federico fellini

Romagna e libri

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Romagna e libri

Sabato prossimo, 22 ottobre, alle ore 17 alla biblioteca A. Baldini di Santarcangelo di Romagna Narda Fattori parlerà del mio romanzo “Lo specchio di Leonardo”.

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Sarà un piacere per me rivedere Narda, una cara amica oltre che un’ottima autrice e critica.

Sarà un piacere anche rivedere la Romagna, terra nei cui confronti provo un’antica, istintiva simpatia.

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Spero che valga lo stesso anche per lei. D’accordo, lo confesso, la Romagna non è mia (come dice la canzone) ma spero che per un giorno mi accoglierà generosa (come la Gradisca felliniana) anche se sono “un patacca” e non un facoltoso principe.

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Amici romagnoli, turisti, villeggianti e viaggiatori d’occidente, se potete e volete, sarò lieto di incontrarvi sabato 22 a Sant’Arcangelo.

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Un marziano del mondo e della parola

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Ci manca Flaiano. Manca a questi tempi incerti e confusi, in questo autunno del mondo tra crisi globali e perdite d’identità, tra opportunismi e nuove barbarie, ma manca soprattutto agli italiani, un popolo ingegnoso e disincantato, forse troppo, tanto da scambiare ancora o troppo spesso la furbizia per intelligenza.
Con la sua arguzia e la sua dissacrante ironia, Flaiano ci avrebbe confortato a suo modo dicendoci “Coraggio, il meglio è passato”, e avremmo forse ricordato a noi stessi che il meglio va immaginato e costruito e non semplicemente aspettato.
Parlare di Ennio Flaiano, sceneggiatore, scrittore, giornalista, umorista, critico cinematografico e drammaturgo, è come raccontare l’Italia e gli italiani nelle loro molteplici sfaccettature. Come un diamante la sua scrittura ha tagliato, sviscerato, sferzato e irriso i nostri vizi e le nostre virtù e lo ha fatto in nome di una fede profonda e assolutamente personale nella parola. “Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere”.

Per Flaiano la parola non è mai solo espressione sonora o grafica di un concetto, è prima di ogni altra cosa essa stessa spettacolo, commedia, tragedia, farsa, una menzogna che contiene innumerevoli verità. Rappresentazione costante e tuttavia sempre nuova e imprevedibile, allestita dalla Compagnia Quasi Stabile della Vita.

(L’articolo completo è a questo link : http://www.ivanomugnaini.it/un-marziano-del-mondo-e-della-parola/ )

LUCCA FILM FESTIVAL 2015

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Depliant Mostre Cronenberg (1)

LUCCA FILM FESTIVAL 2015
11th edition

presenta

David Cronenberg
Evolution. Lucca/Fondazione Ragghianti
Video promozionale: http://youtu.be/Q_tnWs_MT50
M.Butterfly. Lucca/Puccini Museum – Casa Natale
Red Cars. Lucca/Archivio di Stato (ex-Macelli)
Video promozionale: http://youtu.be/3KkhaEi9ByE
Chromosomes. Viareggio/GAMC Galleria Arte Moderna e Contemporanea
Video promozionale: http://youtu.be/OGE_cWKgNsw

15 febbraio – 3 maggio 2015

Comunicato Stampa

L’undicesima edizione del Lucca Film Festival, che da quest’anno si unisce al Festival Europa Cinema di Viareggio creando un evento unico in Italia, dedica un omaggio a David Cronenberg, uno dei grandi maestri del cinema contemporaneo, con una serie di eventi che animeranno le città di Lucca e Viareggio per oltre tre mesi. L’articolato programma, realizzato solo grazie al fondamentale ruolo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, inizia il 15 febbraio (fino al 3 maggio) con l’apertura di tre mostre internazionali, organizzate dal Comitato Nuovi Eventi per Lucca in collaborazione con il Festival e prodotte dal Toronto International Film Festival e da Volumina di Torino. Evolution, in anteprima italiana, creata dal Toronto International Film Festival, sarà a Lucca presso la Fondazione Ragghianti, con una speciale sezione intitolata M.Butterfly, distaccata dentro il Puccini Museum – Casa Natale. Curata da Piers Handling, direttore del Toronto International Film Festival e Noah Cowan, primo direttore artistico del TIFF Bell Lightbox, presenta oltre un centinaio di oggetti di scena, costumi, disegni, schizzi, foto e filmati mai visti. Red Cars all’Archivio di Stato (ex-Macelli), sempre a Lucca, curata da Domenico De Gaetano, direttore di Volumina, e Alessandro Romanini, è un’installazione multimediale dedicata alla Ferrari e al mondo delle corse, tratta dall’omonimo libro-oggetto del 2005, sceneggiatura per un film mai realizzato; infine Chromosomes, alla GAMC Galleria Arte Moderna e Contemporanea di Viareggio, curata ancora da Domenico De Gaetano e Alessandro Romanini con 70 fotogrammi scelti da Cronenberg tra i suoi film più famosi, ormai diventati icone dell’arte contemporanea.

Il regista canadese sarà a Lucca durante il Festival che si terrà dal 15 al 21 di marzo e parteciperà al programma di proiezioni, incontri, conferenze e concerti (dedicati alle colonne sonore dei suoi film), realizzato in collaborazione con Toronto International Film Festival e Volumina.

Il Lucca Film Festival, diretto da Nicola Borrelli, è tra gli eventi di punta delle manifestazioni organizzate e sostenute dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Per quanto riguarda le mostre dedicate a David Cronenberg, queste sono organizzate dal Comitato Nuovi Eventi per Lucca in collaborazione con il Festival con il sostegno di Banca Pictet e Société Générale.

Si avvale inoltre del supporto di Banca Generali Private Banking, Regione Toscana, Comune di Lucca, Fondazione Banca del Monte di Lucca, della collaborazione di Provincia di Lucca, Fondazione Sistema Toscana, Fondazione Giacomo Puccini e Puccini Museum – Casa Natale, Fondazione Centro Arti Visive, CG Entertainment, Photolux Festival e del patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Si ringrazia la Direzione Regionale Toscana di Trenitalia per la collaborazione.

Da questa edizione 2015 e per i prossimi 3 anni, il Lucca Film Festival organizzerà, insieme al Comune di Viareggio, anche il festival Europa Cinema, gloriosa manifestazione internazionale fondata da Federico Fellini e da Felice Laudadio nel 1984, con un programma congiunto e distribuito su entrambi i territori. L’organizzazione congiunta di un unico Festival negli stessi giorni consentirà di potenziare reciprocamente le due manifestazioni, rendere più funzionale l’organizzazione, meno rilevanti gli oneri complessivi e rendere più rilevanti e visibili i complessivi effetti culturali e l’immagine mediatica delle manifestazioni.

David Cronenberg è nato a Toronto nel 1943. Negli anni ’70 realizza alcuni film come Brood, La covata malefica (1979) e Scanners (1981), che lo impongono come uno dei maestri del cinema contemporaneo mondiale. I suoi film, da Videodrome (1982) a Inseparabili (1988), esplorano il terrore dell’uomo di fronte alla mutazione genetica dei corpi, all’infezione della carne, psicologica e fisica, e alle pulsioni distruttive della mente. Dopo il successo di Crash al Festival del Cinema di Cannes nel 1996, e di Spider (2002), affronta produzioni più impegnative come A History of Violence (2005) e La promessa dell’assassino (2007). Nel contempo, sviluppa una serie di progetti extra cinematografici, come l’opera The Fly, tratta dall’omonimo film del 1986, andata in scena a Parigi e a Los Angeles nel 2008. I suoi ultimi film, da Dangerous Method (2011) e Cosmopolis (2012), fino a Maps to the Stars del 2014, hanno ottenuto un enorme successo di pubblico e di critica.
Le mostre

EVOLUTION
Lucca/Fondazione Ragghianti

In anteprima nazionale, Lucca Film Festival presenta Evolution dedicata alla carriera del grande artista canadese, creata dal TIFF e curata dal suo direttore, Piers Handling insieme a Noah Cowan, primo direttore artistico del TIFF Bell Lightbox dove è stata inaugurata in prima mondiale nel 2013. La mostra indaga, attraverso le invenzioni di Cronenberg, possibili percorsi evolutivi dell’uomo, sia a livello psicologico che fisico: dai telepati di Scanners allo scienziato de La mosca, dal produttore televisivo di Videodrome ai medici gemelli di Inseparabili. Attraverso la presentazione di oltre un centinaio tra manufatti artistici e oggetti provenienti dai set dei film, materiali scenografici di produzione, interviste con collaboratori, spezzoni di film, filmati mai visti, rare fotografie dietro le quinte, l’esposizione segue cronologicamente lo sviluppo e la maturazione della carriera di Cronenberg come film-maker, le prime influenze del sociologo canadese Marshall McLuhan, evidenti in un film come Videodrome (1983), la sua infatuazione per il corpo umano e la tecnologia, presente in eXistenZ (1999), il suo crescente interesse per la psicologia, prendiamo A History of Violence (2005), fino ai più recenti Spider o Cosmopolis.

Tra gli oggetti in esposizione troviamo: la macchina per il teletrasporto de La mosca e la testa mostruosa indossata da Jeff Goldblum nel film; i costumi di Michael Fassbender, Keira Knightley e Viggo Mortensen in A dangerous method; l’elmetto creato dall’inquietante ditta Spectacular Optical per registrate gli effetti del programma Videodrome sulle sue vittime e le protesi indossate dall’attore James Wood nell’omonimo film. E poi il parassita capace di risvegliare gli istinti erotici sopiti degli esseri umani protagonista di Il demone sotto la pelle; gli strumenti chirurgici per intervenire sui corpi “sbagliati” di donne mutanti realizzati dal ginecologo Jeremy Irons in Inseparabili; le macchine da scrivere insettoidi e il Mugwump, la creatura aliena frutto delle allucinazioni del protagonista di Naked Lunch; le complicate protesi esterne indossate da Rosanna Arquette in Crash. Non mancherà il game pod organico e la pistola fatta di ossa e denti che compaiono nel film eXistenZ. Sarà inoltre ricostruito il modello del ristorante all’interno del quale è ambientato La promessa dell’assassino, con Viggo Mortensen e Naomi Watts.

In mostra anche poster, bozzetti, storyboard originali, fotogrammi tratti dai film e foto di scena a partire dalle prime e meno conosciute opere di Cronenberg (come Stereo, Crimes of the Future e Veloci di mestiere) fino a quelle che lo hanno reso celebre (Videodrome, La mosca, Il pasto nudo e Crash) per arrivare alle pellicole più recenti (A history of violence, La promessa dell’assassino e Cosmopolis).

Evolution è accompagnata da un prezioso Box set, in edizione numerata, con il catalogo della mostra, un dvd con il cortometraggio inedito The Nest e un ritratto lenticolare numerato e firmato da Cronenberg.

M.BUTTERFLY (sezione distaccata di Evolution)
Lucca/Puccini Museum – Casa natale

Evolution avrà una speciale sezione distaccata presso il Puccini Museum – Casa natale, con una stanza dedicata a M.Butterfly, film realizzato da Cronenberg nel 1993 e segnato da una splendida interpretazione di Jeremy Irons, che vede nella casa-museo di Giacomo Puccini la sua naturale collocazione. Agli oggetti di scena e allo spettacolare costume indossato dal personaggio di “Song Liling” durante la sua interpretazione all’Opera di Pechino in M. Butterfly, si affiancano i cimeli e i preziosi documenti autografi riguardanti Madama Butterfly che il museo conserva. Si ripropone quindi il parallelismo tra la tragica vicenda dell’opera lirica e quella del protagonista del film che Cronenberg aveva saputo creare con maestria, grazie anche al sapiente uso della musica di Giacomo Puccini.

RED CARS
Lucca/ Archivio di Stato (ex- Macelli)

Cronenberg scrisse la sceneggiatura dal titolo Red Cars, dopo aver girato Crash (1996) con l’intenzione di farne un film. Prodotto dalla Warner Bros, con Mel Gibson come protagonista, non fu mai realizzato. Nel 2005, il progetto cinematografico viene presentato come libro d’artista, edito da Volumina, alla Mostra del Cinema di Venezia e nel 2008, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, come installazione multimediale. Il volume contiene la sceneggiatura completa che racconta la storia, ambientata nel 1961, della rivalità tra i due piloti di Formula Uno, l’americano Phil Hill e il tedesco Wolfgang Von Trips. In realtà è un omaggio a uno dei bolidi entrati nella leggenda dell’automobilismo, la Ferrari 156 F1, soprannominata “Sharknose” per il caratteristico muso a forma di squalo, che entrambi i piloti guidano. Meticolosamente progettato per rappresentare il corpo e il motore di una macchina, raccoglie anche rare fotografie storiche tratte dall’archivio Ferrari, ritratti dei protagonisti, spaccati tecnici di motori, tracciati dei circuiti e fotografie dei dettagli, tutto confezionato con un design grafico basato sulle riviste automobilistiche degli anni ’60.
All’Archivio di Stato di Lucca, Red Cars è visibile nella sua forma di installazione multimediale, curata da Domenico De Gaetano e Alessandro Romanini. La storia di Hill e Von Trips è raccontata attraverso immagini, parole e video con un’atmosfera che evoca suggestioni tratte dall’abstrac painting e dalla pop art. Sarà possibile acquistare il libro oggetto Red Cars, vero e proprio oggetto d’arte, impreziosito da un modellino della Ferrari, esclusivamente prodotto per l’occasione dalla Brumm.

CHROMOSOMES
Viareggio/ GAMC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea

Chromosomes sarà a Viareggio alla GAMC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea. Creata da Volumina, ha segnato il debutto internazionale di David Cronenberg in qualità di “puro artista”. In mostra, curata qui da Domenico De Gaetano e Alessandro Romanini, si trovano 70 fotogrammi scelti dal regista tra i suoi film più famosi come La mosca, Videodrome, Inseparabili, Spider e La promessa dell’assassino.
I fotogrammi, catturati nei laboratori del Centro Sperimentale di Cinematografia, sono stati elaborati digitalmente dal team grafico di Volumina sotto la supervisione di Cronenberg e stampati su tela pittorica con una modalità innovativa, per dar loro una nuova vita oltre lo schermo. L’intenzione è di allontanare il più possibile quelle immagini dalla loro origine cinematografica.
Alcuni fotogrammi sono icone riconoscibili del suo cinema che non smettono di stupire: la testa che esplode, il braccio mutante con la pistola, gli arcani strumenti ginecologici, la cabina per il teletrasporto o la mano che sfiora sensualmente la carrozzeria di un’automobile. Altri invece appartengono all’immaginario visivo più personale del regista o ai differenti temi della mostra: la relazione tra corpo e tecnologia, cinema e arte, natura e modificazioni genetiche, videogioco e scienza. L’esposizione è completata da una video installazione per due monitor con le sequenze dei suoi film più famosi.
Per Chromosomes è stato realizzato un catalogo con interventi di personalità del mondo della cultura e della scienza sulla poetica di Cronenberg, come il compositore Howard Shore, lo scrittore William Gibson, il genetista Marcello Buiatti, il designer Giorgetto Giuagiaro, il curatore e critico d’arte Hans Ulrich Obrist, l’attore Viggo Mortensen ed altri ancora.

EVOLUTION e RED CARS
EVOLUTION Lucca/Fondazione Ragghianti
via San Micheletto, 3 – tel. + 39 0583 467205 – info@fondazioneragghianti.it
RED CARS Lucca/ Spazio Espositivo Archivio di Stato (ex- Macelli)
Via Pubblici Macelli, 155
Orario: dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19 per entrambe le mostre – martedì chiuso
Costo biglietto: biglietto unico Evolution e Red Cars: intero € 7,00 – ridotto € 5,00
Acquistabile anche su http://www.luccafilmfestival.it

M.BUTTERFLY
Lucca/Puccini Museum – Casa Natale
Corte San Lorenzo, 8 – tel. +39 0583 584028 – info@puccinimuseum.it
Orario: fino al 30 marzo dalle 10 alle 13, venerdi dalle 10 alle 16, sabato e domenica dalle 10 alle 18. Martedì chiuso
Nella settimana del festival apertura 10/18. Martedì chiuso
Dal 1° aprile dalle 10 alle 18, sabato e domenica dalle 10 alle 19. Sempre aperto
Costo biglietto: € 3,00 con biglietto unico Evolution e Red Cars

CHROMOSOMES
Viareggio/ GAMC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “L.Viani”
Palazzo delle muse, Piazza Giuseppe Mazzini – tel. +39 0584 581118– gamc@comune.viareggio.lu.it
Orario: dal martedì alla domenica dalle 15.30 alle 19.30 – lunedì chiuso
Costo biglietto: € 4,00 con biglietto unico Evolution e Red Cars

Hanno diritto alla riduzione di Evolution/Red Cars (under 18, over 65, gruppi di 10 persone, studenti universitari, possessori biglietto Puccini Museum, possessori biglietto GAMC, possessori abbonamento giornaliero o completo del festival, chi arriva in treno a Lucca con un biglietto o un abbonamento Trenitalia acquistato nel periodo delle mostre e possessori smart card Trenitalia, possessori di un biglietto del cinema acquistato nel periodo delle mostre presso i cinema Centrale, Eden, Goldoni di Viareggio, il cinema comunale di Pietrasanta, i cinema Astra, Moderno e Centrale di Lucca e i cinema Arsenale e Lanteri di Pisa, tesserati circolo del cinema di Lucca, tesserati Cineforum Ezechiele, tesserati circoli del cinema Cinit e circoli del cinema Uicc).
Hanno diritto agli omaggi per tutte le strutture (under 6 anni, accompagnatori di disabili, giornalisti esibendo tessera, guide gruppi)

Info:
Lucca Film Festival – via delle Tagliate II°, traversa I°, n 64 55100 Lucca –  segreteria.lff@gmail.com. http://www.luccafilmfestival.it ;

Ufficio Stampa Lucca Film Festival
Davis & Franceschini – Lea Codognato/Caterina Briganti – tel. + 39 055/2347273
info@davisefranceschini.ithttp://www.davisefranceschini.it
PS Comunicazione di Antonio Pirozzi – + 39 339/5238132

Relazioni esterne Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
Marcello Petrozziello tel. + 39 0583 472627 – + 39 340 6550425 – comunicazione@fondazionecarilucca.it

PASOLINI TRA FAME DI VITA E ARCHETIPI DI LUOGHI

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La terza tappa della rubrica VIAGGIO AL CENTRO DELL’AUTORE approda sull’idroscalo di Ostia, dove, quasi quarant’anni fa, trovò la morte uno degli artisti italiani più complessi ed eclettici. Questo excursus prova a seguire passo dopo passo il suo percorso in alcuni dei luoghi che hanno segnato profondamente il suo vissuto personale e professionale.

Viaggio rubrica Dedalus

Pasolini tra fame di vita e archetipi di luoghi

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In principio era Pasolini, Pier Paolo Pasolini, poi divenne pasoliniano. Un pò come Fellini è, ineluttabilmente, felliniano.
L’aggettivazione toglie o aggiunge connotati identitari all’autore? Pasolini il cui pensiero si è spinto a guardare oltre l’immanente si muove su dicotomie proprie esclusivamente del suo tempo oppure ancor oggi valide e attuali? In questi tempi frenetici in cui si twitta e si tagga è facile ridurre la complessità di una persona ad un aggettivo. E’ il caso però di chiedersi se e come Pasolini diventò pasoliniano.
Un tentativo di risposta può essere fornito proprio dall’accostamento con Fellini, per analogia e per contrasto. Entrambi hanno rappresentato il proprio tempo, gli anni in cui l’Italia ha provato a scrollarsi di dosso secoli di miseria culturale e di soggezione a censure, condizionamenti, frustrazioni camuffate da sani e canonici principi. Sia Pasolini che Fellini utilizzano, seppure in modo molto diverso, le armi del pensiero divergente, onirico, e la forza dirompente del sesso, inteso come impulso liberatorio, propedeutico alla conoscenza, mai come mero voyeurismo o surrogato della pornografia. Un mutamento di portata epocale non poteva tuttavia non avere conseguenze, anche e soprattutto a livello psicologico. Fellini si protegge rivestendo le radici della propria terra, geografica e mentale, con l’alone di una visione onirica, un film nel film, pellicola nella pellicola in grado di tramutare un posto in un luogo della memoria e del sogno, al di là di ogni connotazione spaziale e temporale. Pasolini, sul fronte opposto, rende i luoghi così netti, scabri, scavati nei contorni, sottolineati mille volte nella loro dimensione primigenia fino al punto in cui, seppure per vie diversissime, giunge anche lui allo straniamento, alla dissoluzione delle variabili reali e ineluttabilmente mutevoli, le assi della cronologia e della topografia.

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I luoghi diventano topos, siti della mente, coordinate del pensiero. Diventano posti che si sottraggono a qualsiasi connotazione concreta, qualsiasi realtà. Vengono inglobati e assimilati nella categoria specifica dei “luoghi pasoliniani”. Luoghi dove la vita brucia come le giornate d’estate. Tra borgate e marane si accendono attimi scarni d’esistenza e lo sguardo del poeta vaga e indaga alla ricerca di quella purezza e forza genuina delle cose, privando i luoghi di ogni monumentalità, di ogni cifra stilistica, attraversando, con la mente e con il cuore, il degrado delle periferie, delle borgate, gli spazi vuoti della campagna desolata e improduttiva, paradigma di autenticità amara.
Pasolini, per coerenza filosofica e ideologica, per rivalsa contro il mondo, forse anche per un impulso a metà tra eroismo e autolesionismo, guarda nell’abisso, lo scruta, e, ineluttabilmente, ne viene attratto.
Il poeta subisce il conflitto tra i residui di una cultura borghese e cattolica assimilata suo malgrado e la volontà di negarla, ristrutturando il suo orizzonte, il mondo artistico e umano che vive. Per questo desiderio di azzeramento e riscrittura, Pasolini sceglie come specchio oscuro e icona ideale il rudere, la casa fatiscente, gli spazi inurbani non raggiunti dal cemento della città. E’ questa la scabra essenza in cui Pasolini fa muovere i suoi personaggi e i suoi racconti. Scriveva Pasolini: “Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l’erba, la gioventù. L’amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile.
Come finirà tutto ciò? Lo ignoro.

MOSTRE: DA FONTANA A BAJ, GLI IRRIPETIBILI ANNI '60
E ancora:
“Sono scandaloso. Lo sono nella misura in cui tendo una corda, anzi un cordone ombelicale, tra il sacro e il profano”.
Sacro e profano, passato e presente, realtà e sovrastrutture. Sono questi gli estremi tra cui si muove il Pasolini uomo e artista. Se Fellini ha trasformato la sua Rimini in un fondale della memoria e Roma in un set per un film che dichiara costantemente la sua natura fittizia, Pasolini sceglie il tragitto contrario: toglie il velo di retorica, fa a pezzi i dépliant turistici e i cliché creati ad hoc dalla sottocultura dominante, dalle Pro Loco e dagli enti locali e statali che promuovono il moderno come progresso e l’asfalto come via privilegiata del benessere.
Pasolini percorre con la macchina da scrivere e la cinepresa l’Italia e il mondo. Bologna, città colta ma ancora soggetta a compromessi e miserie di stampo “paesano”. Il Friuli contadino, Casarsa, paese natale della madre, Susanna Colussi, così crudo e chiuso, duro di pettegolezzi che annientano tutto ciò che è “diverso”. Terra di solitudine che spinge alla fuga. Matera, città di pietra, così simile ai luoghi della crocifissione, al Golgota sempre presente della miseria vera, spietata, disumanante. Spazio per una verità che vive ogni giorno la dimensione del dolore, l’essenza quasi preistorica che sembra perduta, eppure esiste, ai margini di tutto, perfino della possibilità di concepirla, di immaginarla come esistente.
Il mondo poi, i viaggi in compagnia di Moravia, della Maraini, della Callas, per abbinare la cultura all’asprezza della verità. Lo Yemen, l’Africa, il fascino di un’arte fatta di terra e fango, costruzioni mirabili nella cruda nudità del deserto. L’arte nel silenzio e nello spazio assoluto della riflessione. Al ritorno da ogni viaggio, Roma, la città “madre”. Mamma Roma, così diversa dal suo figlio, così distante eppure imprescindibile. La città che gli dona la gloria e il pane, ma anche, con un patto non scritto ma chiarissimo per tutte le parti in causa, la morte. Quella effettiva, sulla spiaggia di Ostia, in un sudario fatto di granelli di sabbia. Scenario crudelmente reale e allo stesso tempo del tutto simbolico. Metafora di sangue. La Roma di Pasolini è quella delle borgate, degli accattoni, dei personaggi che vivono sul filo di un rasoio affilato. Gente con un fascino atavico e fatale: una fonte inesauribile di inchiostro e di immagini dotate di una crudele, poeticissima fame. Così diversa e così uguale alla sua. Pasolini se ne ciba, se ne sazia, sapendo che si tratta di sostanze estranee al suo corpo, qualcosa di lontano dalla sua natura colta e in fondo aristocratica, nonostante tutto, a dispetto di ogni scelta e volontà. Un avvelenamento deliberato e sistematico, non per rendersi immune, ma, semmai, sperando di morirne in modo adeguato, diventando ciò che ha raccontato, la sostanza delle proprie parole e delle proprie inquadrature.
Per colmare il divario tra la dimensione effettiva e il proprio ideale, Pasolini, come detto, tende a riportare i luoghi della sua esistenza alla dimensione originaria, scevra da tutto ciò che li ha tramutati e standardizzati, resi moderni nell’accezione più becera. Per Pasolini l’artista deve, attraverso la sua opera, custodire e proteggere un paesaggio culturale. In questa prospettiva, il paesaggio non è solo ambiente geografico e naturale, ma anche e soprattutto ambiente storico e umano: un territorio stratificato nel tempo, che è insieme universo linguistico, identità di luoghi, e patrimonio d’immagini artistiche che questo ambiente trasmette. Ciò spiega perché, in un frammento d’autoritratto en poète, Pasolini veda se stesso come una “forza del passato”:

Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro sulla Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopo storia,
cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,
dall’orlo estremo di qualche età
sepolta. (B, I, 619)

Il primo intreccio tematico che si presenta all’attenzione del giovane Pasolini, filologo e poeta, è il legame tra paesaggio, memoria e lingua. La lingua, nella sua pluralità di tradizioni e di volti, esprime una realtà molto più ricca e multiforme rispetto a quella del territorio “ufficiale” di un paese. Pasolini lo scopre con il dialetto friulano, da lui utilizzato per la sua prima raccolta di versi, le Poesie a Casarsa (1942), poi ampliato come La meglio gioventù, (1954). Casarsa, il paese materno, è una “intatta provincia dell’atlante neolatino”: un atlante, dunque, non tanto geografico quanto soprattutto storico e linguistico.

…Ciasarsa
– coma i pras di rosada –
di timp antic a trima.

(…Casarsa
– come i prati di rugiada –
trema di tempo antico.) (B, I, 17)

Imparare a usare il dialetto come “strumento di ricerca” implica un passaggio preliminare: imparare il dialetto. Ciò è significativo, se si tiene presente che il friulano non era normalmente parlato dalla madre di Pasolini: la media borghesia, infatti, si esprimeva in veneto. Il friulano di Casarsa, invece, è una lingua materna, poiché arcaica, contadina, una sorta di mistero pre-istorico: di qui l’idea di un percorso a ritroso “lungo i gradi dell’essere”. Il dialetto, per Pasolini, coltissimo scrittore dotato di un italiano nitido e ricco, diventa un paradossale quanto significativo atto di riscoperta ma anche di ribellione, quasi un atto di disobbedienza civile. La realtà che Pasolini decide di rappresentare ha anch’essa un volto poeticamente provocatorio. Un primo gesto di coscienza politica.
In opposizione agli spazi scabri del Friuli, il ricordo di Bologna, gli anni della formazione e della lettura, gli anni in cui assimila bellezza e scrittura, portici magnifici e libri fondamentali: “Il Portico della Morte è il più bel ricordo di Bologna. Mi ricorda l”Idiota’ di Dostoevskij, mi ricorda il ‘Macbeth’ di Shakespeare, i primi libri. A quindici anni ho cominciato a comprare lì i miei primi libri, ed è stato bellissimo, perché non si legge mai più, in tutta la vita, con la gioia con cui si leggeva allora”. E’ ironico, comunque, notare, in questo frammento autobiografico, un’ironia amara nei nomi: perfino negli anni in cui il poeta respira serenità, la Morte, da quel Portico, sembra inviargli un monito, un appuntamento per un futuro prossimo.
Roma, dunque, il terzo grande polo dell’esistenza di Pasolini. Il luogo che gli fece conoscere il cinema di Renoir e Clair, che gli consentì di avvicinarsi all’arte di Giotto e Masaccio e di avviare fondamentali esperienze letterarie come la rivista “Officina”.
Il mondo di Pasolini diventa Roma. Anche qui, il primo approccio è un approccio linguistico. L’ingresso nella lingua è una lettura creativa del reale, un’operazione determinante per inquadrare e “fotografare” un luogo e il suo paesaggio socio-culturale. E il romanesco affonda nella vita delle borgate, esattamente come il friulano saliva dalla vita del mondo contadino. Ma per Pasolini Roma è, in sé, l’icona del linguaggio delle cose. È la vitalità urlata dei ragazzi di vita; è la grandezza del passato che convive con la miseria delle periferie sottoproletarie; è la città del cinema, della cultura, dello squallore; del potere temporale e di un “Gesù corrotto nei salotti vaticani”, una città papalina e atea, insieme nel tempo e fuori del tempo.

Con una tecnica che è già cinematografica, Pasolini realizza lunghe carrellate storico-geografiche sull’Italia, che gli permettono la “continua, attentissima resa di una serie di quadri di paesaggio”. Qui però torna, ineludibile, la domanda da cui siamo partiti: si tratta di quadri realistici o astratti, in qualche modo filosofici? La seconda opzione prevale, alla luce di quanto si è detto e osservato in questa breve escursione sulle tracce di uno dei più complessi e irrequieti artisti italiani del Novecento. Pasolini, nei suoi libri e nei suoi film, ritrae sempre il suo paesaggio interiore, l’idea del mondo che avrebbe voluto, che amava, e che lo inorridiva, ma che sentiva essere la sola fonte di autenticità a cui attingere. A costo di annegare nel pozzo delle verità scomode e taglienti come i coltelli e le urla e le vitalissime pazzie dei ragazzi di strada. Pasolini diventa se stesso nel momento esatto in cui si nega, nega ciò che davvero era. Si accosta al contrario di sé, copula con il lato opposto della sua natura intrinseca, per esprimere ciò che concepiva come la sola arte degna di tale nome: quella scabra, giottesca, lontana da qualsiasi elaborazione inessenziale.
Il paradosso, è che in questa sua ricerca di un’Italia come era, come autenticamente fu in un passato distante e incontaminato, ha finito per parlare con un’accuratezza documentaria di un’Italia attuale, di una parte del paese che si tendeva e in fondo si tende a nascondere, a ignorare, rimuovendola dalla coscienza e dai manifesti pubblicitari.
L’Italia “pasoliniana”, cruda, essenziale, così vicina alla dimensione primigenia, ha fatto intravedere, per contrasto, come in una fotografia sovraesposta, ciò che realmente esiste, al di là dei confini della rispettabile patina accattivante cara ai turisti.
Pasolini ha avuto in sorte il compito di narrare una dimensione tanto pura e ideale, così connotata secondo il suo modo di vedere e di pensare, da poter apparire incorporea, astratta, filosofica. Eppure, alla fine, il suo mondo primigenio, sognato, creato, recuperato, mondato da ogni orpello, ha fatto apparire appena dietro l’orizzonte delle palazzine una realtà più vera del vero, forte e disperata come la sua sete e la sua fame di vita. Quella stessa vita, che, guardata dritta negli occhi, lo ha condotto ad una morte, che è stata ed è, emblematicamente, assolutamente reale e tuttavia già mitica, avvolta in mistero di urla e silenzi, risa e ghigni ottusi e crudeli. Tanto vera da sembra immaginaria. Assolutamente “pasoliniana”.
Ivano Mugnaini