal significativo riscontro di pubblico del libro. Alcuni le rimproverarono di non essere al passo con i tempi, di aver conservato una struttura narrativa ancora ottocentesca. Altri la esaltarono considerandola in grado di attraversare territori letterari diversificati vivificandoli, dando loro un’impronta nuova. Ai due estremi contrapposti si collocano coloro che la considerarono segnata da un populismo di maniera e chi al contrario apprezzò la sua capacità di dare voce ad una passionale coralità.
La figura di Elsa Morante continua ancora oggi a dividere.
Dopo trionfi e delusioni, fughe e ritorni, il motto della Morante, la sua stella polare, “bisogna scrivere solo libri che cambiano il mondo” trova compimento puntuale nell’atto del suo tradimento: La storia è un libro che cambia il mondo nel momento esatto in cui smette di volerlo cambiare e inizia a raccontarlo così com’è, tra sangue e sogno, fiaba e massacro.
Ancora oggi, nonostante le schiere di lettori, le innumerevoli edizioni e riedizioni, i convegni e i dibattiti a lei dedicati, Elsa Morante resta una figura a se stante, aliena dalle correnti e dagli schemi prestabiliti. Il costante collocarsi fuori moda da parte della scrittrice, la rende complesso e controverso oggetto di studio e di valutazione, ma, sul fronte opposto, la strappa alle mode effimere e contingenti. Diceva a proposito di moda una che certamente se ne intendeva, Madame Coco Chanel: ” La moda passa ma lo stile resta”. Nel caso di Elsa Morante è stato proprio così. La forza della sua narrativa risiede ancora oggi nella complessità che rifiuta, per scelta e per istinto, soluzioni univoche e rassicuranti.

Ivano Mugnainifoto(4)

Un pensiero riguardo “Il misterioso fascino di una donna “fuori moda”: Elsa Morante

    ALFONSINA CATERINO ha detto:
    24 gennaio 2015 alle 22:51

    Caro Ivano, trovo il profilo che hai tracciato di Elsa Morante, carico di una forte aderenza al vero e, raffinato. Credo sinceramente, per come in me è collocata la figura della grande narratrice che, se fosse viva e potesse leggere le righe che le hai dedicate, si riconoscerebbe con serenità nel tuo scritto….Proprio lei, che in vita non ebbe serenità e, sempre fu contrastata con forti disappunti sulla scrittura, sullo stile, sulle tematiche…, leggendo la tua pagina critica, la sentirebbe sua parte integrante. Dico questo perchè la trovo rispondente alla forza prorompente l’interiorità di Elsa, vigile e attenta fotografa della verità, della sua verità sofferta che una volta conquistata, conservava in fondo al cuore perchè, macerando nel silenzio, esplodesse alla vita, alla narrazione, nel modo magnifico con cui i grandi riescono a cristallizzare i fatti, il dolore, la morte, la brutalità degli uomini e consegnarli alla storia….Alla storia del tempo, delle umanità, sempre brutali pur essendo gli uomini, mai, gli stessi! – Quale, dunque, il cambiamento che si auspica ai pianeti, alla vita nel suo divenire, se, nel teatro del tempo, i personaggi, diversi, sono dediti a battaglie sanguinarie in una guerra infinita? Perchè la guerra, il dolore, la rinuncia? Perchè la terra, che dona miracoli di figli e, poi degli stessi, fa notizie bianche ghiacciate di incidenti di moto, di malattie, di azioni quotidiane effimere e tragiche?.. – Quale beffa è la vita? …Chi la dirige?…E cosa muove veramente l’uomo verso questo o quel destino? O, piuttosto, tutto intorno a lui è l’ immoto e, solo una forza devastante muove cose, sentimenti, azioni, riflessioni, emozioni e le scuote, fonde e polverizza in attimi, sotto gli occhi sbigottiti, gli animi squarciati e inermi degli uomini? Altro poi, le visioni deliranti prodotte dai cerchi annebbiati e magici riverberanti le ninna nanna senza tempo, spazio e pensiero che pure la Morante ha creato con compulsione e tenerezza di immagini, congiungendo al sogno, la parte imprendibile del viaggio, nella sua offerta misteriosa e affascinante. Se, “E’ SEMPRE GUERRA” (da: P.Levi, La Tregua), la guerra grande, endemica, secondo Elsa, è nell’uomo e poi tra uomo e uomo. Un bisogno irrefrenabile lo spinge ovunque, fuori dal suo essere, a cercare il luogo in cui disperdere l’urlo disperato, di animale inadeguato e cosciente della sconfitta inflitta da una carcerazione congenita. Questo, forse, è l’itinerario umano e di narratrice che Ella segue nella vita e che, attraverso fatti ed eventi, cerca di maturare nelle esistenze dei personaggi dei suoi scritti, nelle azioni e simulazioni d’un significato che per E. Morante, è la ragione stessa del vivere..Così “ARTURO”, protagonista stordito, quasi incantato dal moto perpetuo e insulso della vita, poi osservatore di un silenzio che è natura e morte, si ritrova vissuto d’anni, cambiato da un tempo, pure inesistente, a fare i conti con la violenza, la durezza, gli stenti, la paura, il terrore di esistere…Questa è la STORIA che ci consegna la grande Elsa…Una storia eterna nella verità della guerra, sempre che l’uomo muove a tutto, ogni attimo…E , a fianco alla passione, ai buoni propositi, agli atti miracolistici che l’uomo si ritrova in mano, come papaveri di sole, uno sfrontato disappunto irrompe dall’invisibile, lo tortura e muove verso altro del suo stesso fare e pensare, solo qualche secondo prima…Ed è così che diviene bestia, uccide e tormenta colui che solo prolungamento di sè stesso, del suo stesso sangue, della sua stessa carne…Questo avviene nella STORIA…Capolavoro assoluto in cui la scrittrice narra, a partire dagli anni venti, le cause, le nefandezze dei procacciatori di guerre, dei loro motivi inventati per assaltare i popoli più deboli e sottometterli.- Intanto città, popoli interi, inermi, da oggi al domani non sono chi erano e devono divenire altri per sopravvivere, mentre i loro corpi più non gli appartengono. Divengono merce di chi, attraverso le armi, la forza, la violenza, vanta su di loro, un potere che è solo incapacità di rapportarsi e vedersi per ciò che effettivamente rappresenta essere al mondo.:un’ esperienza da condividere con fratellanza. Soprusi, violenza, fremiti, morti, fame, nel capolavoro della Morante, non mutilano punto il canto, la corale atmosfera delle anime vinte, delle anime miti le quali, anzi, fino agli ultimi giorni, aprono le imposte delle finestre perchè nelle case- catapecchie, entri il sole del mattino e rinfranchi, con il suo calore, l’umidità delle pareti grigie di vita nascosta alla vita per non morire, le ossa, lo spirito esangue del tempo…Questo è il flusso che si respira, rigo per rigo, vagando nella vita-libro della scrittrice…E sempre, quando nella pagina seguente, la mente preavvisa la sconfitta, un colpo di cuore, infaticabile, insorge una vigoria ed una potenza più della morte, della non speranza e si erge a propulsore di gesta inedite, affinchè la fisionomia dell’uomo, mai deragli nella definitiva copia d’un mostro, anzi….Alfonsina Caterino

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