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La morte di Empedocle – note di lettura

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Franco Di Carlo La morte di Empedocle, Edizioni Divinafollia, 2019

Molto è stato detto e scritto riguardo al recente libro di Franco Di Carlo La morte di Empedocle. Se ne occupati critici ed autori di spessore. Ne ho selezionati due, anche in virtù del loro speciale legame, professionale ma anche “empatico”, con l’autore di Genzano. Qui in calce troverete uno stralcio degli interventi dei due colleghi-amici di Franco: Cinzia Della Ciana e Giorgio Linguaglossa, con l’indicazione del link a cui potrete leggere gli articoli completi.

Nello spirito di questa rubrica, Letti sulla Luna, il cui intento è quello di indicare “oggetti terrestri” interessanti, spesso si tratta di libri, mi limiterò per quanto mi riguarda a fornire le coordinate essenziali e qualche mia impressione, da osservatore, consigliandovi di approfondire la conoscenza con i suddetti oggetti nel migliore, anzi, nell’unico modo possibile: cercandoli, e leggendoli (attività che è ancora possibile sulla terra, non è soggetta a restrizioni e, anzi, è consigliata).

“Non sono interessato alla poesia, / sono fatto di poesia e di nient’altro”, scrive Di Carlo. Ecco. Basterebbero questi due versi. Per tante cose. Una di ordine “pratico”: andare a cercare il libro e magari comprarlo. La seconda consiste nell’indicazione dell’impronta, dello stampo dei versi e dell’autore: la capacità di essere schietto, raccontandosi senza infingimenti, andando dritto all’essenza di ciò che davvero conta, i distinguo, le scelte, le condizioni innate e tuttavia rafforzate da anni di studio e dedizione assoluta e sincera.

Tertium non datur, sostenevano i latini. Invece qui un terzo elemento è concesso ed è rilevabile, ed è di natura “musicale” potremmo dire più che contenutistica (e qui Cinzia Della Ciana, poetessa legata alla musica, sarà contenta): si tratta del ritmo adottato, per volontà e/o per istinto da Di Carlo. Sintetizzando potremmo dire che si muove all’interno di una gamma di suoni, vibrazioni, assonanze e consonanze che oscillano tra classicità e modernità. O, meglio, è più esattamente, attualizzano, anche a livello di suoni, la classicità, ossia la capacità di dare peso ad ogni sillaba senza mai sovraccaricarla o renderla eccessiva, ridondante. “Gli dei camminano potenti – osserva l’autore – annunciano il barlume di una Mitica forma poetica”. Ogni scrittore e poeta, ma direi in termini più ampi ogni uomo, si sceglie un ritmo, una musica individuale. La propria colonna sonora esistenziale. E al ritmo di quella musica muove i suoi passi e fa muovere i propri pensieri, i gesti, le parole. Franco Di Carlo ha scelto una classicità attuale. Non attualizzata, è giusto specificarlo. La sua poesia è attuale perché si muove su cadenze che ricalcano la necessità della sostanza, della corporeità che si eleva alla ricerca di qualcosa che va oltre. Quell’essenza Mitica distingue l’effimero da ciò che permane. Questo aspetto è stato trattato anche da Silvia Denti nella nota introduttiva e da Andrea Matucci nella prefazione. Riguardo all’uso della rima Matucci opportunamente rileva che Di Carlo “ne libera talvolta la carica ironica nel ripetersi del distico baciato”, ma più spesso “ne sfrutta l’intensità sonora lavorando sui suoni della parola e sulle sue componenti germinative”. Leggi il seguito di questo post »

Il nuovo viaggio della Poesia – considerazioni e proposte di Alessandra Corbetta

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Pubblico qui di seguito l’articolo che mi è stato inviato da Alessandra Corbetta. Non è solo un resoconto e un diario di viaggio del Festival Europa in Versi che si è concluso alcune settimane fa.

È anche e forse soprattutto un tentativo di indicare, partendo da ciò che è stato fatto, nuove potenziali strade, anche con l’intento di svecchiare l’ambiente, togliendo un po’ di polvere, e, per citare le parole dell’autrice, di naftalina.

Io faccio da cassa di risonanza, nello spazio di questo blog, sperando magari che ne nasca un dibattito, uno spazio per confrontarsi civilmente tra chi è d’accordo con le proposte di Alessandra e chi invece le considera poco attuabili.

Lo spazio è aperto e l’argomento riguarda molti di noi, in fondo tutti: la poesia non è un lusso, è una necessità. Buona lettura e buon viaggio.

I.M.

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Il nuovo viaggio della Poesia

Da poco più di un mese si è concluso il Festival Internazionale di Poesia Europa in Versi, una manifestazione poetica che dal 2011, nella città di Como, ospita poeti da tutto il mondo per regalare momenti di alto valore culturale e per creare sinergie tra realtà differenti, accomunate dal condiviso sentire della poesia.

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L’edizione di quest’anno, La Poesia & il Viaggio, ha scelto di riprendere un topos, il Viaggio appunto, letterariamente consolidato (si pensi a quello di Ulisse o di Dante) e di coniugarlo con la situazione contemporanea in cui l’idea di peregrinazione sembra aver mutato, almeno in parte, la sua connotazione immaginifica. Il viaggio da percorso di scoperta, interiore ed esteriore, è diventato prioritariamente la via di fuga da realtà disagiate, come i telegiornali ci portano sotto gli occhi ogni giorno, e, più genericamente, da realtà di ogni sorta: l’andare via, il viaggiare come tentativo di accedere a un nuovo mondo, migliore perché altro rispetto a quello da cui si proviene, in una sovrapposizione erronea tra spazi interni ed esterni unita a un’iper-attribuzione di significato al concetto di Luogo.

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Europa in Versi è voluto ritornare, invece, nell’auspicio di essere spinta verso un futuro prossimo più consapevole e meno eterodiretto da mode e superficiali appartenenze, a una considerazione del Viaggio in virtù delle sue caratteristiche primigenie di ricerca, avventura e incontro prolifero, e lo ha fatto unendolo alla Poesia, che della ricerca, dell’avventura e dell’incontro riesce a fare, senza sforzo, il suo sostrato.

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Nella cornice di Villa Gallia poeti di prestigio nazionale e internazionale hanno fatto confluire modi diversi, non solo linguisticamente, di esprimere la poesia: accanto al tradizionale reading, infatti, il Festival ha ospitato anche un Poetry Slam con alcune delle voci più significative del panorama italiano ed estero. Questo abbinamento è diventato lo spunto per riflettere, ancora una volta, sulla valenza oggi della poesia e delle sue forme di espressione. Mi sentirei di voler mettere un punto, anche piuttosto fermo, sulla iper-citata morte della poesia; si può entrare in diatribe legate al suo di essere di nicchia invece che mainstream; dar vita a dibattiti sulla sua qualità; e si continuerà a fare comparazioni con il comporre in versi del passato, ma qualsiasi discorso fatto intorno alla poesia presuppone la sua esistenza vitale. Sarebbe più utile interrogarsi e riflettere allora sulle modalità di fruizione e trasmissione del sapere poetico: oltre alla lettura personale, imprescindibile, i momenti di condivisione poetica dovrebbero e potrebbero far propri modi operandi di altre arti; i reading, ad esempio, potrebbero essere più spesso supportati da letture attoriali, che accrescano ed esaltino il valore dei versi e le modalità di performance, che nel poetry slam fanno da padrone, potrebbero essere trasposte, in maniera opportuna, anche nella forme più tradizionali di espressione poetica. Accostamenti con musica non solo classica, ricorsi alla comicità, integrazioni tecnologiche, sguardi più attenti alla poesia di strada; tante vie si aprono davanti alla poesia di oggi. Vie che non si configurano come un abbassamento di livello ma che, anzi, sono l’estensione offerta dai tempi alla poesia.

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Abbandonare l’odore di naftalina non farà male a nessuno.

Del resto, nessun viaggio è tale se non ci toglie almeno un po’ dalle nostre zone di comfort. Europa in Versi ha insegnato questo: la poesia ha bisogno di iniziare un nuovo viaggio, un viaggio con la V maiuscola, dove la paura sia solo il sano timore avvertito prima di ogni grande cambiamento che conta.

                                                                                 Alessandra Corbetta