interviste

LOST (AND FOUND) IN TRANSLATION

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LOST (AND FOUND) IN TRANSLATION

La scrittrice e poetessa serba Valentina Novković, che ringrazio, mi ha rivolto alcune empatiche ed interessanti domande. Ho accettato volentieri di rispondere. Il problema è che Valentina non parla italiano e io non parlo serbo. Abbiamo dialogato in inglese e Valentina ha poi inviato le domande alla rivista Pokazivač. Ringrazio anche la scrittrice Khosiyat Rustam per aver pubblicato l’intervista nella rivista uzbeca Kitob dunyosi.

Ho ritradotto domande e risposte in italiano.

Viva Babele, e buona estate a tutte e a tutti,

IM

Lost 2
 Intervista di Valentina Novković
a Ivano Mugnaini
 
  • Tra i classici della letteratura italiana ci sono Ludovico Ariosto, Italo Calvino, Umberto Eco, Alessandro Manzoni e molti altri. Quali scrittori italiani o mondiali hanno avuto la maggiore influenza su di te, ricordi il primo libro che hai letto?
Comincio dall’ultima parte, che è la più facile: qualche anno fa (meglio non contarli) un’anziana signora che abitava vicino a  me mi regalò un pallone e un libro. Mi sono piaciuti entrambi i regali. Mi hanno dato un senso di libertà. Il libro era Il giro del mondo in ottanta giorni. Forse era solo un caso, o forse un segno.
Gli autori che hai elencato nella tua domanda hanno dimostrato che la letteratura può volare (e far volare i lettori) attraverso epoche e luoghi diversi, nel mondo e nella dimensione ancora inesplorata, selvaggia e meravigliosa che è la mente umana.
Mi piacciono gli scrittori che indagano, con ironia, la condizione umana. Potrei citarne diversi, Pirandello, Beckett, Jonesco e molti altri.

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Sito e blog Dedalus – rubrica A TU PER TU

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Nel 2020 le visualizzazioni sia del blog Dedalus che del mio sito sono molto cresciute.

(Almeno una cosa buona gliela devo riconoscere a quell’anno tanto “amato”)

Molto bene è andata anche la rubrica A TU PER TU. Ringrazio gli autori intervistati.

Se qualche altra autrice o qualche altro autore volesse parlare della sua attività o di un suo libro in particolare, mi contatti a questo indirizzo: ivanomugnaini@gmail.com

Screenshot_2021-01-04 Presentazione rubrica A TU PER TU - Ivano Mugnaini

A TU PER TU – Cinzia Della Ciana

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Questa rubrica volutamente ricerca accostamenti, incontri e contaminazioni tra differenti espressioni, stili e contenuti.
Perfettamente adeguato in quest’ottica è anche il percorso di Cinzia Della Ciana. Come potrete ricavare sia dalle risposte all’intervista sia dal curriculum dell’autrice, la sua tendenza alla varietà espressiva, all’ibridazione, alla contaminazione tra differenti strumenti comunicativi ed artistici in lei è sia una scelta che un istinto naturale.
Uno dei vocaboli che compare con maggiore frequenza nell’intervista è “performance”. La poesia “performata” (il termine non suona bene, ma ciò a cui fa riferimento in qualche caso sì) non si pone come alternativa alla poesia tout court che, quando è autentica, non ha bisogno di aggiunte o modifiche.
Si tratta, nel caso di Cinzia Della Ciana, di un deliberato e accurato progetto che mira a mettere insieme le sue passioni: la poesia e la musica. Di modo che la poesia non solo venga accompagnata dalla musica ma diventi essa stessa spartito, accordi, sonorità “cantabili”.
Sarebbe bello in questo caso se la multimedialità venisse a sostenere l’espressione astratta del concetto. Per fortuna, lo ripeto anche in questo caso perché è necessario, la lettura delle risposte dell’autrice potrà fornire i dettagli e le sfumature necessarie e sufficienti per comprendere al meglio questo suo progetto artistico condotto ormai da tempo tramite i libri pubblicati e attraverso gli incontri, gli spettacoli e le presentazioni, con passione e con coerenza.
Buona lettura, IM

 

A TU PER TU
UNA RETE DI VOCI
L’obiettivo della rubrica A TU PER TU, rinnovata in un quest’epoca di contagi e di necessari riadattamenti di modi, tempi e relazioni, è, appunto, quella di costruire una rete, un insieme di nodi su cui fare leva, per attraversare la sensazione di vuoto impalpabile ritrovando punti di appoggio, sostegno, dialogo e scambio.
Rivolgerò ad alcune autrici ed alcuni autori, del mondo letterario e non solo, italiani e di altre nazioni, un numero limitato di domande, il più possibile dirette ed essenziali, in tutte le accezioni del termine.
Le domande permetteranno a ciascuna e a ciascuno di presentare se stessi e i cardini, gli snodi del proprio modo di essere e di fare arte: il proprio lavoro e ciò che lo nutre e lo ispira.
Saranno volta per volta le stesse domande.
Le risposte di artisti con background differenti e diversi stili e approcci, consentiranno, tramite analogie e contrasti, di avere un quadro il più possibile ampio e vario individuando i punti di appoggio di quella rete di voci, di volti e di espressioni a cui si è fatto cenno e a cui è ispirata questa rubrica.
IM

Grumi sciolti - copertina

 

5 domande 

a

Cinzia Della Ciana

 

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?

 

Nacqui a Montepulciano e vagai per la Toscana della cui terra sono plasmata. Esercito la professione di avvocato da decenni e da qualche anno faccio “versi”, anche in prosa, per passione. Avrei voluto essere una pianista. In realtà la musica fa parte di me e adesso “suono colle parole”.

 

2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

 

L’ultima mia fatica è una raccolta di racconti dal titolo “Grumi sciolti” uscita nell’aprile del 2019 per i tipi di Helicon Edizioni. Con Grumi torno al mio primo amore, cioè la forma breve – i racconti – con i quali avevo iniziato nel 2014 (Quadri di donne di quadri, Aracne). 

Se la guardi da lontano la vita – di un individuo o di una collettività – è come l’immagine che esce da un telescopio puntato sul cosmo.
La storia è un quadro in divenire, in cui qua e là si osservano “grumi”, cioè luoghi di addensamento”, “momenti di intenso ammasso”, in cui ogni componente fluida si perde e resta solo materia, materia che si coagula e si rapprende chiudendosi a giro. Ma poiché tutto è movimento, anche questo processo di avvitamento non si sottrae alla legge del divenire, e il grumo si evolve in una spirale che lo porta inevitabilmente a spandersi. Ovvero a sciogliersi, a nebulizzarsi lasciando a galleggiare in sospensione grani. Grani che a loro volta sono nuclei di potenziali nuovi grumi. Avendo negli occhi questo quadro ho dato la parola a un narratore che apre e chiude la raccolta usando una tecnica narrativa e stilistica che richiama proprio la dinamica del “grumo sciolto”. Il classico espediente della cornice, che tiene i racconti, qui in vero è elastico, continua variazione del tema madre. La voce narrante, che si presenta come un grumo arso ignaro dell’acqua che lo culla, ad un tratto si lascia invadere da una condizione di liquidità che lo rende granello fluente, inarrestabile narratore. Che passerà in rassegna storie di grumi, e poi storie – quasi visioni – di grumi sciolti, fino a snocciolare storie di grani (tre sono le sezioni che raccolgono i racconti). E quando avrà finito l’ultimo racconto il narratore sentirà il bisogno di trattenere qualcosa tra quelle sue dita che ormai sono sciolte e non vogliono più serrarsi vuote. Raccontare sarà il suo predicare, come una preghiera.

Un piccolo scorcio sulle sezioni che articolano il libro. Nella prima “Grumi” protagoniste sono donne che si trovano in un particolare momento della loro vita e debbono compiere una scelta, nella seconda “Grumi sciolti” il mondo si dilata in un variegato quanto onirico cosmo fatto di passioni, emozioni, mito e leggenda che nella terza parte diventa “storia” (emblematico l’omaggio a Elsa Morante). 

Sono grata a tutti coloro che hanno letto questo libro e rilasciato commenti, recensioni. La prefatrice Letizia Cirillo ha colto nel segno nel momento in cui ha dichiarato che è un libro che va letto a voce alta, perché esaltando la sensorialità che lo anima, si può trasformare l’esperienza individuale della lettura in esperienza collettiva di condivisione. C’è chi come Alice Bianco poi ha voluto paragonarlo ha una tela in cui sono sparsi colore che il lettore stesso compone in quadro. Altri parlano di “prosa che accarezza la poesia” (Federico Migliorati) o di “poesia travestita” da racconto (Stefano Pasquini). 

Matucci poi, data per ammessa l’equivalenza romanzo – cinema, segnala che la mia tipologia di racconto pretende la concentrazione dello scrittore e del lettore su pochi, risolutivi fotogrammi. In effetti nei miei racconti, quasi sempre, tutto confluisce in una sorta di “buco nero” che dilata solo nel pensiero dei personaggi un tempo narrativo anche lunghissimo, e attrae al contempo dentro di sé tutto il significato di vicende che possono essere le più varie. Racconto dunque come massima concentrazione “fotografica” su un nodo che la vita ha lungamente preparato.

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A TU PER TU – Eleonora Rimolo

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A TU PER TU

UNA RETE DI VOCI

La rubrica A TU PER TU – Una rete di voci ospita oggi Eleonora Rimolo.

La giovane autrice salernitana ha saputo ritagliarsi uno spazio e ha ottenuto l’attenzione della critica e dei lettori in virtù di una ricerca personale e autentica, scevra da certi “giovanilismi” di maniera e da certe espressioni roboanti ma prive di sostanza.

Faccio ricorso, per chiarire quanto finora espresso, alle parole di Giancarlo Pontiggia: “La qualità che più sorprende nella giovanissima Eleonora Rimolo è la fermezza della tessitura stilistica: la precisione del suo andare a capo, l’equilibrio finissimo delle soluzioni metrico-sintattiche”.

Anche in questa occasione tuttavia non posso esimermi dal confermare l’invito a leggere l’intervista nella sua interezza.

Si avrà anche in questo caso la conferma della maturità della visione e del progetto e il legame profondo e appassionato con la parola poetica e letteraria.

Buona lettura, IM

 

L’obiettivo della rubrica A TU PER TU, rinnovata in un quest’epoca di contagi e di necessari riadattamenti di modi, tempi e relazioni, è, appunto, quella di costruire una rete, un insieme di nodi su cui fare leva, per attraversare la sensazione di vuoto impalpabile ritrovando punti di appoggio, sostegno, dialogo e scambio. Rivolgerò ad alcune autrici ed alcuni autori, del mondo letterario e non solo, italiani e di altre nazioni, un numero limitato di domande, il più possibile dirette ed essenziali, in tutte le accezioni del termine. Le domande permetteranno a ciascuna e a ciascuno di presentare se stessi e i cardini, gli snodi del proprio modo di essere e di fare arte: il proprio lavoro e ciò che lo nutre e lo ispira. Saranno volta per volta le stesse domande. Le risposte di artisti con background differenti e diversi stili e approcci, consentiranno, tramite analogie e contrasti, di avere un quadro il più possibile ampio e vario individuando i punti di appoggio di quella rete di voci, di volti e di espressioni a cui si è fatto cenno e a cui è ispirata questa rubrica.

 

Eleonora Rimolo La terra originale copertina-001

5 domande

a

Eleonora Rimolo

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?

Non sarei capace di definirmi attraverso delle linee di confine o delle determinazioni, e se fossi un’artista non saprei mai dipingere un autoritratto; inoltre non mi piace ragionare sulla mia biografia: penso che il nostro tempo ci ponga di fronte all’esasperazione di un egocentrismo che permea la poesia soggettiva portando alla ribalta una serie di opere che propongono al pubblico esperienze personali inadeguate a costituire un’opera letteraria seria. Pertanto, cerco sempre di non dire di me nulla che non sia funzionale al discorso posto in essere.

2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

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“Il lume della follia”, domande e annotazioni

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Pubblico qui di seguito alcune domande a Prisco De Vivo riguardo alla sua attività letteraria ed artistica, con riferimento specifico al suo libro di recente pubblicazione “Il lume della follia”. IM

  1. Nella tua ultima raccolta di poesie, dal titolo “Il lume della follia”, in un verso reciti: “le cose del mondo che ti limitavi a tenere nascosto”. È la rappresentazione di un dolore vissuto?

Sì, rappresenta un doloroso vissuto di una persona a me cara, mio zio Gaetano, fratello di mia madre vissuto in manicomio; si è consumato nel silenzio e nell’ombra dell’indifferenza, di aspri egoismi e cattiverie.

  • Vorrei approfondire il tuo sguardo in materia di oscurità. Qual è la tua vertigine di solitudine?

La mia vertigine di solitudine, come tu la chiami, ha a che fare con il disincanto attraversando l’inciampo e la caduta, con lo stesso umore ho raggiunto quell’uscita dall’incombente oscurità. Tutto è dettato solo dall’amore verso gli altri e dalla chiarità delle proprie azioni.

  • Qual è il lato luminoso della follia?

Il lato luminoso della follia è rappresentato dalla genuinità di essere veraci, persone senza filtri fino al disgusto. La verità è nuda e ruvida, per niente estetica e per niente accattivante. Ebbene, questo è anche il perno principale di questa mia ultima raccolta di poesie dall’ossimorico titolo: “Il lume della follia”; testo viscerale e pulsante come un corpo nevralgico; un corpo scoperto coi suoi tendini, i suoi nervi e il suo sangue messo in luce.  

  • Riconosco che sei un uomo di fede, quanto è importante per te “la fede”?

In sintesi, “la fede” è davvero determinante. Dovrebbe essere fondamentale per ogni uomo. Ma, denoto che la questione religiosa, nel nostro attuale tempo, è del tutto secondaria. La mia esperienza di conversione al credo cristiano mi ha portato ad analizzare diversi aspetti della mia vita; a tendere, con vera autocoscienza, verso la redenzione ed a sopprimere l’inutilità di un vissuto speso verso la perdita e l’inconcludenza.

  • Può mai esserci una barriera alla banalità del male?

Credo che questa barriera non verrà abbattuta fin quando il seme dell’odio è fra gli uomini; ramifichi ed irrobustisca le sue radici verso il dissenso e la gratuità della violenza.

A tal proposito, Simon Weill diceva semplicemente: “Nessuno ha amore più grande di colui che sa rispettare la libertà dell’altro”. Eppure, tutto questo per l’uomo non dovrebbe essere così difficile e faticoso.

  • Secondo te, l’arte come la poesia è ricerca di perfezione e consapevolezza? Oppure, è solo una totale uscita dalle proprie insicurezze?

L’arte e la poesia migliorano profondamente l’essere umano. Ma, se vogliamo, la bellezza è custodita in ognuno di noi.

A tal proposito, vorrei citare George Bernard Shaw che quando si ritrovò ad osservare le opere di poesia di Michelangelo e le pitture della Cappella Sistina esclamò: “Si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima”.  

  • Quella sacralità del dolore che ritrovo nella tua ultima opera, sei sempre riuscito a riconoscerla?

Sì, sono riuscito a riconoscerla fin dall’adolescenza. In una mia vecchia lirica, dal titolo “Nel corpo della sofferenza”, parlai di un viaggio autobiografico nella profondità del proprio dolore; quel dolore che è visibile nella salvezza cristiana, quel “corpus doloris” che porta ad accettare il peso della croce ed a portarla con amore ed umiltà.

  • Ogni rumore ed ogni suono, in poesia, sono quasi solenni. Volevo capire, quando tu scrivi o dipingi hai bisogno della musica o del totale silenzio?

Sicuramente il suono ha una sua solennità. Se pensiamo, ad esempio, a “Barche amarrate”, dai “canti orfici” di Dino Campana in cui egli esprime fino in fondo la poesia farsi suono, quasi come se fosse uno spartito.

Per quanto riguarda la musica, sì, quando dipingo ascolto maggiormente da Bach a Bartok. Ma, devo anche confessarti una cosa che ci sono alcune canzoni che ascolto di rado, come: “L’oceano di silenzio” di Franco Battiato e “C’è tempo” di Ivano Fossati, oppure “Martha” di Tom Waits. Sono testi che scuotono il mio essere, mi lasciano naufrago in un dirupo di ricordi e di emozioni. Ma, penso che ciò accade a tutte le figure sensibili.

Ivano Mugnaini