moderno

Dopo il moderno

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Qui di seguito alcune notizie riguardanti il libro “Giuseppe Pedota
Dopo il moderno
Saggi sulla poesia contemporanea

A cura di Giorgio Linguaglossa

Edizioni CFR, 2012, pagg. 120, € 13,00

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Ho qui raccolto gli appunti critici di Giuseppe Pedota, composti dal 2005 al 2010, che dovevano far parte del rilancio della seconda serie della rivista «Poiesis» (che poi non vide mai la luce). Questi scritti postumi ci guidano, come con una torcia tascabile, dentro le antinomie e le ambiguità delle poetiche del Dopo il Moderno, che costituisce la categoria centrale con la quale il critico inquadra la poesia contemporanea. Pur nella forma del «frammento», ritengo questi scritti di capitale importanza per l’intelligenza delle questioni oggi connesse alla poesia. Un brillante diagramma dell’«attualità dell’anacronismo»: una analisi della poesia di Gellu Naum, Kikuo Takano, Enis Batur, Vito Riviello, Leopoldo Attolico, Franco Marcoaldi, Giovanni Giudici, Franco Fortini, Carlo Betocchi, Angelo Maria Ripellino, Giovanni Giudici, Helle Busacca, Aldo Nove, Patrizia Valduga, Elio Pecora, Elio Pagliarani, Luciano Erba, Luigi Manzi, Cesare Viviani, Dante Maffìa, Giorgio Linguaglossa, Roberto Bertoldo. Introduce il fondamentale saggio «la scomparsa dell’interlocutore» sulla poetica di Osip Mandel’štam e Wystan Auden. Completa il libro il saggio «la vocabologia post-sacrale della poesia del Dopo il Moderno» sulla poesia di Giovanna Sicari, Maria Rosaria Madonna, Maria Marchesi, Laura Canciani, Chiara Moimas, Giorgia Stecher ed il saggio «c’è una crisi della Ragione poetica?» sulla poesia di Umberto Piersanti, Eugenio De Signoribus, Biancamaria Frabotta, Valerio Magrelli, Giampiero Neri, Antonio Riccardi, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis.

Giorgio Linguaglossa

Giuseppe Pedota (Genzano di Lucania 1933-2010), esordisce negli anni Sessanta come pittore e scultore, frequenta Borges e Dino Buzzati. È un artista inquieto e anticonformista. Nel 1995 entra nella redazione del quadrimestrale di letteratura «Poiesis» che conta tra i suoi redattori Giorgio Linguaglossa, Lisa Stace, Maria Rosaria Madonna, Dante Maffìa e Laura Canciani con i quali redige e firma sul n. 7 della rivista nel 1995, il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica». Nel 1996 pubblica Equazione dell’infinito e, nel 1999, I vincoli dello spazio. Sul numero 22 di «Poiesis» appaiono gli inediti di Lucania lucis e, nel 2005, il numero speciale 32 di «Poiesis» raccoglie le sue poesie. È del 2007 il saggio La nuova poesia ontologica di Giorgio Linguaglossa.

Sommario

DOPO IL MODERNO? 5
a proposito del paradigma maggioritario 11
il problema della «rappresentazione poetica»
Gellu Naum, Kikuo Takano, Enis Batur 15
la scomparsa dell’interlocutore 20
Osip Mandel’stam, Wystan Auden
la vocabologia post-sacrale della poesia del Dopo il Moderno 25
Giovanna Sicari, Maria Rosaria Madonna, Maria Marchesi, Laura Canciani, Chiara Moimas, Giorgia Stecher
DOPO IL MODERNO 31
l’attualità dell’anacronismo 31
Vito Riviello, Leopoldo Attolico, Franco Marcoaldi, Giovanni Giudici, Franco Fortini, Carlo Betocchi, Angelo Maria Ripellino, Giovanni Giudici, Giorgia Stecher, Helle Busacca, Aldo Nove, Patrizia Valduga, Elio Pecora, Elio Pagliarani, Luciano Erba, Luigi Manzi, Cesare Viviani, Dante Maffìa, Giorgio Linguaglossa, Roberto Bertoldo
CRISI DEL MODELLO PROPOSIZIONALE DEL DISCORSO POETICO 76
quale linguaggio poetico? 76
Roberto Bertoldo, Maria Marchesi, Maria Rosaria Madonna, Laura Canciani
c’è una crisi della Ragione poetica? 90
Umberto Piersanti, Eugenio De Signoribus, Biancamaria Frabotta, Valerio Magrelli, Giampiero Neri, Antonio Riccardi, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis
LA POESIA DI DANTE MAFFIA 99
Sulla poesia in dialetto di Dante Maffìa 112
Sommario 117

BERTGANG – FANTASIA ONIRICA

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Bertgang – Fantasia Onirica di Luigi Fontanella, Moretti & Vitali, Bergamo, 2012 

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Inizia ex abrupto, Bertgang, con una precisa, puntuale, ineludibile indicazione cronologica: “Nella breve ora degli spiriti”. Il primo accordo appare una sommessa, elegiaca descrizione della fuggevolezza dell’essere. Non solo l’ora appartiene ad entità incorporee ma è essa stessa breve, di effimera durata. Ma, immediatamente dopo, nel verso successivo, il tempo si fa azione, diviene evento, nel frangente in cui veniamo a sapere che, in quell’ora fragile “una giovane ragazza uscì di casa”. In maniera direttamente proporzionale, con altrettanta forza ed energia, fisica e logica, l’inconsistenza viene contrastata dalla sostanza, dal vigore della vitalità, anzi, della vita. Il tempo è moribondo, vecchio, corto, ma si concede, e ci concede, di percepire comunque con i sensi la bellezza e la gioventù. Tra questi due estremi si disputa l’incontro, la gara, il braccio di ferro tra l’autore ed il suo poema, tra il lettore e la propria necessità di trovarsi uno spazio personale, escludendo la possibilità di porsi come puro e semplice osservatore, accettando il privilegio e l’azzardo di seguire passo passo l’autore e la fascinosa fanciulla nel loro tragitto tra realtà e fantasia, tra la vita e quella dimensione più sfumata che la mente genera per poi cercarne l’annientamento.

            “La graziosa farfalla” evocata da Fontanella si colloca sul confine labile tra l’esistenza concreta e una dimensione ulteriore, altra. Messaggera dell’Ade, ha il compito di avvertire gli spiriti che è giunto il momento di tornare nell’Oltretomba. Richiama a sé, con inevitabile zelo, anche il personaggio femminile protagonista del poema di Fontanella e di una delle fonti che lo ha ispirato, Gradiva – Fantasia pompeiana, di Wilhelm Jensen.

     Il lavoro letterario di Fontanella si muove lungo direttrici complesse e varie. Tra richiami letterari, fedelmente e accuratamente assimilati per poi riforgiarli sulla base di dati percettivi e psicologici del tutto personali, basati su sogni ed incontri autonomi, scanditi dalla propria vicenda e dalla propria esperienza umana e di scrittura. Il sottotitolo del libro, Fantasia onirica, si ricollega al testo di Jensen, ma con una distinzione di rilievo: quella sottolineatura ulteriore, apparentemente iterativa o addirittura ridondante, quell’accento posto sulla natura onirica dell’esperienza fantastica descritta. La precisazione assume una funzione ben precisa: se la fantasia è pura irrealtà, il livello onirico, al contrario, ha bisogno dell’uomo, della sua esclusiva e specifica capacità di tramutare, con l’atto misterioso e vitale costituito dal sogno, la realtà in immaginazione.

Anche la collocazione spazio-temporale in cui hanno luogo le vicende parallele del modello letterario e mitologico e di quello rivissuto dall’autore ha un ruolo determinante, diventa attrice dell’azione e della riflessione psicologica e filosofica che essa stessa genera. La città di Pompei ha avuto un destino assolutamente unico, talmente atipico da diventare emblematico. Il centro abitato ingoiato in poche ore dal fuoco e dalle ceneri è stato consegnato all’eternità, permanendo vivo e presente in tal modo, identico a se stesso, cristallizzato, più di qualunque altra città. Sospeso tra morte e vita, paradosso del tempo divenuto monumento e memento imperituro, tale luogo ospita, nei testi letterari che rappresentano le radici del lavoro di Fontanella e nella sua attuale e personale rivisitazione, la fanciulla che procede, effimera e stabile, lieve e carnale, soggetta al capriccio di una farfalla.

Come in alcuni lavori fondamentali di Fontanella, sia in versi che in prosa, è il tempo che gioca con gli uomini. Ma l’autore ha un senso troppo vivido e spiccato della vita, della carnalità, della tenacia della ricerca del senso e della sensualità, per limitarsi a dare ai suoi lavori un gusto unicamente elegiaco, una resa incondizionata alla caducità. Non è una caso probabilmente che, come avveniva al protagonista del romanzo Controfigura, l’azione che accompagna in modo spontaneo, connaturato, l’atto del pensare, del riflettere e del sognare, sia il moto, il passo, l’esplorazione del mondo, interiore ed esterno, attraverso il cammino. Il nome della protagonista di questo poema, Gradiva, significa “colei che avanza”. Ossia, colei che procede, fisicamente, non solo a livello onirico, da un luogo ad un altro, da una dimensione a quella adiacente, da un momento a quello successivo. Non è un caso allora, forse, neppure la scoperta della reale identità che si cela dietro il “fantasma”: la ragazza amata dal Norbert di Jensen, Zoe Bertgang. Zoe, ossia, inequivocabilmente, vita. E, in quella vita tanto più maliosa quanto più soggetta ad ali crudeli, ci sono anche tutte le figure femminili presenti nei libri di Fontanella, creature sanguigne ed eteree, fatte di sangue e di parole, tanto più fascinose quanto più capaci di richiamare l’apparente impalpabilità della pagina scritta, il racconto, il verso che evoca un microcosmo, il mito che restituisce alla verità l’ambiguo sorriso che la rende umana ed eterna, limpida e indecifrabile.

            Bertgang è un libro complesso, multiforme. Nel volume sono presenti tre analisi critiche, puntali ed attente, quella di Giancarlo Pontiggia, quella di Carla Stroppa e quella di Paolo Lagazzi. Offrono molti spunti di riflessione ed aiutano a far luce sul volume in sé e sul denso reticolo di relazioni intertestuali che racchiude. Il poema di Fontanella è, dunque, un esperimento letterario, un modo, come l’autore stesso annota, per dare voce al “rovello interiore” che si portava dietro da tempo. L’esperimento ha avuto luogo nelle condizioni giuste: ossia nell’ambiente ideale e nei tempi consoni. Il ritorno di Fontanella alla poesia, dopo appassionate escursioni sul terreno della prosa, è avvenuto sulla base di una vicenda che conteneva in nuce gli elementi più cari all’autore. In primo luogo quella commistione fertile e intrigante tra vita e letteratura che Fontanella vive sulla propria pelle ancor prima di utilizzarla nell’ambito della sua produzione letteraria. Ragionamento quindi, unito alla passione, all’attrazione per l’incanto della bellezza e della seduzione femminile. Il tutto filtrato dalla coscienza del tempo, dalla cognizione del dolore che ne deriva, senza tuttavia cedere alla tentazione del silenzio o alla celebrazione del cupio dissolvi. L’incontro con Gradiva, quindi, datato nel tempo ma rinnovato giorno per giorno, è riemerso nella psiche e nella memoria di Fontanella al momento opportuno, in una fase della sua attività di scrittore e poeta in cui la dimensione filosofica del sentire e del dire si sposa all’attrazione per la vitalità senza stemperarne la forza ma contribuendo a plasmarla con nitidezza, cogliendo i chiaroscuri, i riflessi, le ombre sulle pareti dipinte di rosso pompeiano. Su quella Casa del Fauno che continua a danzare, ma sa anche seguire, con gli occhi e con il  corpo, l’avanzare nella mente e sul selciato di Gradiva, fragile e invincibile, effimera ed eterna.

            Bertgang è un libro che ci parla della vita e della morte, di quella loro compresenza ingombrante in una psiche che, anche grazie a Freud, al suo amore per la forza autenticamente salvifica dell’umanità e della letteratura, oggi forse è più sopportabile, anche se mai del tutto razionalizzabile. È un libro, Bertgang, che parte dalla letteratura e ad essa ritorna, ma non dimentica mai, nel tragitto, che è sempre l’uomo il soggetto, e l’oggetto è la scommessa che continua a giocare con il fiato e con il sangue, nonostante la certezza dell’abisso, il fruscio di una farfalla in apparenza leggera, impalpabile, o il corpo di una ragazza che danza e procede, verso il tutto e il nulla: “immagine rimossa… ma in/ grado di ritornare per puro/ amore di dottrina! Quella/ che ci tiene lontani dalla vita…/ Dunque fedele nell’infedeltà/ perché dimenticare non vuol dire eliminare/ ciò a cui si era legati”.

            Il poema di Fontanella è classico nel linguaggio, nella cura del ritmo e delle cadenze, delle suddivisioni dei versi e dei canti, della scansione del discorso e del pensiero. La sua modernità tuttavia è legata all’urgenza sincera dell’espressione. I versi derivano da ricordi che hanno scavato a lungo,  come un fiume di lava, la psiche. E da pulsioni autentiche, possenti, incanalate dalla ragione ma ancora capaci di generare un’intensa accumulazione di immagini ed emozioni legate ai richiami del corpo ed altrettanto schietti sentimenti di dolore per l’inganno del tempo: “cancellata ogni mia follìa/ se duemila anni prima avevo con lei/ condiviso il pane, se solo a quel mitico/ passato io ora sostituivo quello personale,/ vero e magico d’infanzia, eco/ della mia presente malinconia…”.

            Un libro di non facile lettura, dunque, che impone attenzione e invita ad allargare gli spazi e gli orizzonti, inoltrandosi, metro dopo metro, sui terreni scoscesi e friabili dei sensi, fisici e psicologici. La ricompensa per l’impegno e per il rischio però è ampia: il gusto di ritrovare una scrittura consistente ed evocativa, lontana dalle mode effimere, saldamente legata a quelle radici profonde, a quella letteratura alta che, dando vita al mito, ha saputo parlare dell’uomo, dei suoi sogni e del suo cammino, sempre a metà tra inciampo e volo, fatica e danza.   

       

                                                                                                                         Ivano Mugnaini