A TU PER TU – Silvano Trevisani
Parto in questo caso dalle recensioni di due critici, a loro volta poeti. “Trevisani è poeta dal duplice sguardo – osserva Antonio Fiori – uno storico e antropologico sul mondo; l’altro introspettivo, sulla vita e sull’amore, che ha un misterioso tempo interiore nel quale la poesia deve districarsi”. Claudia Manuela Turco osserva che “il titolo del libro di Trevisani, Le parole finiranno non l’amore, guida costantemente il lettore verso un porto sicuro: se da un lato ci sono le insidie del presente e l’assenza di sogni e speranze, dall’altro ci sono le stanze degli affetti, private ma sempre dotate di finestre aperte sul mondo […] Poesia e filosofia, attualità e tempi trascorsi, mito e vita quotidiana si intrecciano in queste pagine grazie a una parola scelta sempre con cura, passo dopo passo, immersa in una musicalità capace di trasportare verso altre dimensioni anche mentre affonda nella materia più concreta”.
L’abbinamento evidenziato dai due critici è fondamentale, potremmo dire “vitale”, in senso stretto ancora prima che metaforico. Mette in risalto il rapporto tra il tempo interiore (e con esso lo spazio) e la dimensione cronologica che scorre, a dispetto di noi. Ma la scommessa è quella di andare oltre l’inconciliabilità apparente delle due dimensioni. Per qualcuno è azzardo, per altri utopia. Trevisani, invece, la vive come qualcosa di più di una speranza . Il titolo del libro lo dice in modo esplicito, inequivocabile. L’autore ha il coraggio, potremmo dire il privilegio, dal suo punto di vista, di dire che qualcosa va oltre le barriere e i confini eretti dal destino e dalla condizione umana.
Le risposte di Trevisani dimostrano una frequentazione assidua con autori, anche di impostazione molto diversa tra di loro, con cui ha interagito in modo schietto. Ne è stato ispirato, ha tratto linfa e spunti, pur conservando il proprio stile, le proprie idee, il proprio modo di pensare. Lo sguardo di Trevisani è aperto e sincero: non propone panacee né pietre filosofali ma non rinuncia neppure ad incamminarsi tramite le parole verso quegli sprazzi di luce che intravede nelle radure e nelle boscaglie. Le sue letture nutrono la sua scrittura, sia quelle di poeti ben noti sia quelle di autori meno conosciuti, come Pasquale Pinto, che ci segnala con intensa partecipazione. Il suo amore per la poesia è alimento stesso per ciò che fa (il giornalismo e la collaborazione con riviste) oltre che per ciò che scrive. La commistione tra concretezza e dimensione onirica, tra realismo e speranza, è il tratto distintivo dei suoi versi, identifica il suo atteggiamento, il ponte gettato tra parola e pensiero, tra presente e progetto di un domani.
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A TU PER TU
UNA RETE DI VOCI
5 domande
a
Silvano Trevisani
1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.
Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?
– Silvano Trevisani, vivo di parole, essendo giornalista professionista e avendo pubblicato tantissimi libri di vario genere. Responsabile del bimestrale di poesia “Il sarto di Ulm”, collaboro con giornali e riviste. Sono cresciuto a contatto con i poeti Michele Pierri, Alda Merini, Giacinto Spagnoletti, Pasquale Pinto, nella Taranto degli anni Ottanta, e di tanti altri grandi pugliesi (Serricchio, Goffredo, Curci, Angiuli). Ma sono sempre stato uno spirito libero e ribelle, avulso dai “sistemi” e consapevole delle mie scelte. Sono credente e penso che questo influisca anche sul modo di soffrire e di vivere la poesia.
2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?
Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.
Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).
Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.
– “Le parole finiranno, non l’amore” è l’ultima raccolta di mie poesie, pubblicata da Manni L’opera l’ho pensata come raccolta poetica organicamente costruita in sezioni tematiche, che descrivono un percorso reale di vita. Fatti e pensieri si accumulano e si addensano per temi e poi si dipanano in senso cronologico, con l’intento di offrire un racconto composito, corale, spesso provocatorio, sempre teso a una forte emozione.
La realtà è sempre in primo piano, anche quando si muta in un viaggio nel mito e nelle sue sopravvivenze, attorno a luoghi mnemonici chiamati in causa per mescolarsi al presente e ritrovare radici e confronti che intrecciano il dolore e l’amore, cioè la vita.
I versi, in un linguaggio pensato, persino puntiglioso, a volte anarchico, ricercano una musicalità funzionale (quasi tutte le poesie sono chiuse da un endecasillabo) e sono densi di concetti che a volte assumono il tenore di aforismi. Ambiscono a coinvolgere emotivamente il lettore, anche quando partono dalla mia intimità, che dialoga senza parlare con i propri affetti o con l’umanità tutta, quando fa rivivere i giorni più intensi dell’amore e gli affette familiari, o quando si interroga sul divino, per dare a se stesso, in primo luogo, uno strumento emozionale per riflettere sulla propria storia.
Ha scritto Antonio Fiori su “Atelier”: Trevisani è poeta dal duplice sguardo: uno storico e antropologico sul mondo; l’altro introspettivo, sulla vita e sull’amore, che ha un misterioso tempo interiore nel quale la poesia deve districarsi. Un lavoro difficile dunque quello affrontato da Silvano Trevisani in questa piccola summa poetica, concluso però con merito ed onore”.
Claudia Manuela Turco ha scritto, sul settimanale Nuovo Dialogo: “Luminoso come un faro, il titolo dell’opera guida costantemente il lettore verso un porto sicuro: se da un lato ci sono le insidie del presente e l’assenza di sogni e speranze, dall’altro ci sono le stanze degli affetti, private ma sempre dotate di finestre aperte sul mondo, le sole ove si possa trovare appagamento e nutrire la certezza che l’esistenza sia davvero dotata di un senso profondo. Si tratta di un mondo capace di resistere a terremoti e incendi, custode della vera poesia (“ci baciammo così forte / che non sentimmo i muri agitarsi”). Poesia e filosofia, attualità e tempi trascorsi, mito e vita quotidiana si intrecciano in queste pagine grazie a una parola scelta da Silvano Trevisani sempre con cura, passo dopo passo, una parola immersa in una musicalità capace di trasportare verso altre dimensioni anche mentre affonda nella materia più concreta”.
3 ) Fai parte degli autori cosiddetti “puristi”, coloro che scrivono solo poesia o solo prosa, o ti dedichi a entrambe?
In caso affermativo, come interagiscono in te queste due differenti forme espressive?
– Come ho già detto, lavoro con la scrittura da oltre quarant’anni, ho pubblicato migliaia di articoli, decine di libri saggistica e d’arte, oltre che alcuni volumi poesia e di narrativa. Per ogni genere è necessaria una scrittura diversa. La narrativa nasce da un’esigenza intima di trasformare in racconto la mia esperienza professionale. Ma quando si scrive poesia bisogna dimenticare tutto il resto. La poesia si nutre di tutte le sostanze intime ed è molto più “dispendiosa” della narrativa, pretendendo una elaborazione intima che è una lotta serrata di condensazione, di cesello, di scelta.
4 ) Quale rapporto hai con gli altri autori? Prediligi un percorso “individuale” oppure gli scambi ti sono utili anche come stimolo per la tua attività artistica personale?
Hai dei punti di riferimento, sia tra i gli autori classici che tra quelli contemporanei?
– Ho buoni rapporti con molti autori soprattutto con alcuni che, secondo me, hanno la stessa mia “indipendenza”. Ma credo giusto perseguire una mia strada personale di ricerca espressiva. Gli autori che ho molto amato sono: Anacreonte, Saffo, Dante, Ugo Fuscolo, Sergio Corazzini, Edoardo Sanguineti, Alfonso Gatto, Emily Dickinson. Amo molto la poesia di Maria Luisa Spaziani, Cristanziano Serricchio e Lino Angiuli ma su tutti amo Pasquale Pinto, semi sconosciuto scomparso nel 2004, che andrebbe assolutamente riscoperto. Come si vede: autori che sembrano molto lontani tra loro ma che per me hanno in comune la forza della verità intima, la capacità di commuovere, cioè di sollecitare una comune propensione a un sentire intimo, di rendere oggettivabili le proprie emozioni, che molti poeti, anche più gettonati non hanno, spesso limitandosi a esercizi formali. Forse ha ragione Bukowski quando dice che la differenza tra un buon poeta e un cattivo poeta è la fortuna, ma direi meglio che la differenza tra un buon poeta e un cattivo poeta è la qualità. Solo che la qualità non è oggettivabile ma è acquisita da chi ha la fortuna di accreditarsi presso chi ha il potere di decidere.
Ma alla domanda sull’utilità degli scambi rispondo: gli scambi più che utili sono indispensabili. Anche i pareri degli amici veri lo sono. Solo in un interscambio incessante, in una conoscenza del fare poesia degli altri si cresce nella propria poesia.
5 ) L’epidemia di Covid19 ha modificato abitudini, comportamenti e interazioni a livello globale.
Quali effetti ha avuto sul tuo modo di vivere, di pensare e di creare?
Ha limitato la tua produzione artistica o ha generato nuove forme espressive?
– Il Covid 19 ha certamente prodotto una moltiplicazione di autori e produzioni. Molti i poeti, anche amici, che hanno scritto lavori sulla pandemia, che è stata indubbiamente sconcertante. Alcuni mi hanno anche coinvolto. Per quanto mi riguarda, il Covid, che ha colpito tragicamente miei parenti residenti al Nord, mi ha concesso più tempo per elaborare e perfezionare i miei scritti, forse incidendo, anche in maniera inconsapevole. Ma senza dubbio la pandemia ha impedito gli incontri, le presentazioni, le letture pubbliche che sono indispensabili per che fa attività letteraria.