Pubblico volentieri il commento di Giulia Sonnante, autrice e traduttrice, al mio libro La creta indocile, perché si tratta di una lettura che abbina immediatezza e indagine attenta, acuta, appassionata. Pone fianco a fianco l’empatia e la capacità di cogliere il dettaglio che racchiude il tutto, l’impalpabile e la concretezza, la danza e le cose.
Grazie a Giulia, e, per chi vorrà, buona lettura, IM
*******
La creta indocile, Oèdipus, Salerno, 2018
È già nel titolo il primo contrasto, il sussulto, la prima sorpresa, e gli occhi s’allargano per un istante.
È perché la creta di Ivano Mugnaini è molto poco cedevole, poco arrendevole, come la vita!
Sono versi che vivono, respirano e spingono verso l’esistere nella sua essenza più pura e autentica. Allora indica la direzione, l’autore, la via da percorrere, dal buio verso la luce, e nell’oscurità delle nostre stanze lascia filtrare sempre un barbaglio, un chiarore.
Scopre le nostre fragilità e le accarezza, le abbraccia strettamente. Per questo, il più colpevole dei nostri sensi è l’udito, fisso sul legno della porta “inchiodato, crocifisso, appeso / ad un battito, un tocco ansioso / incerto furtivo: forse il tonfo, / l’incedere cieco del destino / forse il calore, sincero, di una mano” (Il grado zero). Sono queste, davvero, le nostre braccia protese in avanti a sfiorare, quasi disperatamente, altre braccia, altre mani, altri cuori.
Non ci troviamo di fronte soltanto figure umane nelle loro struggenti fragilità ma anche il mondo animale è qui efficacemente rappresentato perché amato.
Gli animali appaiono più saggi e allo stesso tempo più furbi degli esseri umani, Così, sotto lo sguardo ironico e divertito dell’autore, i gatti saltano di verso in verso perché: “Meglio allora il passo lento / regolare, l’appoggio astuto del gatto / che sfiora il ferro e il legno con moto / solo in apparenza uguale” (Come un qualsiasi animale). Ed ancora: “l’urlo mai spento del lupo. / Riconoscerlo affine, vicino / sarà sentire i suoi stessi occhi, /nelle ossa appuntite, tornando magri, leggeri, / nei fianchi e nei passi voraci / ancora affamati di tenerezze / feroci” (Quando verrà l’inverno). E così, i castori diventano metafora di amanti senza tempo: “Solo un rapace ci vedrebbe, /e capirebbe il senso, o forse / ci scambierebbe per folli e strani castori, / prima di virare, indifferente, verso / il suo tratto libero di cielo” (Folli e strani castori).
È dunque follia, l’amore, sana e vitale, e gli amanti si ritrovano dentro un letto d’alghe: “per dirti che non ti amo / perché non mi ami / ma dirtelo così vicino / così all’interno, così profondo/ che l’eco sarebbe stilla d’eterna / bugia, ape impazzita che ronza testarda” (Dentro un letto d’alghe).
In tal modo le suggestioni arrivano da lontano: “Mi piace pensare / che voli con la sua donna verso l’isola / di Rodi a respirare il fascino / di tutto ciò che non può e mai potrà / essere compreso senza smarrirsi / nella follia di amare” (L’isola di Rodi). A sottolineare l’importanza dell’incontro con l’altro, essenza stessa della vita, è Divergere: “Mi accorgo che sono io quel verbo, nella valenza e nella forma / fuori schema, assurdo, difettivo”.
L’amore per la vita autentica, oserei dire naturale, istintiva, è centrale nel libro e l’autore afferma: “ciò che fa di me / un uomo è l’avere imparato / l’arte di plasmare / con dita goffe ma tenaci /la creta indocile dell’esistere” (La creta indocile).
I versi di Ivano Mugnaini non si stancano mai di affermare la vita, di confermarla in tutte le sue imperfezioni, ancora e ancora, affinché non ci siano dubbi nel sentire: “nel sacco / entrambe le mani, in piena flagranza di reato, nell’atto doloso, / e recidivo, di essere ancora vivi, ancora umani”. (Quale amnistia?)
La tenerezza di una carezza mancata pone il sigillo sull’intera raccolta: “Ma Carmela ride. Piega occhi e bocca / come un fabbro rende docile l’acciaio / e il lucernaio diventa guardabile, / percepibile senza vomitare […] porge fogli densi / di parole strappate al boia, ad ogni / giorno di gelo penetrato nelle fessure / e nel ferro delle chiavi” (Una danza di cose). Così, Carmela è riuscita a plasmare la sua creta indocile, come il Poeta.
Una danza di cose . Una lettura de “La creta indocile”
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Pubblico volentieri il commento di Giulia Sonnante, autrice e traduttrice, al mio libro La creta indocile, perché si tratta di una lettura che abbina immediatezza e indagine attenta, acuta, appassionata. Pone fianco a fianco l’empatia e la capacità di cogliere il dettaglio che racchiude il tutto, l’impalpabile e la concretezza, la danza e le cose.
Grazie a Giulia, e, per chi vorrà, buona lettura, IM
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La creta indocile, Oèdipus, Salerno, 2018
È già nel titolo il primo contrasto, il sussulto, la prima sorpresa, e gli occhi s’allargano per un istante.
È perché la creta di Ivano Mugnaini è molto poco cedevole, poco arrendevole, come la vita!
Sono versi che vivono, respirano e spingono verso l’esistere nella sua essenza più pura e autentica. Allora indica la direzione, l’autore, la via da percorrere, dal buio verso la luce, e nell’oscurità delle nostre stanze lascia filtrare sempre un barbaglio, un chiarore.
Scopre le nostre fragilità e le accarezza, le abbraccia strettamente. Per questo, il più colpevole dei nostri sensi è l’udito, fisso sul legno della porta “inchiodato, crocifisso, appeso / ad un battito, un tocco ansioso / incerto furtivo: forse il tonfo, / l’incedere cieco del destino / forse il calore, sincero, di una mano” (Il grado zero). Sono queste, davvero, le nostre braccia protese in avanti a sfiorare, quasi disperatamente, altre braccia, altre mani, altri cuori.
Non ci troviamo di fronte soltanto figure umane nelle loro struggenti fragilità ma anche il mondo animale è qui efficacemente rappresentato perché amato.
Gli animali appaiono più saggi e allo stesso tempo più furbi degli esseri umani, Così, sotto lo sguardo ironico e divertito dell’autore, i gatti saltano di verso in verso perché: “Meglio allora il passo lento / regolare, l’appoggio astuto del gatto / che sfiora il ferro e il legno con moto / solo in apparenza uguale” (Come un qualsiasi animale). Ed ancora: “l’urlo mai spento del lupo. / Riconoscerlo affine, vicino / sarà sentire i suoi stessi occhi, /nelle ossa appuntite, tornando magri, leggeri, / nei fianchi e nei passi voraci / ancora affamati di tenerezze / feroci” (Quando verrà l’inverno). E così, i castori diventano metafora di amanti senza tempo: “Solo un rapace ci vedrebbe, /e capirebbe il senso, o forse / ci scambierebbe per folli e strani castori, / prima di virare, indifferente, verso / il suo tratto libero di cielo” (Folli e strani castori).
È dunque follia, l’amore, sana e vitale, e gli amanti si ritrovano dentro un letto d’alghe: “per dirti che non ti amo / perché non mi ami / ma dirtelo così vicino / così all’interno, così profondo/ che l’eco sarebbe stilla d’eterna / bugia, ape impazzita che ronza testarda” (Dentro un letto d’alghe).
In tal modo le suggestioni arrivano da lontano: “Mi piace pensare / che voli con la sua donna verso l’isola / di Rodi a respirare il fascino / di tutto ciò che non può e mai potrà / essere compreso senza smarrirsi / nella follia di amare” (L’isola di Rodi). A sottolineare l’importanza dell’incontro con l’altro, essenza stessa della vita, è Divergere: “Mi accorgo che sono io quel verbo, nella valenza e nella forma / fuori schema, assurdo, difettivo”.
L’amore per la vita autentica, oserei dire naturale, istintiva, è centrale nel libro e l’autore afferma: “ciò che fa di me / un uomo è l’avere imparato / l’arte di plasmare / con dita goffe ma tenaci /la creta indocile dell’esistere” (La creta indocile).
I versi di Ivano Mugnaini non si stancano mai di affermare la vita, di confermarla in tutte le sue imperfezioni, ancora e ancora, affinché non ci siano dubbi nel sentire: “nel sacco / entrambe le mani, in piena flagranza di reato, nell’atto doloso, / e recidivo, di essere ancora vivi, ancora umani”. (Quale amnistia?)
La tenerezza di una carezza mancata pone il sigillo sull’intera raccolta: “Ma Carmela ride. Piega occhi e bocca / come un fabbro rende docile l’acciaio / e il lucernaio diventa guardabile, / percepibile senza vomitare […] porge fogli densi / di parole strappate al boia, ad ogni / giorno di gelo penetrato nelle fessure / e nel ferro delle chiavi” (Una danza di cose). Così, Carmela è riuscita a plasmare la sua creta indocile, come il Poeta.
Giulia Sonnante
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