Michelangelo

“Il lume della follia”, domande e annotazioni

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Pubblico qui di seguito alcune domande a Prisco De Vivo riguardo alla sua attività letteraria ed artistica, con riferimento specifico al suo libro di recente pubblicazione “Il lume della follia”. IM

  1. Nella tua ultima raccolta di poesie, dal titolo “Il lume della follia”, in un verso reciti: “le cose del mondo che ti limitavi a tenere nascosto”. È la rappresentazione di un dolore vissuto?

Sì, rappresenta un doloroso vissuto di una persona a me cara, mio zio Gaetano, fratello di mia madre vissuto in manicomio; si è consumato nel silenzio e nell’ombra dell’indifferenza, di aspri egoismi e cattiverie.

  • Vorrei approfondire il tuo sguardo in materia di oscurità. Qual è la tua vertigine di solitudine?

La mia vertigine di solitudine, come tu la chiami, ha a che fare con il disincanto attraversando l’inciampo e la caduta, con lo stesso umore ho raggiunto quell’uscita dall’incombente oscurità. Tutto è dettato solo dall’amore verso gli altri e dalla chiarità delle proprie azioni.

  • Qual è il lato luminoso della follia?

Il lato luminoso della follia è rappresentato dalla genuinità di essere veraci, persone senza filtri fino al disgusto. La verità è nuda e ruvida, per niente estetica e per niente accattivante. Ebbene, questo è anche il perno principale di questa mia ultima raccolta di poesie dall’ossimorico titolo: “Il lume della follia”; testo viscerale e pulsante come un corpo nevralgico; un corpo scoperto coi suoi tendini, i suoi nervi e il suo sangue messo in luce.  

  • Riconosco che sei un uomo di fede, quanto è importante per te “la fede”?

In sintesi, “la fede” è davvero determinante. Dovrebbe essere fondamentale per ogni uomo. Ma, denoto che la questione religiosa, nel nostro attuale tempo, è del tutto secondaria. La mia esperienza di conversione al credo cristiano mi ha portato ad analizzare diversi aspetti della mia vita; a tendere, con vera autocoscienza, verso la redenzione ed a sopprimere l’inutilità di un vissuto speso verso la perdita e l’inconcludenza.

  • Può mai esserci una barriera alla banalità del male?

Credo che questa barriera non verrà abbattuta fin quando il seme dell’odio è fra gli uomini; ramifichi ed irrobustisca le sue radici verso il dissenso e la gratuità della violenza.

A tal proposito, Simon Weill diceva semplicemente: “Nessuno ha amore più grande di colui che sa rispettare la libertà dell’altro”. Eppure, tutto questo per l’uomo non dovrebbe essere così difficile e faticoso.

  • Secondo te, l’arte come la poesia è ricerca di perfezione e consapevolezza? Oppure, è solo una totale uscita dalle proprie insicurezze?

L’arte e la poesia migliorano profondamente l’essere umano. Ma, se vogliamo, la bellezza è custodita in ognuno di noi.

A tal proposito, vorrei citare George Bernard Shaw che quando si ritrovò ad osservare le opere di poesia di Michelangelo e le pitture della Cappella Sistina esclamò: “Si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima”.  

  • Quella sacralità del dolore che ritrovo nella tua ultima opera, sei sempre riuscito a riconoscerla?

Sì, sono riuscito a riconoscerla fin dall’adolescenza. In una mia vecchia lirica, dal titolo “Nel corpo della sofferenza”, parlai di un viaggio autobiografico nella profondità del proprio dolore; quel dolore che è visibile nella salvezza cristiana, quel “corpus doloris” che porta ad accettare il peso della croce ed a portarla con amore ed umiltà.

  • Ogni rumore ed ogni suono, in poesia, sono quasi solenni. Volevo capire, quando tu scrivi o dipingi hai bisogno della musica o del totale silenzio?

Sicuramente il suono ha una sua solennità. Se pensiamo, ad esempio, a “Barche amarrate”, dai “canti orfici” di Dino Campana in cui egli esprime fino in fondo la poesia farsi suono, quasi come se fosse uno spartito.

Per quanto riguarda la musica, sì, quando dipingo ascolto maggiormente da Bach a Bartok. Ma, devo anche confessarti una cosa che ci sono alcune canzoni che ascolto di rado, come: “L’oceano di silenzio” di Franco Battiato e “C’è tempo” di Ivano Fossati, oppure “Martha” di Tom Waits. Sono testi che scuotono il mio essere, mi lasciano naufrago in un dirupo di ricordi e di emozioni. Ma, penso che ciò accade a tutte le figure sensibili.

Ivano Mugnaini

Lo specchio, il doppio, le maschere

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Trascrivo qui di seguito il saggio di Marco Righetti sul tema dello specchio, del doppio e delle maschere, ispirato dalla lettura del mio romanzo “Lo specchio di Leonardo”.

È stato pubblicato originariamente su Poetarum Silva, a questo link: https://poetarumsilva.com/2016/07/19/lo-specchio-il-doppio-le-maschere-di-marco-righetti/ .

Merita una lettura, a mio avviso, nonostante sia piuttosto lungo e corposo, per l’ampiezza e l’accuratezza del lavoro e per la ricchezza e la varietà delle citazioni e dei riferimenti intertestuali, letterari ed artistici.

Grazie a Marco, ad Anna Maria Curci per l’ attento e prezioso lavoro di editing svolto sul testo, e a Poetarum Silva per l’ospitalità.

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Lo specchio, il doppio, le maschere, saggio breve di Marco Righetti sul romanzo Lo specchio di Leonardo di Ivano Mugnaini.

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 Lo spunto iniziale del romanzo è nato da un film-documentario, uno dei tanti dedicati a Leonardo da Vinci, alle sue scoperte, al suo inesauribile talento. Veniva mostrato Leonardo alle prese con gli specchi da lui studiati a lungo per scopi scientifici e militari. Mi sono interrogato, in quell’istante, sul rapporto del genio con la sua immagine. Ho provato ad immaginare il divario tra ciò che appariva al mondo, la sua eclatante gloria e la scintillante fama, e ciò che di intimo sentiva dentro di sé, nella sua interiorità autentica. Ho pensato al contrasto tra i suoi veri desideri e ciò che era costretto a realizzare in qualità di persona soggetta alle ambizioni dei potenti del suo tempo, signori, notabili, politicanti e ricchi mecenati. Non ultimo, ho pensato al contrasto tra il bianco e il nero, il buio e la luce, il bene e la malvagità che anche Leonardo, come ogni altro uomo, ospitava dentro di sé: il lato in ombra, i chiaroscuri e i contrasti più laceranti forzatamente nascosti per motivi di opportunità e per mantenere vivo il suo prestigio.
Ho pensato cosa avrebbe fatto Leonardo se si fosse trovato, per qualche accadimento favorevole, ad essere finalmente libero di agire secondo le sue più profonde e sincere inclinazioni. Come si sarebbe comportato, quali rivalse avrebbe cercato, quali piaceri e quali verità, anche nell’ambito più delicato e significativo, l’amore.
L’accadimento favorevole è l’incontro casuale con un suo sosia, una persona identica a lui per l’aspetto fisico ma diversissima come carattere, inclinazioni, modo di vedere e di pensare.
L’incontro inatteso con il suo “doppio”, Manrico, un copista ottuso e acuto, ingenuo e profondo, gli dà la possibilità di progettare per sé la più complessa delle opere, la vita, un’esistenza diversa, autentica. Leonardo decide di affidare al sosia il ruolo del genio saggio, conscio, adatto al ruolo e al mondo, per poter fuggire da sé dedicandosi finalmente alla scoperta della vera follia, le passioni, il sesso, la sincerità, il bene e il male. Il percorso di trasformazione è ritmato dai quadri più significativi di Leonardo, lasciati volutamente incompiuti oppure abbandonati per eccesso di coinvolgimento, un dialogo mai concluso, un dubbio mai risolto.
L’affresco de La Battaglia di Anghiari, innanzitutto, dipinto a fianco del rivale, Michelangelo, e lasciato a metà nel momento in cui, anche grazie a Manrico, scopre il senso reale di quella celebrazione di un massacro che gli era stata commissionata dal partito al potere.
Ma soprattutto il gesto del sosia, un atto di passione, anche schiettamente sessuale, fornirà la soluzione, e insieme un ulteriore elemento di dubbio, al quadro più amato e odiato, La Gioconda. Dopo una serie di prove e avventure in cui, ancora una volta, la montagna più alta da scalare si rivela la verità, la fedeltà nei confronti delle proprie idee e convinzioni, Leonardo si avvicina al proprio doppio, per poi distaccarsene, e alla fine avvicinarsi ancora, sentendo una beffarda, dolorosa affinità. A Manrico Leonardo rivela i suoi ricordi più oscuri e tormentati, le violenze, le colpe, i peccati, i torti commessi e subiti, gli attimi in cui è stato vittima e carnefice. A fianco di ogni passo, ogni svolta del sentiero, c’è la lotta per la comprensione di ciò che davvero conta: la bellezza, la dignità umana, il mistero del tempo, della bontà, dell’amore. Lo scontro vitale più aspro è quello tra la complessità e la linearità, i dettagli e la prospettiva, gli incontri e le memorie essenziali: uomini e donne conosciuti per caso e traditi per una vita intera, o il ricordo della madre, fonte per lui di un conflitto mai risolto.
Alla fine tuttavia il nodo da sciogliere, il vero resoconto, è quello con se stesso e con il proprio alter ego: nell’istante in cui Manrico lo tradisce, facendolo accusare di un grave crimine, Leonardo acquisisce paradossalmente la forza e la chiarezza della visione d’insieme, e riesce finalmente a trovare la chiave che risolve il mistero, tramutandolo in un’immagine speculare che si riflette e si moltiplica generando nuove forme, nuova vita.”

Questa la densa, ammiccante, affabulante nota dell’autore, a corredo del suo romanzo. Il sorprendente, polisemico testo del Mugnaini fa subito piazza pulita di qualunque anche eventuale somiglianza a plot di facile accatto costruiti sul personaggio Leonardo, e mi riferisco anzitutto al popolarissimo e storicamente inattendibile Codice Da Vinci.
Lo specchio di Leonardo è un romanzo che non fa leva sulla tendenza mainstream a decomporre ed alterare la realtà storica in nome di ciò che il lettore si vuol sentir dire. Ciò non toglie che, dall’Anonimo Gaddiano, prima biografia nota di Leonardo, ai recenti Da Vinci’s Demons (nota serie televisiva statunitense che abilmente mescola elementi storici con altri fantastici), e Da Vinci innamorato, finzione teatrale del drammaturgo argentino Lázaro Droznes, la riflessione letteraria sul genio toscano e mondiale sia perenne fonte di interesse presso il pubblico. Il non-finito è insomma non solo quanto emerge dalla visione dei quadri leonardeschi, è piuttosto la stessa vita di Leonardo ad essere non-finita e a nutrire di curiosità il nostro stesso sentire davanti all’uomo Leonardo, alla sua interiorità, al suo mondo.

 

(il saggio completo è a questo link : http://www.ivanomugnaini.it/lo-specchio-il-doppio-le-maschere/ )