Premio“Astrolabio 2016” Premio Internazionale di Poesia, Fiaba e Racconti (7ª edizione del Terzo Millennio) dedicato alla memoria di Renata Giambene e presieduto e diretto da Valeria Serofilli Gruppo Internazionale di Lettura (Presidente fondatrice Renata Giambene), e Libera Accademia Galileo Galilei di Pisa con il patrocinio della Prov. di Pisa e del Comune di Pisa. Bando di Concorso
Il Premio è istituito allo scopo di promuovere la parola poetica ed il componimento di fantasia, al fine di evidenziare, nel panorama letterario attuale, opere di autori degne di attenzione
Il Concorso si articola nel seguente modo:
oltre alle quattro sezioni a tema libero, gli autori potranno inviare lavori ispirati alle tematiche delle sezioni specifiche.
LE SEZIONI SPECIFICHE SONO LE SEGUENTI:
LA MEMORIA
IL MITO DI ULISSE
SEZIONI A TEMA LIBERO
Prima sezione: Volume edito di poesia per un’opera in versi pubblicata a partire dal 2008. Inviare quattro copie del volume di poesia. Solo una delle copie dovrà recare i dati completi dell’ autore compreso un breve curriculum biobibliografico ed eventuale e-mail.
Seconda sezione: Silloge inedita di almeno 10 poesie e massimo 20 in quattro copie. Soltanto una delle copie dovrà recare il nome e l’indirizzo completo, compreso eventuale e-mail dell’autore. È gradito anche un breve curriculum da allegare in busta chiusa.
Terza sezione: Poesia singola a tema libero. Si partecipa inviando da una a tre poesie inedite e mai premiate in altri concorsi.
Inviare le poesie in 4 copie di cui solo una delle copie dovrà recare i dati completi dell’autore compreso un breve curriculum ed eventuale e-mail.
Quarta sezione: Fiabe e racconti inediti
Tema: libero. Lunghezza: da 3 a 12 pagine, indicativamente di 40 righe a corpo 12. La sezione è aperta agli autori di età superiore a 16 anni.
Per inedito s’intende opera mai apparsa in volume individuale. GIURIA
Presidente Valeria Serofilli (Presidente del Premio, poeta e critica letteraria)
Membri
Giorgio Bárberi Squarotti (scrittore e critico letterario)
Ivano Mugnaini (scrittore e critico letterario)
Giulio Panzani (giornalista)
Andrea Salvini (antichista)
Antonio Spagnuolo ( poeta e curatore del sito letterario Poetry-Dream) Comitato d’Onore:
Fabiana Angiolini (Consigliera regionale), Paolo Ghezzi (Vice Sindaco del Comune di Pisa), Federico Eligi (Assessore del Comune di Pisa) , Dante Maffia (poeta e scrittore).
Regolamento
Le opere partecipanti dovranno essere inviate a: Segreteria Premio Astrolabio, via Ciardi nr° 2F, 56017 Pontasserchio di San Giuliano Terme (PI) entro e non oltre il 27.11.2016 (farà fede il timbro postale). Per agevolare il lavoro della Giuria, si raccomanda ai concorrenti di inviare i propri lavori prima possibile, senza attendere il periodo a ridosso della scadenza. Possono partecipare al concorso autori italiani e stranieri con elaborati dattiloscritti in lingua italiana redatti su foglio formato A4. E’ ammessa la partecipazione a più sezioni.
Gli elaborati partecipanti al Premio non saranno restituiti: per i libri editi è prevista la cessione di una copia dei testi alla Biblioteca Comunale della città di Pisa.
L’esito del concorso verrà comunicato ai soli vincitori e segnalati e ai concorrenti che avranno indicato il proprio indirizzo di posta elettronica.
Per ciascuna sezione inviare € 20 per rimborso spese di segreteria, da versare in contanti in busta chiusa, oppure con assegno o tramite bonifico bancario:
CASSA DI RISPARMIO DI LUCCA PISA LIVORNO (GRUPPO BANCO POPOLARE),
IBAN: IT03 T 05034 14026 000000201175 intestato a Valeria Serofilli specificando nella causale “Premio Nazionale di Poesia Astrolabio” e allegando al plico la fotocopia dell’avvenuto pagamento.
PREMI
Prima sezione
Al concorrente primo classificato, durante la Cerimonia di Premiazione, verrà consegnata la targa con l’Astrolabio, simbolo della Libera Accademia Galileo Galilei, opera dell’artista Vittorio Minghetti e garantita la presentazione e promozione del volume a livello nazionale. Al premiato sarà inoltre offerta la cena conviviale dei poeti e il pernottamento presso la Residenza Storica di Villa di Corliano (www.corliano.it) di Rigoli, San Giuliano Terme (prov. Pisa) o in altra dimora storica del lungomonte pisano.
Seconda sezione
“Pubblicazione da parte di Ibiskos Ulivieri Editrice della silloge Vincitrice nella Collana “Astrolabio”.
Sul volume sarà apposta la dicitura “Vincitore del Premio Astrolabio 2016”.
Terza sezione
Targa offerta dall’ Editrice Ibiskos Ulivieri e inserimento nell’ Antologia “Astrolabio”, con possibilità di presentazione presso il Caffè Storico Letterario dell’ Ussero di Pisa.
Quarta sezione
Targa offerta dall’ Editrice Ibiskos Ulivieri e inserimento nell’ Antologia “Astrolabio”, con possibilità di presentazione presso il Caffè Storico Letterario dell’ Ussero di Pisa.
Per gli autori delle sezioni terza e quarta pubblicazione di un’ antologia dei primi 10 autori in ordine di graduatoria nell’ambito della collana “Astrolabio”, con possibilità di presentazione presso il Caffè Storico Letterario dell’ Ussero di Pisa.
I premiati, inoltre, potranno essere inseriti nel Calendario degli incontri allo storico Caffè dell’Ussero http://www.localistorici.it/it/Schede/view/slug/caffe-dell-ussero/tipo/locali-storici di Pisa e al Relais dell’Ussero della Villa di Corliano http://www.villacorliano.it/ curati e promossi da Valeria Serofilli.
Le opere degli autori premiati o segnalati potranno essere presentate al Palazzo della Provincia o nell’ambito della città di Pisa da esponenti dell’Associazione Astrolabiocultura o presso alcune scuole del comprensorio pisano.
La Cerimonia di Premiazione è prevista ad Aprile 2017 presso la Sala del Palazzo del Consiglio dei Dodici in Piazza dei Cavalieri a Pisa.
I premi dovranno essere ritirati personalmente dai vincitori o in caso di impossibilità ritirati da un delegato.
La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente regolamento. La Giuria si riserva di apportare modifiche al presente bando qualora se ne presentasse la necessità. I dati personali dei concorrenti saranno tutelati a norma della legge 675/96 sulla privacy.
Per eventuali informazioni e comunicazioni rivolgersi preferibilmente al seguente indirizzo e-mail: valeriaserofilli@alice.it, oppure al numero telefonico 366.6820493.
Nata ad Avellino – vive e lavora a Napoli – Giornalista professionista – collabora con alcune testate on line- autrice di biografie – ideatrice e conduttrice di una trasmissione televisiva “Bellezza & Salute Magazine” in onda su un circuito di tv a livello nazionale e sui principali social.
Intervista con Ivano Mugnaini: “Io, la letteratura e lo specchio di Leonardo”
Cosa può accadere se per caso ci imbattiamo nel nostro sosia, una persona identica a noi per l’aspetto fisico ma diversissima come carattere, inclinazioni, modo di vedere e di pensare? Cosa accade se questa eventualità capita al genio per eccellenza Leonardo da Vinci?
Su questo interrogativo così unico e intrigante si basa il romanzo breve dello scrittore toscano Ivano Mugnaini, dal titolo “Lo specchio di Leonardo” edito da Eiffel di Gennaro Liguori e presentato a Caserta presso la libreria Giunti.
Dott. Mugnaini, come nasce l’idea di questo libro?
Lo spunto iniziale del romanzo è nato da un film-documentario, uno dei tanti dedicati a Leonardo da Vinci, alle sue scoperte, al suo inesauribile talento. Veniva mostrato Leonardo alle prese con gli specchi da lui studiati a lungo per scopi scientifici e militari. Mi sono interrogato, in quell’istante, sul rapporto del genio con la sua immagine. Ho provato ad immaginare il divario tra ciò che appariva al mondo, la sua eclatante gloria e la scintillante fama, e ciò che di intimo sentiva dentro di sé, nella sua interiorità autentica. Ho pensato allo specchio per riuscire a vedere anche le parti in chiaroscuro non solo la perfezione ma le debolezze, i limiti che anche lui possiede e con i quali perfino un genio come Leonardo deve fare i conti.
Un tema ricorrente quindi nel racconto è la dualità dei contrasti…
Esatto. Ho pensato al contrasto tra i suoi veri desideri e ciò che era costretto a realizzare in qualità di persona soggetta alle ambizioni dei potenti del suo tempo, signori, notabili, politicanti e ricchi mecenati. Ho pensato al contrasto tra il bianco e il nero, il buio e la luce, il bene e la malvagità che anche Leonardo, come ogni altro uomo, ospitava dentro di sé: il lato in ombra, i chiaroscuri e i contrasti più laceranti forzatamente nascosti per motivi di opportunità e per mantenere vivo il suo prestigio. Mi piacciono molto gli opposti. Non riuscirei a immaginare una vita senza contrasti, sono proprio questi che arricchiscono l’esistenza, che colorano il mondo. Mai solo bianco o solo nero! È necessario interagire con il diverso.
Leonardo si lascia così travolgere da un pericoloso gioco del doppio. Cosa pensa lei delle maschere delle vita?
Il tema del doppio e delle maschere mi ha sempre affascinato. Da giovane sono stato folgorato da Pirandello che sulle maschere ha costruito la sua poetica. Noi oggi ne adottiamo tantissime per sopravvivere ma credo che quelli che riescono a toglierle siano le persone che vivono meglio perché si avvicinano di più al proprio vero essere. Essere se stessi sempre, è questa la vera sfida!
Sabato prossimo, 22 ottobre, alle ore 17 alla biblioteca A. Baldini di Santarcangelo di Romagna Narda Fattori parlerà del mio romanzo “Lo specchio di Leonardo”.
Sarà un piacere per me rivedere Narda, una cara amica oltre che un’ottima autrice e critica.
Sarà un piacere anche rivedere la Romagna, terra nei cui confronti provo un’antica, istintiva simpatia.
Spero che valga lo stesso anche per lei. D’accordo, lo confesso, la Romagna non è mia (come dice la canzone) ma spero che per un giorno mi accoglierà generosa (come la Gradisca felliniana) anche se sono “un patacca” e non un facoltoso principe.
Amici romagnoli, turisti, villeggianti e viaggiatori d’occidente, se potete e volete, sarò lieto di incontrarvi sabato 22 a Sant’Arcangelo.
Domenica prossima,16 ottobre, alle 17, a Roma, al Museo Nazionale dell’Alto Medioevo, parteciperò ad una conferenza dal titolo “Il fascino del genio tra storia e mito”.
La promessa è di non fare una conferenza imbalsamata o di marmo dentro teche di vetro, ma al contrario una chiacchierata ricca di spunti e documenti, anche visivi, anche cinematografici.
Mostrando il lato umano sia del personaggio, Leonardo da Vinci, sia dei relatori.
Se potete, e se volete, alla fine magari stavolta invece del caffè ci beviamo un bicchiere di Chianti toscano.
Ripropongo oggi, senza alcuna modifica, un pezzo che ho scritto anni fa per una rubrica di teatro che curavo per la rivista Rotta Nord Ovest.
Parla di un Mistero Buffo, come la vita.
IL MISTERO BUFFO
– La terra, la parola e il sogno nel teatro di Dario Fo –
Per alcuni troppo aspro, per altri troppo morbido, qualcuno lo vorrebbe più estremo, qualcun altro più allineato. Ma Dario Fo continua a contorcersi e dinoccolarsi come la dea Kalì, ridendo, chiacchierando, cantando a squarciagola. C’è qualcosa di profondo nel linguaggio dei suoi contadini, nei gesti che creano un legame stretto con la mimica del teatro delle civiltà antiche, con la gestualità atavica. “Mistero buffo” è forse la sua opera cardine, quella in cui ha espresso alla massima potenza la forza della parola, l’ingordigia del dire, del farsi sentire, dell’esserci. Con la carica comunicativa di generazioni e generazioni di joculatores, i giullari che discorrono ancora, nonostante tutto, di fame, di sete, di giustizia. I Misteri erano rappresentazioni sacre, un grande libro aperto, vivace, leggibile anche da parte degli analfabeti. Erano però anche un modo, l’unico possibile, per dire che qualcuno utilizzava la religione e ciò che vi è connesso per tutelare i propri interessi e mantenere i propri privilegi.
Quest’ultima frase, chissà perché, mi ricorda qualcosa. Basta aggiornare e modificare il termine religione, basta pensare a cosa si è dato oggi valenza sacrale, universale, mediatica, e, una volta di più, il teatro in genere e il testo di Fo nello specifico confermano la loro assoluta freschezza. D’altronde, come dichiara lo stesso Fo, “il giullare salta e piroetta e vi fa vedere come sono tronfi e gonfi i palloni che vanno in giro a far guerre dove noi siamo gli scannati”. Anche questo è, e, temo, sarà, maledettamente all’ordine del giorno. Così come quel “noi”, riferito agli umili, ai villani, ai tartassati, appartiene a tutti. Agli scannati da qualche forma di potere più o meno asettico, lontano, in guanti di velluto e doppiopetto. E allora se il nostro “noi” corrisponde a quello del giullare, un po’ giullari lo siamo tutti. E non è male. Non è male perché nella Terra dei Misteri (sacri e profani, personali e di Stato) ci siamo e dobbiamo restarci. È bene quindi prenderla sul buffo la questione, sull’ironico, con un sorriso (quasi) salvifico.
Il giullare girava piazze e paesi facendo sotto forma di recitazione satirica delle vere e proprie accuse ai potenti. Era una figura che si concretizzava direttamente dal popolo, dal quale attingeva la rabbia, per poi ritrasmetterla mediata dal grottesco. Tutto torna. Scintilla, energia, osmosi. Dario Fo, oggi come ieri, docet. I suoi spettacoli sono uno diverso dall’altro, come i biscotti fatti in casa, come certi prodotti artigianali, legno pregiato, intagliato di rabbia, dolcezza, passione, emozione. Ci si consola nel creare lo spettacolo insieme a lui, nel riconoscersi gruppo, entità armonica con uguali nemici e sogni identici. La giustizia, magari. Anche se, perfino nel sogno, ci viene da ridere. Forse la stella agognata è troppo distante, non è di questa galassia. Ma ciò non impedisce di guardarla, di provare a muoverci nella sua direzione. Sì perché, questo ci ha additato Dario Fo tra un salto e uno sberleffo, solo chi sa sognare è una persona seria. E un giullare sa sognare di sicuro. Sa fare solo quello. Sa piangere e sa ridere. Di sé, sulla propria pelle.
Così, nel Paese del Misteri in Attesa di Svelamento, o di Insabbiamento Ulteriore, “Mistero buffo” ci aiuta ad amare ancora di più il sogno, quello della parola, dell’affabulazione, del credere alla voglia di credere. Che sia possibile. Che la fame atavica di Zanni venga saziata, che Lazzaro resusciti, nello Stadio di San Siro magari o al Foro Italico, che Gesù Bambino si arrabbi, anzi si incazzi, come un bambino qualunque, per un torto subito. Che un viandante (Cristo, o chi per lui) restituisca la lingua al villano che ha tentato di impiccarsi a causa dei soprusi subiti dal padrone. Una lingua nuova “che bucherà come una spada”. La voglia di credere che le cose possono cambiare. Che il teatro, la parola, la poesia, ce ne diano la forza. In un sogno che parla un ruspante Grammelot, saldamente attaccato alla terra. Quella che fa imprecare, quella che va conquistata palmo a palmo, con il sudore di antichi contadini che dissodano zolle e piantano alberi nuovi. Il volo e le radici. Forse è possibile. Chissà. In fondo la vita, a ben vedere, altro non è che un Mistero Buffo.
Propongo qui la terza segnalazione. Si tratta stavolta del libro di una giovane autrice bolognese, Miriam Bruni.
Confermo che la rubrica non avrà cadenza regolare ma sarà un piacere per me indicare ogni volta che posso uno spunto, un’occasione di lettura e di dialogo con gli autori.
Ne ho già un buon numero sulla scrivania e tutti gradualmente verranno pubblicati in questo piccolo spazio su questo spicchio lunare.
Sempre seguendo l’impostazione indicata nel “vademecum” che confermo qui sotto.
L’intento è quello di incuriosire, e magari anche di spingere a compiere il passo ulteriore, piccolo ma significativo: approfondire, leggere altre cose, dire “sì mi piace”, oppure dire “Mugnaini non capisce niente, ha gusti da troglodita”.
Va bene tutto. Purché si metta in moto il meccanismo.
Proporrò alcuni testi e qualche nota, nel senso musicale del termine, qualche breve accordo che possa dare un’impressione, un’atmosfera.
Se poi qualcuno, qualche essere semi-mitologico, volesse compiere anche il passo da gigante (quello alla Polifemo, o alla Armstrong sulla Luna, vera o presunta che sia) di acquistare una copia di uno dei suddetti libri… beh… allora il trionfo sarebbe assoluto e partirebbe la Marcia dell’Aida.
Nota a Cristalli, Miriam Bruni, Booksprint Edizioni, 2011
(ristampa con immagini, 2016)
Possiedono il dono della semplicità colta, i Cristalli di Miriam Bruni. Hanno la lucentezza pulita di una scrittura nitida, nella forma e nei contenuti, ma anche riflessi intensi e cangianti, in grado di dare sostanza alla materia diafana. Ci sono riferimenti a varie arti e scienze nei versi di questo libro, citazioni dirette e riferimenti intertestuali, ma mai per puro sfoggio, mai per mero abbellimento. La trasparenza dell’intento resta sempre e comunque e ciò che si vede al di là del vetro è il sorriso di chi, con timidezza e forza, parla di sé, senza egocentrismo, ma con la volontà di darsi e di dirsi, di raccontarsi, di parlare di sé per provare a parlare di noi, delle donne e degli uomini, di questo tempo ingarbugliato che fugge e a cui possiamo fornire senso solo se diventiamo davvero vetro, sfaccettato, duro ma sincero.
Ci sono echi che richiamano quasi la poesia romantica, quelle Odi in cui il poeta si sente parte della Natura e non pretende di comprendere né di fare comprendere ma solo di esistere, di essere parte del mistero del tutto. “Vieni Silenzio” scrive, o forse in questo caso sarebbe più giusto dire canta, Miriam Bruni. Una riminiscenza vissuta però sempre in modo del tutto individuale, resa propria, e, ancora una volta, del tutto autentica.
Accanto al dono della schiettezza l’autrice colloca quello della fede, vissuta però sempre in modo non bigotto, con una levità profonda e una meraviglia costante, anche in questo caso lucidamente infantile, se così si può dire. Quella che la porta ad esclamare “Dio mi ha disegnata”, proponendosi allo stesso tempo come essere del tutto individuale e tuttavia facente parte di un altro mistero fertile, quello della Natura, creatrice in grado di dipingere a sua volta, con la stessa forza e passione, quel campo di papaveri descritto dalla Bruni con una partecipazione assoluta.
Il dono della “semplicità” domina la raccolta e le dona una sua impronta riconoscibile. Ad essa si affianca una forma di sensualità che non contraddice ma anzi integra la linearità dominante. Il corpo diventa puro strumento di espressione, puro in ogni accezione possibile. Il corpo inteso come tramite per l’espressione libera e vivida della mente e di ciò che qualcuno definirebbe anima. A me basta definirla “umanità”, nel senso più ampio e nobile del termine.
Una semplicità che si fa apprezzare proprio perché è sapida, ed è conscia, di tutto, perfino del dolore, perfino del suo contrario, la complessità multiforme dei destini. “Chi odia/ la pena/ non ami”, scrive la Bruni. Ed ogni parola, pur scorrendo fluida, assume un peso specifico, simbolico, ineludibile.
“Non mi servono/ vestiti firmati/ appariscenti”. L’esordio della poesia di pagina 32 assume un valore emblematico. L’estetica assume valore simbolico e si estende all’ambito della scrittura e delle scelte essenziali. La poesia di Miriam Bruni rifugge dalle mode e dai lustrini. Cerca, piuttosto, quel discrimine essenziale che unisce e separa il dolore e la speranza, la pena ed un sorriso tenace.
Ivano Mugnaini
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Recensione di Cristalli ad opera di Giovanna Albi
“Una silloge che porta questo nomen omen (un nome un presagio) “Cristalli” richiede anzitutto rispetto e profonda interiorizzazione. Le poesie vanno lette e rilette a voce alta e iniettate nelle vene sì da sentirne punti di forza e di debolezza, intrinseca fragilità, metafora della precarietà della condizione umana che ci accomuna sotto il medesimo cielo. La silloge si apre con una moderna invocazione alla Poesia, cui si chiedono le chiavi di accesso, per accarezzare le forme muliebri, il ventre di fitta ombra, fino a sentirla affine nel suo pascaliano silenzio. Perché solo il silenzio consente di entrare in questo sacro scrigno e carpirne i segreti inebrianti più dei petali di rosa. Versi di supplice preghiera di chi nutre religioso timore reverenziale per l’apice della creazione umana, lì dove si colloca il pensiero sublime. E’ l’ansia di attingere alla Bellezza che conduce a quel punto di non ritorno che è la parola poetica, che si affida alle carezze degli angeli in una dimensione metafisica. Slancio del pensiero consapevole della dicotomia implicita nell’essenza umana, che procede per ossimori, metafore e metonimie della condizione esistenziale: Stanchezze/slanci; sterpi, rovi/limpidi tramonti ; forza /dolore; ricreati in un carducciano gioco chiaroscurale. Mentre mai paga è la ricerca dell’Amore, il solo che sigilla, rovista, trasforma le contraddizioni dell’umano sentire.
Un agile e abile ricerca della parola curata, cercata, inseguita, scavata e scovata: l’amore che trascina safficamente e ustiona, conduce, risveglia, incatena, ma soprattutto fa male, tanto male, l’amore come morbus: anche questo un “topos” letterario che viene dalla classicità (corre il pensiero a Catullo); un amore che può condurre alla morte, quando è absolutus, libero dalle catene della convenzione. Ogni tanto il miraggio… e l’incantesimo avviene “Eccomi, amore, stasera ti reco in dono il mare”, cioè ti faccio assaporare la vertigine del pensiero illimitato. Così finalmente all’amore ci si può abbandonare con la totalità dell’essere rompendo gli indugi; allora sarà luce improvvisa e danza sfrenata, vento che la poetessa bacia gonfia di esultanza. Il miracolo c’è, c’è la via di fuga dal dolore ed è l’unità totalizzante con l’oggetto concupito. C’è tanta classicità in questi versi, là dove la poetessa si incanta ad ascoltare la sua voce, che grecamente (si veda l’Odissea) viene percepita come un fluido magico che sgorga per volontà divina, e pur si cerca ancora il silenzio perché le parole sono come pietre che fanno male o ripetitive da ingenerare noia. Eppure certi giorni (titolo che ricorda Certe Notti di Ligabue) la vita appare piena, in sintonia con le stagioni, fusa con il senso profondo dell’essere. Sicché si può anche elevare un Salmo al Signore, intravedendo la vita nella sua pienezza con in un montaliano miraggio: la percezione di una sera che fa pensare al “magnifico amore”. E così procede il poetare della Bruni, tra momenti di esaltazione e amara caduta nella depressione in una costante, faticosa, anche penosa, dicotomia dell’anima. Le poesie vanno assaporate come acqua che sgorga pura da sorgente, per sentieri non calpestati da altri, perché i richiami che intravvedo alla classicità nulla tolgono all’originalità della giovane poetessa.”
Note biografiche a cura dell’autrice stessa:
Sono nata nel ’79, vivo a Bologna e ho due bambini. Insegno Spagnolo.
Ho frequentato il Liceo Linguistico Malpighi e la Facoltà di Lingue e Letterature moderne, laureandomi nella primavera del 2003 con una Tesi su Pedro Salinas.
Amo la scrittura e la poesia sin da bambina. In esse e grazie ad esse dialogo costantemente con me stessa, gli altri, la natura e il trascendente. Investo moltissimo anche nelle relazioni interpersonali sincere e profonde, e da un po’ di anni mi sono molto appassionata di fotografia.
Nel 2011 ha raccolto e fatto pubblicare una prima silloge di mie poesie, che ho intitolato “Cristalli”, casa editrice Booksprint. Del 2014 è il mio secondo libro, “Coniugata con la vita. Al torchio e in visione”, casa editrice Terra d’Ulivi. A breve uscirà una terza raccolta.
La mia predilezione poetica va alla concisione e alla intellegibilità. Con la parola cerco di raccogliere, ordinare ed esprimere l’emozione (piacevole o spiacevole) che mi preme dentro, l’intuizione, l’immagine, lo slancio che vengono ad abitarmi o anche solo attraversarmi facendomi sentire me stessa, e viva!
E’ scrivendo, perciò, che metto a fuoco le esperienze vissute, che metto a nudo il mio cuore, cerco il bene, l’oltre delle cose, l’essenza profonda e risonante. Quanto alla forma tendo alla massima concentrazione, alla sintesi, a quella che potrei chiamarecristallizzazione…
Ogni poesia la lavoro a lungo, ed è figlia di scelte consapevoli quanto a musicalità, metrica eccetera.
Grazie per l’attenzione!
ALCUNE PUBBLICAZIONI RECENTI
Papaveri in “Cronache da Rapa Nui”, CFR edizioni, 2014
Ogni cosa è soggetta, Penso che potrei morire in “Ho conosciuto Gerico”, Ursini Edizioni 2014, targa di merito Premio Alda Merini.
Seguimi in“Tiburtino”, Aletti 2014 a seguito del secondo Concorso Internazionale di Poesia Inedita.
Su di me vorrei sentirti in “L’indice delle esistenze – L’amore“, Aletti 2014
Perdona in “Il Federiciano 2014 – Libro amaranto”, Aletti a seguito del sesto Concorso Internazionale di Poesia Inedita 2014
Quando ti vedo, e Arriverà in “500 poeti dispersi” volume VI, edito da La Lettera Scarlatta, 2014
Gabriele nellaXIII Raccolta Antologica “Figli miei!” per la collana “Les Cahiers du Trotskij” della Montegrappa Edizioni, 2014
Dalle tue labbra Dio nell’Antologia Premio San Francesco d’Assisi, Archeoclub d’Italia sede di Patti, 2014, con medaglia e menzione d’onore
Ho radici, finalista del Premio Altino 2014
Paesaggio, in “Agenda Annuario 2015 – La Luce”, Fondazione Terramia
Sempre il poeta, in “Habere Artem XVII ed.”, Aletti 2015
Mattini ti ho dato, Ogni giorno ravvivo il tuo ricordo, Un affondo nell’ebook “Un amore di poesia” edito da AltriEditori
Cerchi i miei occhi, nell’ebook “Mamma Blues” edito da AltriEditori
Troppa neve spezza, nell’antologia del Premio “Progetti di Armonia”
Dicono che il tempo, Vorrei fosse bugia, sul volume antologico “Questo Amore”, La Lettera Scarlatta, 2016
Hai parole, sull’Agenda Annuario La Pace 2016, Terramia Edizioni
Altre mie poesie edite e inedite le potete trovare su Critica impura, La presenza di Erato, Word Social Forum, L’Undici, e soprattutto Versante Ripido!
Nella Città della Reggia, sabato 8 ottobre alle ore 17, all’interno della Libreria Giunti al Punto di piazza Matteotti angolo via Patturelli, che ringrazio per l’ospitalità, avrò il piacere di ascoltare gli interventi critici di Enzo Rega e Paolo Farina e dell’editore Liguori sul mio romanzo LO SPECCHIO DI LEONARDO.
Alla fine risponderò (mi dovrò anche pettinare) alle domande della giornalista televisiva Antonella Bianco.
E soprattutto sarò lieto di incontrare gli amici della Campania (e chi si trovasse da quelle parti).
Se potete e volete, vi aspetto per un ottimo caffè casertano a due passi dalla Reggia, e per dialogare di Leonardo, del libro, e del mondo letterario, scientifico ed umano da lui creato ed evocato.