Sardegna

Profumo di elicriso

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Edizioni Divina Follia
Bergamo 2017

pp. 150
prezzo: € 15,00

 

Se è vero, come è vero, che un autore affida al titolo le chiavi d’ingresso della sua opera e del suo mondo, o almeno gli indizi per quella caccia al tesoro ininterrotta tra il significato e il significante, tra la metafora e l’interpretazione, non si può ignorare la scelta di Anna Moro di dare al proprio libro il nome di un fiore, aggiungendo inoltre un sottotitolo, “Come il colore del sole”, che non solo spiega il nome stesso, ma estende il discorso, aggiungendo una sfumatura, rendendo la prosa spontaneamente lirica.
Non ci sarebbe niente di strano in tutto questo se il suddetto libro contenesse la descrizione di sereni idilli campestri o le vicende di arcadiche e gioviali comunità rurali. In realtà nel paesino della Barbagia che fa da sfondo ai fatti narrati ha avuto luogo “una faida durata dieci anni. La vita di quella comunità è sconvolta, i morti sono tredici, l’ultimo dei quali è stato ucciso per essere stato testimone involontario di un omicidio e aver denunciato il bandito ai carabinieri”. Dal punto di vista cronologico, il romanzo si colloca in “una società di fine Ottocento caratterizzata da odio, vendette e omicidi”. Fin qui i dati di fatto, succintamente riassunti dagli stralci della quarta di copertina qui sopra riportati. Sarebbe stato più facile per l’autrice basarsi sul nocciolo duro, e aspro, della storia e chiamare il libro “La tredicesima vittima”, oppure “Una lunga scia di sangue”, un titolo del genere, insomma, di quelli che attraggono i cultori del poliziesco, del noir, del thriller e via dicendo. La scelta invece ha preso una direzione diversa, dettata al tempo stesso dalla memoria e dal cuore. Anna Moro ha voluto porre l’accento su quel colore giallo acceso che, ad un certo momento, vedi apparire in una landa brulla in apparenza ostile alla vita. Ha voluto dirsi, e dirci, che si sono fiori che, come la ginestra leopardiana, crescono alle pendici dei vulcani, sfidando il fuoco e l’aridità del terreno.
L’autrice ha scritto questo libro per rendere omaggio al ricordo di un suo parente, ultima vittima della sequenza di omicidi a cui si è fatto cenno. Ha voluto testimoniare il senso della sua vicenda esistenziale, il suo essere un momento di svolta tra il buio della violenza e quell’oro del sole che ancora splende, su tutto, nonostante tutto.
Il tono che l’autrice ha adottato, per scelta o per istinto, grazie alla sua indole naturale incline all’armonia, è determinante, conferisce alle pagine del racconto un sapore e una consistenza del tutto specifici e riconoscibili, come il profumo di un fiore appunto, che, in modo immediato, proustianamente, richiama alla mente memorie, sensazioni e il sapore di un’epoca e di una terra speciale, diversa dalle altre ma accomunata dalla ricerca di bellezza e di verità.

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Profumo di elicriso – stralci della prefazione

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Pubblico qui alcuni stralci della mia nota ad un libro di recente uscita di Anna Moro edito da Edizioni Divinafollia. Una lettura adatta a chiunque voglia riscoprire il gusto di una narrazione di stampo “classico” ma non priva di richiami alla modernità e a sentimenti che restano attuali, vividi e necessari. 

Il romanzo contiene una passione forte ma lucida, adeguata alla descrizione dei tempi e della società descritti, la Sardegna di alcuni decenni fa. Come l’autrice stessa ha dichiarato, Profumo di elicriso è stato scritto per conservare la memoria di un episodio realmente accaduto a un suo bisnonno, ultima vittima di una lunga faida, ucciso per la sua sete di giustizia e di legalità quasi mai presenti in quello scorcio di secolo in Sardegna.

La narrazione nasce dunque da una motivazione personale fortissima. Ma riesce ad andare oltre, assumendo, senza forzature, senza vane pretese didattiche e senza tirate morali, un valore più ampio, universale, evidenziando tramite gesti e sentimenti autentici, l’eterno contrasto tra la bassezza e la volontà di elevarsi, tra la violenza e l’aspirazione ad un’esistenza più umana e armonica.

Profumo di elicriso regala, anzi restituisce il gusto di una scrittura sobria ma non sterile e vuota, priva di acrobazie sintattiche e lessicali, numeri da circo ed effetti sbalorditivi, ma mai aliena all’emozione del racconto, la volontà e la necessità dell’affabulazione, qui ulteriormente accentuata dalla profonda motivazione personale, il desiderio di tener vivo il ricordo di un parente che è diventato simbolo della sete di pace e di giustizia di una famiglia. 

Il tono è sobrio, controllato, come se un narratore onnisciente osservasse con disincanto i propri simili, in una sorta di coro, una coscienza collettiva tipica dei piccoli centri a qualunque latitudine. Ma a tratti lo sguardo si apre in un guizzo o in un sorriso, breve, fulmineo, ma in grado di illustrare con efficacia la crudeltà e la solidarietà, la disperazione e la tenacia, la miseria contrapposta alla grandezza dell’animo.

 Alla pubblicazione del libro ho contributo in parte anch’io tramite la lettura, l’editing e la prefazione.

Chi volesse inviarmi in lettura manoscritti inediti di narrativa e poesia, o libri già editi, mi scriva a ivanomugnaini@gmail.com

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