“Nei miei testi cerco l’esattezza delle parole, la densità naturale dei loro significati; cerco un grembo per ciò che è inconcreto e perlopiù invisibile, e questi aggettivi, questi sintagmi, sono scaturiti in me come una sorgente che in modo limpido riflette il mio volto interiore, il mio profilo umano”, osserva Miriam Bruni nell’intervista rilasciata nel giugno del 2022 a Monica Baldini per la rivista Millecolline.
Leggendo il suo libro «Guardarlo ancora – Paesaggi e miraggi della passione amorosa» le sue parole prendono corpo e concretezza seppure nell’esaltazione di quella “invisibilità” incorporea di cui sono fatti i sogni, i pensieri, i ricordi, anche quelli più aspri e taglienti.
“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita”, ci ricorda Shakespeare nel lavoro più atipico e forse più sentito, più intimamente suo, della sua produzione drammaturgica, «La tempesta». Miriam Bruni dimostra e conferma di avere ottimamente assimilato la lezione shakespeariana. Eppure, con naturalezza, per istinto e volontà, per puro desiderio e sincera inclinazione, produce nei suoi scritti un interessante e coinvolgente ossimoro, anzi, una serie di ossimori che si allacciano e si intrecciano in viluppi che sono essi stessi espressioni variegate e autentiche di un’assoluta passione vitale, e vitalistica.
Distanze obliterate è un bel titolo. Proprio in virtù della sua natura quasi ossimorica: se viene obliterata la distanza non è più tale, muta nome e sostanza, diventa dialogo, avvicinamento, fertile commistione. Perché tutto ciò che è ibrido, polimorfo, è fertile per natura e per definizione.
Non è solo un titolo e non è solo un libro. Distanze obliterate è anche un progetto, anzi una realtà. È portata avanti da Alma Poesia con il sostegno di puntoacapo Editrice. È frutto delle idee di un gruppo di giovani competenti e appassionati ed è un interessante viaggio nel tempo e nello spazio, tra varie generazioni di autori e tra le diverse regioni italiane, percorse sulle onde di Internet, ma anche sui binari delle Ferrovie dello Stato, soprattutto da Alessandra Corbetta che sta accompagnando la sua creatura cartacea per paesi e città, con grande affetto e grande cura.
Il progetto di Distanze obliterate è illustrato qui di seguito nei dettagli, tramite la pagina che ho ricavato dal sito di puntoacapo Editrice.
Copio anche dalla pagina Facebook di Alessandra Corbetta alcune foto della presentazione del libro che si è tenuta a Pisa sabato scorso. Pubblico inoltre la locandina della presentazione che avrà luogo domenica prossima, 17 ottobre, a Livorno; e un riferimento al programma “Poème électronique” previsto a Genova il 16 ottobre.
Buona partecipazione agli eventi, a chi potrà e vorrà, e buona lettura di Distanze obliterate.
IM
In che modo la velocità della Rete, gli effetti del mediashock e tutte le affascinanti promesse del web – come accorciare le distanze o ridurre i tempi di comunicazione – hanno cambiato il modo di fare poesia e hanno influito sul senso di identità e di relazione di ciascuno? I testi raccolti in questo volume, scritti da poeti nati tra il 1940 e il 1999, provano a tracciare alcune possibili traiettorie di senso per rispondere a questa domanda e fare nascere altre quesiti capaci di alimentare consapevolmente il dibattito intorno a poesia e Rete. Il volume si articola in due sezioni: la prima è dedicata agli omaggi di poeti affermati che hanno concesso alcuni contributi inediti sul tema; la seconda ospita invece gli inediti di poeti che hanno risposto alla call per la composizione del volume e che sono stati ritenuti meritevoli di farne parte dal comitato editoriale di Alma Poesia, che si è occupato anche della stesura di commenti critici che intervallano i testi delle autrici e degli autori proposti. Distanze obliterate. Generazioni di poesie sulla Rete, in un viaggio tra le generazioni, prova a riassumere in sé le diverse accezioni del rapporto poesia-Rete e a restituirle nella forma organica di questo volume, con l’auspicio che possa essere da stimolo e da supporto a studi successivi del fenomeno.
La curatela:
Alma Poesia è un blog di poesia, nato il 4 aprile 2020, fondato e diretto da Alessandra Corbetta; si configura come un progetto editoriale articolato, che si avvale di una redazione composta da persone con percorsi di studio e ruoli professionali differenti, e dell’integrazione con gli strumenti comunicativi offerti dalla Rete. A oggi Alma Poesia, oltre che di Corbetta, si compone della Crew costituita da Valentina Demuro, Francesco Destro, Luca Gamberini, Emanuele Andrea Spano e dei Contributors Alessia Bronico, Giuseppe Cavaleri, Sara Serenelli, Martina Toppi e Sara Vergari. (www.almapoesia.it)
Il caffè letterario Volta Pagina di Pisa, ieri sera ha sentito le voci delle distanze obliterate: voci di generazioni diverse, ognuna con la propria idea di cosa rappresenti la Rete e cosa la Poesia, ognuna pronta a mettersi in ascolto di quella degli altri per crescere, confrontarsi, ampliarsi.
Grazie, quindi, agli autori che hanno reso possibile tutto questo: Fernando Lena, Jonathan Rizzo, Marco Bini e Massimo Del Prete.
A Jonathan un ulteriore ringraziamento per avere organizzato questa bellissima serata con sincero altruismo e al Caffè Volta Pagina per l’attenta ospitalità
“Distanze obliterate” (Puntoacapo Editrice 2021) continua il suo viaggio:
sabato 16 ottobre, ore 20.30, sarà a Genova, all’interno del programma di “Poème électronique”: ne parleranno l’editrice Cristina Daglio insieme a Emanuele Andrea Spano e Roberto Chiapparoli, con un focus sulle nuove tecnologie e la necessità di studiarle in relazione alle forme comunicative, comprese quelle della poesia;
domenica 17 ottobre, ore 21.00, arriva invece a Livorno, presso il Caffè Letterario Le Cicale Operose: con me e Sara Vergari ci saranno gli autori Francesca Del Moro e Jonathan Rizzo.
Ringraziamo Ksenja Laginja, Federico Tortora e Maristella Diotaiuti per l’attenzione e l’accoglienza al nostro progetto.
Pubblico volentieri il commento di Giulia Sonnante, autrice e traduttrice, al mio libro La creta indocile, perché si tratta di una lettura che abbina immediatezza e indagine attenta, acuta, appassionata. Pone fianco a fianco l’empatia e la capacità di cogliere il dettaglio che racchiude il tutto, l’impalpabile e la concretezza, la danza e le cose.
Grazie a Giulia, e, per chi vorrà, buona lettura, IM
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La creta indocile, Oèdipus, Salerno, 2018
È già nel titolo il primo contrasto, il sussulto, la prima sorpresa, e gli occhi s’allargano per un istante.
È perché la creta di Ivano Mugnaini è molto poco cedevole, poco arrendevole, come la vita!
Sono versi che vivono, respirano e spingono verso l’esistere nella sua essenza più pura e autentica. Allora indica la direzione, l’autore, la via da percorrere, dal buio verso la luce, e nell’oscurità delle nostre stanze lascia filtrare sempre un barbaglio, un chiarore.
Scopre le nostre fragilità e le accarezza, le abbraccia strettamente. Per questo, il più colpevole dei nostri sensi è l’udito, fisso sul legno della porta “inchiodato, crocifisso, appeso / ad un battito, un tocco ansioso / incerto furtivo: forse il tonfo, / l’incedere cieco del destino / forse il calore, sincero, di una mano” (Il grado zero). Sono queste, davvero, le nostre braccia protese in avanti a sfiorare, quasi disperatamente, altre braccia, altre mani, altri cuori.
Non ci troviamo di fronte soltanto figure umane nelle loro struggenti fragilità ma anche il mondo animale è qui efficacemente rappresentato perché amato.
Gli animali appaiono più saggi e allo stesso tempo più furbi degli esseri umani, Così, sotto lo sguardo ironico e divertito dell’autore, i gatti saltano di verso in verso perché: “Meglio allora il passo lento / regolare, l’appoggio astuto del gatto / che sfiora il ferro e il legno con moto / solo in apparenza uguale” (Come un qualsiasi animale). Ed ancora: “l’urlo mai spento del lupo. / Riconoscerlo affine, vicino / sarà sentire i suoi stessi occhi, /nelle ossa appuntite, tornando magri, leggeri, / nei fianchi e nei passi voraci / ancora affamati di tenerezze / feroci” (Quando verrà l’inverno). E così, i castori diventano metafora di amanti senza tempo: “Solo un rapace ci vedrebbe, /e capirebbe il senso, o forse / ci scambierebbe per folli e strani castori, / prima di virare, indifferente, verso / il suo tratto libero di cielo” (Folli e strani castori).
“Wait a minute” il nuovo dipinto musicale di Mozez contenuto in “Lights on”, l’album della speranza
(Numen Records)
Mozez è un musicista e un autore anomalo, perché capace di disegnare e colorare con le note e le parole delle vere e proprie opere d’arte. Attraversando la galleria della speranza – così ci piace definire il suo splendido Lights On – l’artista illustra il suo mondo, passando in rassegna le cose positive che, nonostante tutto, ci hanno portato fin qui.
Wait a minute è un altro quadro, tra salite e discese cromatiche, che tra colpi di spatola e pennelli riporta la vita al colore, alla luce, fuori dal buio e dal nero dell’oscurità.
Tra le altre canzoni, Destiny Ride, Looking At Me, Thankful, Lights On sono solo alcuni dipinti musicali che, oltre ad unire i suoi pensieri alla musica in un unico filo conduttore fatto di passione, bellezza e realismo, descrivono attraverso immagini figurate concetti di spessore e profondità.
Lights On riflette la sua fede nell’umanità e l’idea che l’essere uniti possa aiutarci ad affrontare il momento più buio.
L’album include dodici tracce scritte da Mozez, alcune in collaborazione con altri artisti quali Tony White e Ben Barson ( Looking At Me ), Tom Quick ( Knowing, Wheels, Lights On, Destiny Ride), Tony White ( Wait A Minute ), Michael Wright ( Misery ), Ned Bigham ( Thankful ), Val Proletarski ( Cradle On The Moon).
Bio Mozez
Mozez è un artista con un’identità ben definita. Un cantante davvero unico e un individuo molto spirituale che ama esplorare concetti diversi, infonderli nella sua musica e raggiungere uno stato di pace che può essere trovata dentro e oltre il presente.
Spinto da una consapevolezza spirituale, il suo principale desiderio è quello di aprire le menti del suo pubblico a nuove possibilità e modi di pensare. Ispirato musicalmente da artisti quali The Carpenters, Marvin Gaye, Coldplay e, più recentemente, Fat Freddy’s Drop , nei testi Mozez scava decisamente nel profondo.
Figlio di un predicatore giamaicano, Mozez inizia la sua carriera in Giamaica nel 1987 , cantando in tournée come membro del gruppo gospel , Channel of Praise. Il 1994 lo vede esibirsi come cantante nella famosa dance band Spirit.
Durante la sua importante esperienza artistica con gli Zero 7 insieme a Sia, Sophie Barker e Tina Dico, Mozez ha avuto l’occasione giusta per costruire una solida fanbase. Nel 2006 esce il suo primo album da solista, So Still . Nel 2010 crea la sua etichetta, Numen Records e nel 2011 pubblica il suo primo album di remixes, Time Out.
Tra il 2012 e il 2016 Mozez è impegnato nella stesura di canzoni, registrazioni e tournée con il dj producer inglese Nightmare on Wax, con cui si esibisce occasionalmente dal vivo. Durante questo periodo Mozez produce il suo secondo album da solista Wings, pubblicato nel 2015 sempre per Numen Records. Questo importante lavoro è immerso in un clima prettamente spirituale e attira l’attenzione di Dermot O’Leary e Tom Robinson ( conduttori radiofonici rispettivamente per BBC Radio 2 e BBC Radio 6 Music ). Nel 2017 esce Dream State, album di remixes. Nel giugno 2020 esce il singolo “Looking At Me”, al quale fa seguito il 23 ottobre 2020 il secondo singolo “That’s Crazy”.
A febbraio 2021 è la volta di “Destiny Ride” e finalmente il 16 Luglio 2021 escono contemporaneamente il quarto singolo “Wait A Minute” e il nuovo album “Lights On”.
Crediti:
Tony White ( tastiere, pianoforte e batteria)
Mario Guarini ( basso )
Grant Kershaw ( batteria )
Ben Barson ( basso, tastiere )
Hamlet Luton ( basso )
Chris Dawkins ( chitarra )
Tom Quick: ( tastiere, basso )
Paolo Palazzoli ( basso)
Roberto Cosimi ( tastiere e archi )
Ned Bigham ( arrangiamenti Thankful )
Mico Simonde ( Rap That’s Crazy)
Prodotto da :
Osmond Wright e Numen Records
Tutte le tracce sono state mixate e masterizzate da:
Tommy Bianchi
Ad eccezione di:
Wait A Minute: mix e master – Tony White
Cradle On The Moon : mix – Val Proletarski ; master – Tommy Bianchi
Destiny Ride e Knowing: mix – Tom Quick ; master – Tommy Bianchi
Su segnalazione di Annalina Grasso, curatrice del sito “900letterario”, pubblico l’articolo riguardante il video che promuove l’arte di Santiago Ribeiro invitandoci a riflettere sul senso (e sul ruolo dei sensi) di questo periodo complesso e tormentato.
Il link dell’articolo uscito su 90letterario è questo:
L’Arte può essere divulgata in modo originale e divertente soprattutto in questo periodo così complicato. La tecnologia è fondamentale e in tal senso, tre italiani hanno deciso di promuovere l’arte surrealista di Santiago Ribeiro attraverso un video che spinge a guardare in modo diverso quello che sta accadendo riflettendo su tematiche fondamentali quali il significato dell’inconscio e il ruolo delle pulsioni quando ci trova private della propria libertà e delle proprie abitudini.
Omaggio all’artista internazionale Santiago Ribeiro, grazie alla pertecipazione speciale dell’attore Maurizio Bianucci interprete di film come Suburra, Fuorigioco, L’amore a domicilio e di diverse pieces teatrali e fiction RAI. Grazie infine alla Dott.ssa Annalina Grasso, giornalista e collaboratrice del prestigioso magazine d’arte Juliet, per il quale ha intervistato l’artista Santiago Ribeiro. Poesia “ Profluvi” di Vincenzo Calì La poetica di Ribeiro non si discosta da quella già annunciata nel Manifesto del Surrealismo di Breton: “Si crea partendo dal sogno, dalla condizione onirica, una dimensione temporale neutra, priva di progettualità passata o futura, si crea in questo stato, abitando la ragione come la abitano i matti. Con regole proprie, con visioni che ostracizzano il reale”. Si evita il consueto insomma, e lo fa anche Ribeiro intensificando gli automatismi psichici mostrandoli come parte fondante della Storia, costituita in parte da ossessioni, all’interno della quale gli uomini si muovono nudi e ciechi. Ribeiro, mentre crea, osserva le vocazioni e l’inconscio degli uomini a cui dà forma e colore, è uno spettatore consapevole della pericolosità della liberazione del proprio inconscio, delle pulsioni, del lato oscuro di sé e trova pacificazione sulla tela, rappresentando un mondo parallelo fatto di materia nitida, ma anche di coscienza ironica e critica. In tal senso Ribeiro più che a Salvador Dalí, si rifà a Max Ernst per quanto riguarda il concetto di arte come liberazione e gioco, un terreno dove compiere incursioni psichiche temporali, mostrando cosa si vedrebbe se l’uomo si liberasse della morale, dell’autocontrollo e, al contempo, illustrando le preoccupazioni, le manie e i disagi più profondi della società moderna e del suo comportamento collettivo. Le opere del pittore portoghese sono state esposte anche sugli schermi multimediali di Thomson Reuters e Nasdaq OMX Group, a Times Square a New York, la piazza multimediale più famosa del mondo. Il lavoro di Ribeiro è stato presentato presso l’Ambasciata degli Stati Uniti a Lisbona e su diverse importanti testate di arte e cultura. Critica di Annalina Grasso
“Profluvi” L’io si libra, inquieto è l’incanto, del certo è cieco, moralità annegate, lascio a vero impeto, conscio e inconscio fusi a metà. Onirica danza mi scuote, il derma vibrante dice se, la materia è eterea, spalanca i profluvi e al fine sento… Sottili linee d’echeggi ondulano, le ossessioni si affollano vive, spazio e tempo lascio a metà e il fine è certo… Vincenzo Calì
“Flows” The ego hovers restless is the charm, it is blind about certainty drowned morality, I leave a real impetus, conscious and unconscious merged in half. Dreamlike dance shakes me, the vibrating dermis says ‘if’, the matter is ethereal, it opens wide the floods and in the end I feel … Thin lines of echoes sway, obsessions crowd alive, space and time I leave in half and the end is certain too…
In occasione della Giornata della Memoria pubblico volentieri il link del video realizzato da Andrea Annessi Mecci in cui Dacia Maraini legge il racconto “Un numero sul braccio”, tratto da «Buio» (Rizzoli, 1999).
Lo stesso Annessi Mecci ha scritto un resoconto, anch’esso qui pubblicato, con le considerazioni e le emozioni legate all’incontro con Dacia Maraini e all’ascolto della lettura del racconto.
Un modo per riflettere tutti, grazie alla scrittura, alla lettura e al potere dell’immagine, sull’importanza di un ricordo vigile, presente, necessario.
“Un numero sul braccio” [Dacia Maraini legge da Buio, Rizzoli, 1999. Il video a camera fissa la riprende in lettura seduta sulla poltrona di casa davanti la libreria. Durata video 8’. Qualità audio buona.]
TESTO Giornata della memoria – 27 gennaio 2021
L’incontro virtuale nel salotto della signora Maraini – che ringrazio con cuore di aver concesso – è l’occasione per registrare la sua lettura del racconto “Un numero sul braccio”, tratto da «Buio» (Rizzoli, 1999). Premiato con lo Strega, questo volume raccoglie dodici storie che indagano il lato oscuro dell’animo umano tra abusi sessuali, prostituzione minorile, violenza domestica e femminicidio.
Un repêchage. Ripropongo a distanza di qualche anno PANORAMI CONGENIALI, una rubrica scritta all’epoca per il sito Speaker’s Corner della Bompiani RCS. Si tratti di articoli basati sulle citazioni di pensieri di letterati, pensatori ed artisti su alcuni temi fondamentali. Lo spessore delle fonti citate ne garantisce l’attualità. La qualità non teme il tempo.
Propongo qui di seguito l’introduzione della rubrica e il primo articolo dedicato a LA PAROLA.
PANORAMI CONGENIALI
Come indica con un gioco di parole il titolo di questa mia nuova rubrica, il volo panoramico avrà come guida e sostegno compagni di viaggio particolari: i geni di epoche lontane e recenti. Le ali dei geni saranno, volta per volta, congeniali. Proverò a vedere in che modo scrittori e uomini di pensiero hanno trattato uno stesso argomento, un tema comune. Annotando analogie e divergenze. E concedendomi magari il lusso di dire anche la mia, tentando collegamenti con l’età presente, misera e mirabile.
Nel 2020 le visualizzazioni sia del blog Dedalus che del mio sito sono molto cresciute.
(Almeno una cosa buona gliela devo riconoscere a quell’anno tanto “amato”)
Molto bene è andata anche la rubrica A TU PER TU. Ringrazio gli autori intervistati.
Se qualche altra autrice o qualche altro autore volesse parlare della sua attività o di un suo libro in particolare, mi contatti a questo indirizzo: ivanomugnaini@gmail.com
Ricevo da Valeria Serofilli alcune note riguardanti il suo libro di recente uscita, Taranta d’inchiostro, e, più in generale, concernenti la sua poetica.
A corredo delle note ho ricevuto dall’autrice alcune liriche tratte dalle varie sezioni del libro.
Le pubblico in calce assieme ad alcune foto e ad un video del prof. Aziz Mountassir.
IM
ALCUNE RIFLESSIONI
Di VALERIA SEROFILLI
Con particolare riferimento a Taranta d’Inchiostro, Oedipus, 2020
A mio avviso il significato assume senso e misura grazie al significante, in un connubio in cui tuttavia l’azione della parola assume un ruolo di ristrutturazione creativa della realtà. In questo senso potrei rispondere che il ruolo del significante è egemone, anche se forse una sintesi più esatta di quanto intendo può essere trovata in questo mio pensiero: “A mio avviso il senso del verso è da intendersi sia a livello logico che emotivo in quanto per scrivere poesia avverto l’esigenza di uno stimolo concreto, spesso di natura visiva” (1).
L’intento è il superamento della connotazione della realtà tramite la parola, senza tuttavia abdicare del tutto alla dimensione concreta ed efficace, al significato, al senso che il verso trasfigura tramite un significante, che la riscrive sia a livello logico che a livello estetico e sinestetico.
1) da: Valeria Serofilli, ” Amalgama” ne “La parola e la cura, I Quaderni di Poiein, Monografie di poeti contemporanei”, a cura di Gianmario Lucini, (puntoacapo 2010).
Nei miei versi penso che comunque vi siano l’uno e l’altro, cioè si riscontrino la preoccupazione dei “significati” e l’attenzione al gioco fonico e ritmico dei “significanti”; per la definizione di essi mio punto di riferimento è tra gli altri, la distinzione di Ferdinand De Saussure, che ispira e sottende lavori critici di grande valore come quelli di Gianluigi Beccaria consegnati al volume einaudiano “L’autonomia del significante”.
Altri link di note critiche sui testi ancora inediti, poi confluiti nell’attuale pubblicazione, tra cui la nota del prof. Romboli poi divenuta l’attuale postfazione al volume:
Testo tradotto in arabo dal prof. Aziz Mountassir con video al link:
Dalla Sez.Sezione III LUZIANE
“L’insegnamento poetico di Luzi ha inciso molto su di te
cara Valeria e lo si vede bene nei tuoi libri ma è ovvio
che tu conservi una notevole originalità”.
Giuseppe Panella
(27 Gennaio 2019)
Per sua significazione
Per sua significazione
la non parola
chiese al Poeta
e si fece Poesia e significanza.
Forse che il cielo ci ha salvato entrambi
Forse che il cielo ci ha salvato
entrambi/ da una inutile vecchiezza
preservandoci
senza dubbio uguali
e quant’altro donandoci
ad uno ad uno e insieme
un paio d’ali?
Si cristallizza nel momento della recisione
Il fluire di sempre
si cristallizza nel momento della recisione
dal sé/ dall’altro, dal resto
Questo da sempre temeva/ questo ormai sapeva
per sempre impresso acquisito
nel momento in cui
non seppe più.
Dalla sez IV PAGANELLIANE
Contemplo in cielo
Il teatro di me/ la mia
Dispersa storia.
G. Luigi Paganelli: poesia del 2015 pubblicata
sulla rivista “Paletot” g.c. da Claudio Frosini.
Funzione religiosa
Gremita era la Chiesa:
non mancava nemmeno/ la sua migliore amica
con quel cappellino
accessorio integrante/ di quell’ultimo acquisto di
Moschino
La chiesa era gremita:
il prete che tesseva/ le lodi di una vita.
Più pregi o più difetti?
Difettava semmai, la necessaria volontà di elencazione
non trattandosi, stavolta, di confetti
E tanti fiocchi
– Ma non rovinavano le panche? –
– Se al Matrimonio no, almeno adesso
le è concesso, anche se neri e non bianchi
Qualche pianto, più che altro rimpianto:
sensi di colpa per non averle più telefonato
o non averla invitata a quel concerto
Ormai non usciva che di rado, del resto
Tanti i convitati al lugubre banchetto:
chi si batte a croce il petto,
chi ricerca/ disperato, un fazzoletto
Amava scrivere, soprattutto accanto al caminetto
– Una pura, direi, –
– ma la pigrizia, poi, dove la metti? –
Si/ perché c’era anche quella
in sapida componente con l’ ingegno
La Chiesa era gremita. C’è chi pensava,
tra un pianto ed una rosa
che forse, in fondo, era più pazza che estrosa
inadatta alla vita, al contingente
C’era anche il Sindaco: non poteva mancare
In quanto pisana, se non una strada
almeno questa presenza
se la meritava
C’era il Prefetto,
dispiaciuto per non averle concesso
il patrocinio
a quel suo ultimo progetto
– Se n’era andata così, mentre scriveva – Leggeva? –
– No, scriveva. A leggere le cose altrui non ci teneva.
Ma aveva il Premio… –
– si, ma la Giuria leggeva anche per lei –
Tanti i discorsi
sommessi
in fondo all’androne
C’era anche il ladro
col sacchetto vuoto/ del suo ultimo misfatto
C’era anche il gatto/ col fiocco nero d’organza:
non si è mai capito se l’amava
certo la seguiva ovunque
anche se a debita distanza
C’era la zia, più vecchia di lei
– L’avevo sognato: perdita di dente
morte di parente –
E c’era lui, assenza/ presenza
che di lei sapeva tutto e non aveva niente
vestito a lutto impeccabilmente
ma un lutto artistico, con quella penna all’occhiello
ed il suo piccolo, immancabile ombrello
che forse pioveva e
nero per fortuna, che si addiceva
La Messa è finita: andate in pace
No, aspettate, c’è una postilla
o forse un refuso:
“Da leggersi al momento opportuno: istruzioni per
l’uso”.
(Testo finalista al premio L assedio della poesia 2020 presieduta da Antonio Spagnuolo e vincitrice del Premio della Giuria al Concorso “Tra Secchia e Panaro” 2020).
Una danza di cose . Una lettura de “La creta indocile”
Postato il
Pubblico volentieri il commento di Giulia Sonnante, autrice e traduttrice, al mio libro La creta indocile, perché si tratta di una lettura che abbina immediatezza e indagine attenta, acuta, appassionata. Pone fianco a fianco l’empatia e la capacità di cogliere il dettaglio che racchiude il tutto, l’impalpabile e la concretezza, la danza e le cose.
Grazie a Giulia, e, per chi vorrà, buona lettura, IM
*******
La creta indocile, Oèdipus, Salerno, 2018
È già nel titolo il primo contrasto, il sussulto, la prima sorpresa, e gli occhi s’allargano per un istante.
È perché la creta di Ivano Mugnaini è molto poco cedevole, poco arrendevole, come la vita!
Sono versi che vivono, respirano e spingono verso l’esistere nella sua essenza più pura e autentica. Allora indica la direzione, l’autore, la via da percorrere, dal buio verso la luce, e nell’oscurità delle nostre stanze lascia filtrare sempre un barbaglio, un chiarore.
Scopre le nostre fragilità e le accarezza, le abbraccia strettamente. Per questo, il più colpevole dei nostri sensi è l’udito, fisso sul legno della porta “inchiodato, crocifisso, appeso / ad un battito, un tocco ansioso / incerto furtivo: forse il tonfo, / l’incedere cieco del destino / forse il calore, sincero, di una mano” (Il grado zero). Sono queste, davvero, le nostre braccia protese in avanti a sfiorare, quasi disperatamente, altre braccia, altre mani, altri cuori.
Non ci troviamo di fronte soltanto figure umane nelle loro struggenti fragilità ma anche il mondo animale è qui efficacemente rappresentato perché amato.
Gli animali appaiono più saggi e allo stesso tempo più furbi degli esseri umani, Così, sotto lo sguardo ironico e divertito dell’autore, i gatti saltano di verso in verso perché: “Meglio allora il passo lento / regolare, l’appoggio astuto del gatto / che sfiora il ferro e il legno con moto / solo in apparenza uguale” (Come un qualsiasi animale). Ed ancora: “l’urlo mai spento del lupo. / Riconoscerlo affine, vicino / sarà sentire i suoi stessi occhi, /nelle ossa appuntite, tornando magri, leggeri, / nei fianchi e nei passi voraci / ancora affamati di tenerezze / feroci” (Quando verrà l’inverno). E così, i castori diventano metafora di amanti senza tempo: “Solo un rapace ci vedrebbe, /e capirebbe il senso, o forse / ci scambierebbe per folli e strani castori, / prima di virare, indifferente, verso / il suo tratto libero di cielo” (Folli e strani castori).
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