2012

PREMIO INTERNAZIONALE GRADIVA – NEW YORK 2013

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COMUNICATO STAMPA
PREMIO INTERNAZIONALE GRADIVA – NEW YORK 2013

La Giuria del Premio Gradiva-New York, composta da Luigi Bonaffini, Luigi Fontanella, Irene Marchegiani, Sylvia Morandina, Anthony J. Tamburri, preso atto dell’alta qualità dei libri pervenuti a concorso (127 libri), ha designato dopo varie consultazioni la cinquina finalista:

Sauro Albisani, La valle delle visioni, Passigli Ed., 2012
Enno Cavalli, Poesie con qualcuno dentro, Aragno Ed., 2012
Giovanni Chiellino, Luce crepuscolare, Genesi Ed., 2011
Anna Elisa De Gregorio, Dopo tanto esilio, Raffaelli Ed., 2012
Ida Travi, Il mio nome è Inna, Moretti & Vitali Ed., 2012

Mentre si congratula sentitamente con tutti e cinque i meritevoli finalisti, designa a maggioranza di voti, SAURO ALBISANI quale vincitore del Premio con il volume “La valle delle visioni” (Passigli Ed., 2012). Ad Albisani vadano dunque le nostre vivissime congratulazioni!

La cerimonia di premiazione si terra’ Giovedi 24 ottobre alle ore 16 presso l’Auditorium del Center for Italian Studies, Melville Library, Room E-4330, State University of New York, Stony Brook, con la presenza dell’intera Giuria. In caso di mancata partecipazione del vincitore si perde qualsiasi diritto.

CON PREGHIERA DI DIFFUSIONE

Luigi Fontanella
Direttore di “Gradiva” e Presidente del Premio Internazionale Gradiva – New York 2013

Le dimore dello spirito assente

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Pubblico qui di seguito la nota di lettura di Sandro Angelucci al libro LE DIMORE DELLO SPIRITO ASSENTE, recentemente edito da puntoacapo con la postfazione di Massimo Morasso. Molti sono gli spunti e i temi trattati, adeguatamente sottolineati da Angelucci nella nota critica. Mi trovo a concordare anche con Morasso, che, nella postfazione, indica con nitida acutezza l’attualità della poesia di Leronni. La capacità di utilizzare linguaggi di oggi, facendo i conti “con il tempo del segreto che attraversa sottotraccia l’accadere, restituendone i geroglifici”. Un libro con un’impronta autentica e inviduale, non criptico ma anche non banale, rivolto all’esplorazione di quella terra di mezzo che separa ed unisce l’immediatezza e la profondità, l’indagine sul mistero dell’umanità che ancora, per vie traverse, dimora nei gesti e nelle parole. IM

LERONNI: L’ORDITO CHE CONTIENE LA FARFALLA

Recensendo l’opera prima, Polvere del bene, di Giacomo Leronni, sostenemmo che il poeta non si accontentava di vedere alla luce del giorno e che il cielo che, così, si presentava alla sua vista appariva più luminoso anche di quello rischiarato dalle stelle. Ciò, ci spinse a parlare di poesia dell’assenza, dell’allontanamento, della sospensione ma, non meno, della conservazione.
Ora – quasi preannunciato e, con una certa compiacenza; dobbiamo confessarlo – ci giunge il suo secondo lavoro che, guarda caso, reca il titolo Le dimore dello spirito assente; non solo senza smentire ma avvalorando quella che era stata la nostra opinione. Di più: facendoci ulteriormente riflettere sull’ampliamento del concetto che accompagna il pensiero di cui siamo sempre maggiormente convinti.
Ritornando al libro d’esordio, asserimmo altresì che quella scrittura fungeva da anestetico, permetteva di vincere la paura d’immergersi nel buio profondo per scovare la luce; ebbene – scopriamo adesso – che, di quel narcotico, si ha ancora bisogno, ovviamente, ma è come se l’efficacia dei suoi componenti sia notevolmente aumentata, al punto tale che l’atto catartico della parola, in bozzolo nella prova precedente, arriva ad assumere le fattezze della farfalla, la forza del suo levarsi in un volo libero e liberatorio.
I prodromi di questa metamorfosi – non in termini sovvertitivi, naturalmente – erano già significativamente presenti nell’incipit di una poesia che non potemmo fare a meno di citare e ci piace riproporre per una ragione che esplicheremo andando avanti con l’esegesi.
“Nella polvere del bene / quando splende la morte rigorosa / ti ritiri con un soffio. . .”: questi versi, con i quali Leronni si congedava dal lettore nel suo primo libro, sono – a nostro modo di vedere – orientativi; chiudono, si, una fase ma, nello stesso tempo, ne aprono un’altra che, poi, avrà il suo compiuto sviluppo lungo il cammino de Le dimore dello spirito assente.
Si rifletta, allora, sulla chiusa di una delle liriche contenute nella sezione Neve francese, della nuova raccolta: “si deve arare mentre si vive – scrive il poeta – / avere fiducia, la morte verrà”, e non si potrà non avvedersi di un processo in corso, di un filo conduttore (la tessitura del baco che permette lo schiudersi del bozzolo), che lega indissolubilmente le due prove in nome della continuità di un progetto di poetica.
La parola-chiave è “morte”, ma di una fine si tratta che tutto è fuorché conclusione, definitivo annullamento: no, qui, la morte prima “splende rigorosa” consentendo il raccoglimento, e poi, attraverso il duro lavoro, tramuta (meglio sarebbe forse dire: si rivela) in speranza, in qualcosa che si aspetta e per la quale tutta la vita si lotta perché possa realizzarsi. Un’ontologia, dunque, che si basa sull’assenza e non sulla presenza dell’essere; attenzione, però, perché è una mancanza solo apparente, lo spirito dimora in noi anche quando è coperto dal velo dell’esistenza.
Ecco che torna, chiara, l’allegoria del baco da seta: il suo incessante, faticoso ordire, la sua crisalide che attende fiduciosa di trasformarsi in farfalla. Certo, non c’è possibilità di riscontro immediato e neppure di una verifica contingente ma il poeta ne è consapevole e, non per questo, smette di credere: “Si fa fatica per saldare l’alba / al tramonto // per conoscere // poi gli occhi / ti si schierano contro / e così i cuori, le colline // si fa un’immensa fatica / per arrivare a lambire / la volta del tempo // e la grazia invece / è del tutto spontanea.” (da Lezioni dall’oscurità).
La composizione, che abbiamo voluto riportare integralmente, esprime, per l’appunto, il gravoso dispendio di energie che richiede un vivere cosciente dello sforzo da compiere per giungere, se non altro, a sfiorare il senso dell’immane lavoro, di ciò che è e non può che restare inesplicabile, in contrapposizione – apparente, però: è bene ricordarlo – alla grazia che, invece, “è del tutto spontanea” e, di nuovo, all’apparenza, gratuita.
Ne consegue – e veniamo al nocciolo – che i pensieri che occupano gli spazi mentali di Leronni sono quelli di un intelletto (una “mente che si scompone / in altra mente”) costantemente curvo “sul segreto” per tentare di “agganciare il mistero”, di pronunciarne almeno il nome, un appellativo il più possibile rispondente alla verità dell’essere, alla sua realtà “in spirito e assenza”. E, nonostante si chieda, sul finire: “Qual è la verità che ci aspettiamo”, quantunque il dubbio – segno ineludibile di una fede autentica – gli faccia dire “dove (la stessa) ostenterà le sue grazie, le sue difese”, egli sa bene che “quando la mente si avvezzerà all’usura” e “…virerà / dal suo inseguimento // sar(à) pronto, lesto / a rinserrare // il (suo) divino abbandono”.
Si, dopo la lettura de Le dimore dello spirito assente, siamo sempre più persuasi che questa poesia si stacca dall’asfissiante, ingombrante presenza dell’ego per la precipua esigenza dell’autore d’essere “un corpo scarnificato / evaporato // nient’altro che un’anima.”.

Sandro Angelucci

Giacomo Leronni. Le dimore dello spirito assente. Puntoacapo Ed. Novi Ligure. 2012. Pp.152. € 15,00

LIBERAZIONE – oggi

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festa
d’aprile
22·29
2012
ore 12,3
0, Soms del Cristo, corso Acqui 15
8
Apertura della settimana di Festa d’Aprile
(67° anniversario della Liberazione) con pranzo solidale
22
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ore 14-19, Palestra Enaip, piazza Santa Maria di Castello 7/r
1° Torneo di Ping Pong (individuale)
1° Torneo di Biliardino (a coppie)
“Trofeo 25 Aprile” a cura di U.S. Acli
27
AP
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I
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ore 15-19, Anpi, via Verona 17
Torneo di Scacchi “Tattica e strategia di Resistenza”
a cura Circolo Scacchistico Alessandrino
28
AP
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ore 9,3
0-19, Palazzo dello Sport
Torneo di Pallavolo “Martiri della Libertà”
a cura di Uisp
29
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ore 10-13 • 14,30-20, Palazzo Ghilini, Sala del Consiglio Provinciale
Inquietudini e speranze della scena contemporanea
una giornata con il regista Roberto Faenza, convegno a cura di Isral e Falsopiano Edizioni
23
A
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Cinema Ambra
Musica e parole per la Liberazione
ore 21,3
0: Carlo Pestelli. Canti della Resistenza
ore 22,30: Gianluigi Trovesi-Gianni Coscia, Altre radici
ore 24,00: Brindisi della Liberazione
24
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LE
ore 9-12 ad Alessandria
Celebrazione ufficiale del 25 aprile
ore
8,45 partenza dalla stazione di Alessandria
Resistere pedalare resistere: sui luoghi della banda Tom
a cura di Gliamicidellebici Fiab
dalle ore 14,3
0, Campo sportivo “Carlo Cattaneo”
Trofeo “Martiri della Libertà”
Torneo di calcio a cura di Uisp
25
A
PRILE
CON IL CONTRIBUTO
IN COLLABORAZIONE CON
PROMOTORI
Città di Alessandria
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
PARTIGIANI D’ITALIA
ISTITUTO PER LA STORIA
DELLA RESISTENZA E DELLA
SOCIETÀ CONTEMPORANEA
IN PROVINCIA DI ALESSANDRIA
“CARLO GILARDENGHI”
ALESSANDRIA

I poeti che abitano il silenzio

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Accademia del Silenzio

è lieta di presentare

I POETI CHE ABITANO IL SILENZIO

Franco Loi

Milo De Angelis

Stefano Raimondi

LIBRERIA UTOPIA

Via Moscova 52

28 APRILE 2012

ORE 18,30

Un percorso dove la poesia diventa luogo privilegiato del silenzio non perché “silente” ma perché attenta: in ascolto. Un incontro con poeti che hanno sempre posto e disposto nell’Attenzione dell’ascolto tutta la loro cifra poetica, intelaiando con il mondo circostante storie, racconti, emozioni. La loro poesia qui viene portata alla visibilità da una amalgama di intenzioni che, nelle loro attese di silenzio, diventano detonanti e sonore. Un reading poetico dove conoscere e porsi in ascolto di voci che hanno fatto strade diverse nell’intento di costruire una storia comune. Con loro la città diventa “cortile” e le case pezzi di cuore; qui le vie portano agli incontri. Milano è qui ospite in ascolto, in silenzio!

La torre della luna nera

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L’IPNOTICA, ARTISTICA E CTONIA LUNA NERA DI LUCETTA FRISA Nota di lettura di Valeria Serofilli al volume La torre della luna nera ed altri racconti (puntoacapo Editrice, Novi Ligure 2012) di Lucetta Frisa.

 

Dei racconti di Lucetta Frisa, nota scrittrice, poetessa e traduttrice, che ho avuto a suo tempo l’onore di premiare all’Astrolabio 2011 con il Premio Speciale della Critica per il volume di poesia Ritorno alla spiaggia nonché di ospitare nell’ambito degli Incontri Letterari dell’Ussero, mi ha colpito la capacità dell’autrice di dare corpo alle storie, alle immagini e all’arte del proprio mondo interiore. Anche in virtù dei miei studi nel campo storico artistico ho apprezzato in particolare i racconti dedicati a tele famose e meno note, ma tutte ugualmente molto suggestive in grado di suggerire riflessioni profonde. E’ stato interessante per me vedere che l’attenzione di Lucetta Frisa spesso non segue le direttive canoniche della critica d’arte, ma si concentra su dettagli che sembrano minori e secondari ma in realtà aprono squarci su mondi nascosti, visuali e mentali. Interessanti anche le storie dedicate ai libri, al racconto nel racconto, alla parola che ragiona sulla parola, la osserva, la soppesa, la rigenera e la ricrea. Fin qui arte, storia, quadri. Ma c’è di più, ed è la luna nera del titolo a fornirci ulteriori chiavi di lettura. Autorevoli studiosi attribuiscono alla luna nera e alla notte la rappresentazione simbolica dell’immaginazione e del sogno che escono dall’inconscio, definito da Paul Diel “l’immaginazione esaltata e sfera della rimozione”. E’ forse proprio nel magico momento di passaggio rappresentato dal sé / parola / luna nera, che l’autrice individua l’incontro con il proprio mondo interiore, quel “luogo intermedio” tanto auspicato da Marsilio Ficino. Nell’articolo L’Inconscio del 1915, Freud dichiara che i contenuti dell’inconscio sono sostitutivi di pulsioni che non possono divenire oggetto di coscienza, pertanto le rappresentazioni inconsce sono organizzate in fantasmi (dal greco apparizioni) e trame immaginarie alle quali le pulsioni si fissano e che possono essere concepite come “vere messe in scena del desiderio”. In tale prospettiva il contenuto dell’inconscio è assimilabile a ciò che è stato rimosso con in più, “un nucleo originario di contenuti filogenetici”. In quest’ottica il cane del racconto “Un perro (lettera a Goya) ”solo.Separato minuscolo, senza speranza di redenzione”, se da un lato costituisce uno spunto per ragionare sul destino degli emarginati, rappresenta dall’altro un’antica fobia, un fantasma che l’autrice porta alla luce e rimuove. Adeguato e consono è a mio avviso anche lo stile con cui sono proposte le varie vicende: una scrittura che si muove ariosa, ampia e ricca, con un procedimento quasi teatrale, giungendo all’apice dell’emozione per gradi, quasi per cerchi concentrici. Il tutto ha come perno le citazioni, scelte con cura e del tutto adatte volta per volta a riassumere il senso delle storie narrate. Per concludere non posso che dedicare a Lucetta, sorella d’ispirazione, il pensiero di Croce riportato ad esergo del mio racconto “Sindrome di Stendhal: l’anacronismo dei classici”, contenuto nella raccolta Come esser tondi in un mondo di quadrati (Quaderni di Dedalus n° 1, puntoacapo Editrice, Novi Ligure 2011):

 

<>1. 1 Benedetto Croce, Breviario di Estetica, I E’ stato inoltre consultato il testo Dizionario dei simboli, J. Chevalier, A. Gheerbrandt, Bur, Rizzoli 1999.

La notte dell’armonia

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sabato 21 aprile alle 18,00
L’Associazione PoEtica
ospita
Márcia Theóphilo, candidata Nobel per la Letteratura 2012
nell’ambito della presentazione del video
di Maria Korporal “La notte dell’armonia”

  Introduzione a cura di

Viviana Scarinci 

  Vin d’honneur con Fefè Editore


L’evento avrà luogo presso La Libreria Libra di Monica Maggi

Via San Michele, 63 Morlupo RM tel 069071120

°

 

Márcia Theóphilo nasce a Fortalesa, capitale dello Stato di Cearà, nel nord-est del Brasile. Studia Antropologia a Rio de Janeiro, San Paulo e Roma, dove consegue il dottorato. Nel 1971 viene in Italia come esiliata politica sfuggendo al regime militare che aveva imposto severe leggi sulla censura. In Italia si impegna a mantenere relazioni culturali tra Italia e Brasile rappresentando l’Unione Brasiliana di Scrittori. Nel corso degli anni ha organizzato incontri di poesia, ha tradotto in portoghese poeti italiani e in italiano poeti brasiliani.

Maria Korporal. Nata nel 1962 a Sliedrecht, Olanda. Ha studiato grafica e pittura all’Accademia delle Belle Arti St. Joost a Breda, Olanda, diplomandosi – tra l’altro – con un’installazione video. Dopo gli studi, nel 1986, si trasferisce in Italia, dove torna a dedicarsi alla pittura e alla grafica. Nel 1989 è co-fondatrice della casa editrice Apeiron . Per la quale si occupa dei progetti grafici. In questo ambito inizia a lavorare con il computer: la sua produzione artistica degli anni successivi documenta un sempre maggiore utilizzo delle tecniche digitali. Dal 1998 usa esclusivamente i nuovi media per la sua espressione artistica. La sua produzione artistica include videoarte, imaging digitale e installazioni. Negli ultimi anni si occupa prevalentemente di videoarte. È inoltre attiva nel campo del web design e della grafica.

Associazione PoEtica

http://associazionepoetica.com/

mob 333 2045759

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ASSOCIAZIONE PoEtica
Fondo Librario di Poesia Contemporanea
Via San Michele 8, Morlupo (Roma)

 

Piercing the page

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JUST OUT. Antonio Porta, “Piercing the Page. Selected Poems 1958-1989,

Edited and with an introduction by Gian Maria Annovi. And an essay by Umberto Eco. (Los Angeles: Otis Books/Seismicity Editions, 2012).Translations by Anthony Baldry, Rosemary Liedl, Paolo Martini, Anthony Molino, Lawrence R. Smith, Paul Vangelisti and Pasquale Verdicchio.

https://blogs.otis.edu/seismicity/

www.spdbooks.org/Producte/9780984528950/piercing-the-page-selected-poems-19581989.aspx?rf=1

BERTGANG – FANTASIA ONIRICA

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Bertgang – Fantasia Onirica di Luigi Fontanella, Moretti & Vitali, Bergamo, 2012 

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Inizia ex abrupto, Bertgang, con una precisa, puntuale, ineludibile indicazione cronologica: “Nella breve ora degli spiriti”. Il primo accordo appare una sommessa, elegiaca descrizione della fuggevolezza dell’essere. Non solo l’ora appartiene ad entità incorporee ma è essa stessa breve, di effimera durata. Ma, immediatamente dopo, nel verso successivo, il tempo si fa azione, diviene evento, nel frangente in cui veniamo a sapere che, in quell’ora fragile “una giovane ragazza uscì di casa”. In maniera direttamente proporzionale, con altrettanta forza ed energia, fisica e logica, l’inconsistenza viene contrastata dalla sostanza, dal vigore della vitalità, anzi, della vita. Il tempo è moribondo, vecchio, corto, ma si concede, e ci concede, di percepire comunque con i sensi la bellezza e la gioventù. Tra questi due estremi si disputa l’incontro, la gara, il braccio di ferro tra l’autore ed il suo poema, tra il lettore e la propria necessità di trovarsi uno spazio personale, escludendo la possibilità di porsi come puro e semplice osservatore, accettando il privilegio e l’azzardo di seguire passo passo l’autore e la fascinosa fanciulla nel loro tragitto tra realtà e fantasia, tra la vita e quella dimensione più sfumata che la mente genera per poi cercarne l’annientamento.

            “La graziosa farfalla” evocata da Fontanella si colloca sul confine labile tra l’esistenza concreta e una dimensione ulteriore, altra. Messaggera dell’Ade, ha il compito di avvertire gli spiriti che è giunto il momento di tornare nell’Oltretomba. Richiama a sé, con inevitabile zelo, anche il personaggio femminile protagonista del poema di Fontanella e di una delle fonti che lo ha ispirato, Gradiva – Fantasia pompeiana, di Wilhelm Jensen.

     Il lavoro letterario di Fontanella si muove lungo direttrici complesse e varie. Tra richiami letterari, fedelmente e accuratamente assimilati per poi riforgiarli sulla base di dati percettivi e psicologici del tutto personali, basati su sogni ed incontri autonomi, scanditi dalla propria vicenda e dalla propria esperienza umana e di scrittura. Il sottotitolo del libro, Fantasia onirica, si ricollega al testo di Jensen, ma con una distinzione di rilievo: quella sottolineatura ulteriore, apparentemente iterativa o addirittura ridondante, quell’accento posto sulla natura onirica dell’esperienza fantastica descritta. La precisazione assume una funzione ben precisa: se la fantasia è pura irrealtà, il livello onirico, al contrario, ha bisogno dell’uomo, della sua esclusiva e specifica capacità di tramutare, con l’atto misterioso e vitale costituito dal sogno, la realtà in immaginazione.

Anche la collocazione spazio-temporale in cui hanno luogo le vicende parallele del modello letterario e mitologico e di quello rivissuto dall’autore ha un ruolo determinante, diventa attrice dell’azione e della riflessione psicologica e filosofica che essa stessa genera. La città di Pompei ha avuto un destino assolutamente unico, talmente atipico da diventare emblematico. Il centro abitato ingoiato in poche ore dal fuoco e dalle ceneri è stato consegnato all’eternità, permanendo vivo e presente in tal modo, identico a se stesso, cristallizzato, più di qualunque altra città. Sospeso tra morte e vita, paradosso del tempo divenuto monumento e memento imperituro, tale luogo ospita, nei testi letterari che rappresentano le radici del lavoro di Fontanella e nella sua attuale e personale rivisitazione, la fanciulla che procede, effimera e stabile, lieve e carnale, soggetta al capriccio di una farfalla.

Come in alcuni lavori fondamentali di Fontanella, sia in versi che in prosa, è il tempo che gioca con gli uomini. Ma l’autore ha un senso troppo vivido e spiccato della vita, della carnalità, della tenacia della ricerca del senso e della sensualità, per limitarsi a dare ai suoi lavori un gusto unicamente elegiaco, una resa incondizionata alla caducità. Non è una caso probabilmente che, come avveniva al protagonista del romanzo Controfigura, l’azione che accompagna in modo spontaneo, connaturato, l’atto del pensare, del riflettere e del sognare, sia il moto, il passo, l’esplorazione del mondo, interiore ed esterno, attraverso il cammino. Il nome della protagonista di questo poema, Gradiva, significa “colei che avanza”. Ossia, colei che procede, fisicamente, non solo a livello onirico, da un luogo ad un altro, da una dimensione a quella adiacente, da un momento a quello successivo. Non è un caso allora, forse, neppure la scoperta della reale identità che si cela dietro il “fantasma”: la ragazza amata dal Norbert di Jensen, Zoe Bertgang. Zoe, ossia, inequivocabilmente, vita. E, in quella vita tanto più maliosa quanto più soggetta ad ali crudeli, ci sono anche tutte le figure femminili presenti nei libri di Fontanella, creature sanguigne ed eteree, fatte di sangue e di parole, tanto più fascinose quanto più capaci di richiamare l’apparente impalpabilità della pagina scritta, il racconto, il verso che evoca un microcosmo, il mito che restituisce alla verità l’ambiguo sorriso che la rende umana ed eterna, limpida e indecifrabile.

            Bertgang è un libro complesso, multiforme. Nel volume sono presenti tre analisi critiche, puntali ed attente, quella di Giancarlo Pontiggia, quella di Carla Stroppa e quella di Paolo Lagazzi. Offrono molti spunti di riflessione ed aiutano a far luce sul volume in sé e sul denso reticolo di relazioni intertestuali che racchiude. Il poema di Fontanella è, dunque, un esperimento letterario, un modo, come l’autore stesso annota, per dare voce al “rovello interiore” che si portava dietro da tempo. L’esperimento ha avuto luogo nelle condizioni giuste: ossia nell’ambiente ideale e nei tempi consoni. Il ritorno di Fontanella alla poesia, dopo appassionate escursioni sul terreno della prosa, è avvenuto sulla base di una vicenda che conteneva in nuce gli elementi più cari all’autore. In primo luogo quella commistione fertile e intrigante tra vita e letteratura che Fontanella vive sulla propria pelle ancor prima di utilizzarla nell’ambito della sua produzione letteraria. Ragionamento quindi, unito alla passione, all’attrazione per l’incanto della bellezza e della seduzione femminile. Il tutto filtrato dalla coscienza del tempo, dalla cognizione del dolore che ne deriva, senza tuttavia cedere alla tentazione del silenzio o alla celebrazione del cupio dissolvi. L’incontro con Gradiva, quindi, datato nel tempo ma rinnovato giorno per giorno, è riemerso nella psiche e nella memoria di Fontanella al momento opportuno, in una fase della sua attività di scrittore e poeta in cui la dimensione filosofica del sentire e del dire si sposa all’attrazione per la vitalità senza stemperarne la forza ma contribuendo a plasmarla con nitidezza, cogliendo i chiaroscuri, i riflessi, le ombre sulle pareti dipinte di rosso pompeiano. Su quella Casa del Fauno che continua a danzare, ma sa anche seguire, con gli occhi e con il  corpo, l’avanzare nella mente e sul selciato di Gradiva, fragile e invincibile, effimera ed eterna.

            Bertgang è un libro che ci parla della vita e della morte, di quella loro compresenza ingombrante in una psiche che, anche grazie a Freud, al suo amore per la forza autenticamente salvifica dell’umanità e della letteratura, oggi forse è più sopportabile, anche se mai del tutto razionalizzabile. È un libro, Bertgang, che parte dalla letteratura e ad essa ritorna, ma non dimentica mai, nel tragitto, che è sempre l’uomo il soggetto, e l’oggetto è la scommessa che continua a giocare con il fiato e con il sangue, nonostante la certezza dell’abisso, il fruscio di una farfalla in apparenza leggera, impalpabile, o il corpo di una ragazza che danza e procede, verso il tutto e il nulla: “immagine rimossa… ma in/ grado di ritornare per puro/ amore di dottrina! Quella/ che ci tiene lontani dalla vita…/ Dunque fedele nell’infedeltà/ perché dimenticare non vuol dire eliminare/ ciò a cui si era legati”.

            Il poema di Fontanella è classico nel linguaggio, nella cura del ritmo e delle cadenze, delle suddivisioni dei versi e dei canti, della scansione del discorso e del pensiero. La sua modernità tuttavia è legata all’urgenza sincera dell’espressione. I versi derivano da ricordi che hanno scavato a lungo,  come un fiume di lava, la psiche. E da pulsioni autentiche, possenti, incanalate dalla ragione ma ancora capaci di generare un’intensa accumulazione di immagini ed emozioni legate ai richiami del corpo ed altrettanto schietti sentimenti di dolore per l’inganno del tempo: “cancellata ogni mia follìa/ se duemila anni prima avevo con lei/ condiviso il pane, se solo a quel mitico/ passato io ora sostituivo quello personale,/ vero e magico d’infanzia, eco/ della mia presente malinconia…”.

            Un libro di non facile lettura, dunque, che impone attenzione e invita ad allargare gli spazi e gli orizzonti, inoltrandosi, metro dopo metro, sui terreni scoscesi e friabili dei sensi, fisici e psicologici. La ricompensa per l’impegno e per il rischio però è ampia: il gusto di ritrovare una scrittura consistente ed evocativa, lontana dalle mode effimere, saldamente legata a quelle radici profonde, a quella letteratura alta che, dando vita al mito, ha saputo parlare dell’uomo, dei suoi sogni e del suo cammino, sempre a metà tra inciampo e volo, fatica e danza.   

       

                                                                                                                         Ivano Mugnaini