Resistenza

25 Aprile 1945 – 25 Aprile 2017

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Panta rei. Tutto scorre. Ma perfino l’acqua, l’acqua vera, ha una sua memoria incancellabile.

PANTA REI

racconto di Ivano Mugnaini

Dulce et decorum est pro patria mori. Noia e studio, lingue morte e vive, anni di scuola, la testa immobile sui libri, placidamente perduto, sconvolto ma tutto sommato al sicuro, ed ora, là fuori, la morte bussa ed io non so che fare. 
     Loro sono e restano granitici, imperterriti. Sanno come agire, cosa pensare e cosa non pensare. Manganellate, fucilazioni, rastrellamenti, petto in fuori, una mano fiera sui testicoli, uno sguardo gelido e avanti, un’altra risatina e via al bar a farsi una briscola e a scolarsi un grappino. E io qui a rimuginare frasi in una lingua morta e a riflettere sull’etica della violenza. Cazzate! Li ho visti, giù alla curva davanti alla vecchia miniera. Li ho visti con i miei occhi fucilare sei ragazzi di vent’anni. La colpa? Avere un’idea. Il grave per loro non era che l’idea fosse opposta, contraria, ma che esistesse, che avesse forma, corpo, pensiero. Il sole spietato d’agosto e l’odore del sangue. Li ho visti. Li ho ancora nella mente. Un attimo scolpito nelle braccia, nella fronte, nelle costole.
     Avrei dovuto essere là anch’io, indossare la camicia di quei ragazzi trucidati e macchiarla anche con il mio sangue.  Io che non amo far male neppure ad una zanzara per esistere ora devo uccidere o essere ucciso. Il gioco della vita è questo: ora, per vivere, devo morire. Morire o cercare il mutamento che può ridarmi la vita attraverso la morte. La loro.

Ho una donna. Quando poso la testa sul suo seno e le mie mani scivolano sulla pelle liscia delle sue cosce non c’è guerra, la vita non odora più di morte. C’è solo il profumo di lei, il suo sudore caldo, la saliva, la linfa.
     “Se muori fai morire anche me. Non andare”, mi ha detto.
     Forse ha ragione. Non vale la pena morire per questo paese. Le ingiustizie cambieranno colore un giorno, ma io resterò straniero, escluso, al di là del fossato e della rete di recinzione. Che duri finché deve durare. Niente è eterno.  Anche l’Impero Romano sembrava infinito, poi, un giorno, si è sgretolato, sfarinato, disciolto come neve al sole.  Passeranno anche loro. Non darò la mia vita per questa patria. La mia patria sono io. E’ lei la mia patria, Monica, l’amore, l’affetto sincero.

Morire per un mondo come questo? No. Anche il mio, ne sono certo, non è perfetto, non è ideale. Ma è mio. E’ diverso, lontano dal loro. Troppo lontano. Qui, in questo posto non farei mai nascere un figlio. Dargli la vita qui, hic et nunc, sarebbe qualcosa di più crudele di una beffa mortale.
     Una beffa. Come questa pioggia, l’acqua che prende a cadere, ironica e tenace, proprio ora che avevo in progetto di uscire per respirare un po’ d’aria e un po’ di sole. Resto qui invece, davanti a questa finestra spalancata a bagnarmi la faccia e i capelli, ad annegare i pensieri e a salvarli uno ad uno su sponde salde di sorrisi. Penso alle settimane, ai mesi interi in cui l’afa ha dominato incontrastata. Assorbe la carne l’afa, risucchia le energie, la volontà. Beve e risputa sull’asfalto infuocato perfino la speranza. Pensi che sarà sempre così, arrivi a concludere che è tutto assurdamente necessario: è così e non può essere diverso da così. Poi, un pomeriggio come tanti, un granello di polvere si fa più scuro e un altro accanto a lui si colora, muta, respira.
     Mi sbaglio. Adesso lo so. So che la logica che custodisco dentro come uno zelante carcieriere è peggiore della follia.  Ne ha diritto. Il figlio che sogno un giorno deve avere una possibilità. Devo offrirgliela. Quello che appare impossibile deve poter provare a mutare di segno, deve poter scommettere di esistere in modo diverso. Devo lasciare spazio a mio figlio, spazio e tempo, anche di sbagliare, di fare i suoi errori, ma in un mondo libero, che magari, tra dieci o cent’anni, saprà fare equo, vivibile, solidale.
     Giù al fiume c’è un ponte. La vita si agita, incalza, cerca di scorrere, di scivolare in avanti, anela al panta rei. Loro lo bloccano, fanno da argine all’espandersi del mondo nuovo, allo straripare dei partigiani nella pianura, verso Reggio Emilia. Da giorni decine di ragazzi provano a forzare il ponte ma è tutto inutile. E’ imprendibile, l’unico risultato finora è una lunga catena di morti falciati dalla mitragliatrice.

Noi siamo gli studenti, quelli che masticano latino e greco, quelli che stanno nei bar a cazzeggiare, a parlare di filosofia, di Bakunin, di Lenin, di Trotskij, quelli che non hanno mai preso una vanga né un fucile in mano. Siamo quelli che durante le battaglie stanno nascosti in cantina a sussurrare sogni di rivoluzione timidi e ciechi come pipistrelli.  Siamo quelli che si riempiono i polmoni di parole grosse ma sussurrate sottovoce come in chiesa. Quelli che tremano al pensiero di esser visti, denunciati, interrogati e presi a bastonate nelle costole e sulla testa. Siamo sempre e solo noi, i perditempo.
     Sono andato al bar oggi, dai vagabondi come me. Ho parlato della mia donna e di mio figlio. Quello che non ho.  Quello che non ha me, quello che un giorno nascerà dal mio sangue, quello che forse avrà solo la sostanza di una chimera. Ho parlato della mia donna e di mio figlio ai compagni. Oggi facciamo una chiacchierata diversa, noi smidollati. La andiamo a fare all’aperto, davanti al fiume. Ci siamo guardati ed abbiamo deciso, piangendo, ridendo, urlando per una volta, tutti insieme. Insieme, per una volta, tutti quanti.

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Un fucile ce l’abbiamo, una moschetto, una doppietta, va bene qualsiasi cosa. Un’idea, ecco ciò di cui abbiamo bisogno. Un’idea valida. Nascosti nell’erba alta col fiato trattenuto cerchiamo un’escamotage. Farci massacrare subito servirebbe a poco. Uno di noi deve andare là disarmato e distrarli, deve lasciare agli altri tempo e modo per aggredirli a sorpresa. Giorgio parla tedesco, suo nonno era austriaco e lo ha ospitato per mesi su nel Tirolo. Andrà lui.  Si rifiuta però. Propone di far scegliere la sorte. Nessuno vuole andare, tutti dicono di voler agire, tutti dicono di voler sparare. In realtà ciò che vogliamo davvero è scamparla: sappiamo bene che chi sale sul ponte disarmato durante il conflitto a fuoco sarà spacciato, è già, fin dal primo momento, un morto che cammina. Decido di andare io. Anch’io parlo un po’ di tedesco in fondo.

Percorro i primi metri con le gambe leggere, inconsistenti. Sento solo un martellare insistente all’altezza degli zigomi. Il resto del corpo è aereo, impalpabile, è come se se vedessi e sentissi me stesso camminare al mio fianco.  Cerco di far comparire sulla faccia qualcosa di simile a un sorriso e mi avvicino ai soldati di guardia. Chiedo la più banale delle informazioni, la strada più breve per arrivare ad un paese vicino. Facciamo qualche metro insieme, poi, nel momento in cui mi voltano le spalle, prendo a correre a perdifiato verso la postazione della mitragliatrice. Il fattore sorpresa mi concede istanti preziosi. Corro ad occhi semichiusi. I colori si confondono con i suoni e gli odori.  Tutto si ingantisce e si fa vivido, il mondo per qualche passo è dentro di me, ne colgo il mistero, la chiave, la direzione. Fino al momento in cui il primo sparo mi lacera i vestiti e la carne, un taglio netto, profondo, un dolore che afferra le gambe e le trattiene. Il sangue cola lento e denso sul fianco. Posso ancora muovermi però, ne ho ancora la forza. Sono a pochi metri dalla mitragliatrice, schivo una raffica buttandomi a terra e mi scaglio addosso al soldato che mi spara contro. Lo immobilizzo con un abbraccio disperato quindi estraggo il coltello e glielo affondo nel petto fino all’ultimo centimetro. Solo adesso riesco a guardarlo. E’ un ragazzo della mia età. Il suo sguardo di terrore esterrefatto è fisso nella mia testa. Chiude gli occhi lentamente, divorato dalla morte. Li chiudo anch’io, serrati dal sudore, dalla paura, dal frastuono degli spari, dal desiderio di quiete. Sotto di me l’acciaio fumante della mitragliatrice e il corpo del ragazzo, le gambe e le braccia in una posa grottesca, un Cristo in croce di qualche pittore minore, una figura sospesa nell’estasi tragica di una macabro presepe.
     Rimango fermo, abbracciato alla morte finchè non si spegne l’eco dell’ultimo degli spari. Rialzo la testa di qualche palmo, in tempo per vedere le braccia dei compagni levate al cielo, in tempo per sentire urla di gioia che attraversano i campi e le strade. Il ponte è libero. E’ nostro. La prima volontà, l’istinto immediato, è quello di distruggerlo. Pensiero tanto assurdo quanto prepotente. Prevale presto la ragione, la consapevolezza che è un bene prezioso, da proteggere ad ogni costo. Un paio di settimane dopo, dal nostro ponte, transitano le truppe alleate. E noi con loro, fino in fondo, fino alla sponda più estrema, verso la città, verso la gente.
     L’acqua scorre, ora. La vedo ancora rossa di sangue, il loro e quello dei compagni. Ma si muove, è libera, vola verso il mare. E’ valsa la pena. L’acqua potrà tornare limpida, tornerà a vivere.

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Dall’acqua scorre il tempo, l’avvenire. Il cielo è caldo adesso, nei polsi e nel petto c’è il tepore di un respiro che abbraccia l’orizzonte degli anni. Riapro gli occhi. La playstation di mio nipote spara sibili elettronici come una mitragliatrice. Vorrei raccontargli la mia storia, vorrei dirgli di quei giorni, dei boschi, delle montagne, della paura, del coraggio, delle attese. Vorrei dirgli tutto, ma forse faccio bene a tacere. Non è stata un videogame la mia vita, è stata sangue e fremito al cuore, stretta violenta di realtà. Non capirebbe. Riderebbe sarcastico per qualche attimo, si farebbe una sbuffata e accenderebbe lo stereo.
     Apro la finestra e ascolto il suono dell’aria. C’è ancora il profumo e il ritmo della pioggia. Piove ancora, come quel pomeriggio lontano della mia gioventù, la stessa acqua, la stessa musica sulla terra e nella carne, la stessa forza, la stessa speranza. La vità è uguale, nel profondo, identica a se stessa. Anche oggi i ponti della libertà sono occupati e presidiati. Da loro. Gli stessi, a ben vedere. L’oppressore muta divisa ma non gli occhi, non le braccia, le astuzie, le trappole. Anche mio nipote, con la sua playstation eternamente in funzione, con il suo videofonino sempre in mano, deve correre sopra un ponte a petto nudo contro piombo e fuoco, contro assurdità e ingiustizia.
     Posso raccontarglielo. Sì. Posso rivivere con lui la mia storia, la storia di un uomo. Posso aiutarlo a correre. A correre anche per me. Anzi, posso fare di più. So parlare la sua lingua, se voglio. So parlare anche la loro, quella del nemico, dell’oppressore. Insieme, io e mio nipote, possiamo fregarli. E’ ancora possibile, correre, vivere, respirare, mettere a tacere la loro mitragliatrice, acciaio di falsità e ipocrisie non meno micidiale del piombo reale. Sì, è ancora possibile. Altra acqua, libera davvero, può aprire la strada alla primavera.

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e come potevamo noi cantare ?

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Il Consiglio di Zona 2
in collaborazione con
ANPI Crescenzago
presentano

“Casa della Poesia” al Trotter

mercoledi 24 Aprile 2013

Auditorium ex Chiesetta

“E COME POTEVAMO NOI CANTARE?”

1^ parte – dalle ore 18.00 alle ore 19.30
Lettura scenica
di lettere di martiri della libertà e di poesie di

Paul Eluard, Alfonso Gatto, Teresio Olivelli,
Salvatore Quasimodo, Sergio Solmi, David Maria Turoldo
interpretate da:
Alessia, Aurora, Camilla, Carla, Christian, Cristian, Daniela,
Emma Evelyn, Gioele, Giorgia, Giorgio, Judith, Kimberley, Marco, Simone
Scuola Media “CASA DEL SOLE”

2^ parte – dalle ore 20.00

“Libertà vo cercando”
i Malapizzica
in concerto:
I Canti della Resistenza
e
“Li canti de l’autra vita”
La poesia salentina di Giuseppe De Dominicis
Recital di
Rocco Garrapa e Cosimo Angiano

Introduce Michelangelo Coviello

Chiusura ore 23.00 circa

ingresso libero

Giusi Busceti
Associazione Culturale
“Casa della Poesia”
al Parco Trotter, Via Giacosa, 46
20127 Milano

Resistenza

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Circolo Fratelli Rosselli

Resistenza

Rapsodia per voci recitanti, coro e banda

su melodie popolari della resistenza

e lettere dei partigiani condannati a morte

riduzione per canto e pianoforte

di Giovanni Del Vecchio

introduce

Valdo Spini

Presidente della Fondazione Circolo Rosselli

Mercoledì 24 aprile 2013, ore 20.30

sala del Buonumore Conservatorio di Musica “Luigi Cherubini”, Piazza delle Belle Arti 2 –Firenze

Si tratta dell’esecuzione della versione cameristica (per voci recitanti, coro, 2 trombe, trombone, 2 clarinetti e pianoforte) del lavoro “Resistenza” scritto da Giovanni Del Vecchio utilizzando melodie di canti partigiani e lettere dei condannati a morte della Resistenza.

Caro nonno, una delle prime frasi che ho imparato a leggere, non appena ne sono stato capace, è l’epigrafe sulla tua tomba: Ciro Del Vecchio, ucciso per mano tedesca il 9 luglio 1944….

E’ importante tenere viva la memoria di tutti i Partigiani che col sacrificio della loro vita hanno permesso all’Italia di liberarsi dal nazifascismo e di costruire la democrazia; anche il Conservatorio di Firenze può dare un proprio importante contributo affinché tale memoria non vada dispersa, permettendo l’esecuzione di un lavoro musicale rivolto sia al pubblico che agli studenti stessi del Conservatorio.

Esecutori: Coro della Società Filarmonica Pisana (40 elementi); Luca Pieraccini e Tiziano Puntoni, trombe; Guido Gemignani, trombone; Gregorio Del Vecchio e Tatiana Noce, clarinetti; Pianista e direttore: Giovanni Del Vecchio.

ingresso libero

Esistenze e resistenze

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LETTERATURA NECESSARIA – ESISTENZE E RESISTENZE

AZIONE N° 15

Martedì 22 Maggio ore 18.00

Mood Libri & Caffè
Via Cesare Battisti 3/e
TORINO

con

Jacopo Ninni, Silvia Rosa, Max Ponte
Salvatore Sblando, Tiziano Fratus,
Ada Gomez Serito, Ivan Fassio & Diego Razza

presentazione del progetto e introduzione
Enzo Campi


LETTERATURA NECESSARIA – ESISTENZE E RESISTENZE

Per una co-abitazione delle distanze:
Letteratura Necessaria – Esistenze e Resistenze
In un’epoca dove ritornano a galla sempre più prepotentemente l’urgenza e il bisogno di rispolverare e ridefinire i concetti di comunità e condivisione, nasce il progetto di aggregazione letteraria LETTERATURA NECESSARIA – ESISTENZE E RESISTENZE.
Lo scopo del progetto è essenzialmente quello di far CIRCOLARE i libri e le cosiddette “risorse umane” creando dei momenti di aggregazione, scambio e confronto che possano abbattere qualsiasi tipo di divisione ideologica, editoriale, di mercato, ecc., mettendo in comunicazione tra loro diverse e svariate realtà che operano nel settore o che sono impegnate in tal senso.
In parole povere si tratta di costituire una serie di poli geografici di riferimento disseminati lungo tutto l’arco del territorio nazionale. Ogni polo avrà un referente che si occuperà dell’organizzazione in loco e con il quale concordare gli autori (locali e nazionali) da coinvolgere e le modalità di realizzazione dell’evento.
Il progetto è diviso in varie fasi; ad una prima fase quasi esclusivamente performativa seguirà una seconda fase dove gli autori – per rendere ulteriormente “concreto” il concetto di aggregazione – verranno chiamati a leggere e presentare criticamente altri autori.
Visto che il progetto intende caratterizzarsi come un qualcosa di itinerante e ad ampio respiro si cercherà di organizzare e rendere fattiva una terza fase in cui gli autori che intendono contribuire alla realizzazione del progetto ma che si trovano territorialmente distanti e/o impossibilitati a partecipare direttamente agli eventi, potranno rendersi presenti anche nella loro assenza attraverso contributi fonici e visivi.
La quarta fase del progetto prevede la realizzazione di uno o due volumi antologici “comunitari” con contributi letterari e critici di diverse decine di autori che collaborano all’iniziativa. Nella fattispecie, ogni autore antologizzato si impegnerà a realizzare un evento nella propria città e, attraverso le risorse individuate dalla rete, inviterà autori territorialmente vicini a partecipare all’evento. Durante questi eventi, oltre a “spacciare” i contenuti del progetto e l’antologia cosiddetta comunitaria, gli autori coinvolti potranno eventualmente presentare le loro opere e eventualmente altri autori.
Quello che conta qui è una vera e propria “messa al lavoro” della letteratura. Semplificando e riducendo, si potrebbe dire che se le “esistenze” sono riconducibili ai libri, in quanto oggetti fisici, le “resistenze” rappresentano le “azioni” di quei “soggetti” fisici che producono i libri. Aggiungendo una sola caratterizzazione: il fatto di ostinarsi, per esempio, a produrre e a “spacciare” poesia, oggi come oggi, deve essere considerato come un vero e proprio “atto politico”. In tal senso ogni azione di questo tipo viene a rivestirsi di un plusvalore sociale. “Letteratura necessaria” è un progetto che vuole rendersi pratico, concreto e tangibile. Qui si tratta di far sì che la necessità di mettersi in gioco in prima persona diventi l’aspetto preponderante della diffusione della letteratura come atto corporeo, politico e aggregativo. L’idea di fondo è quella di ovviare alla sempre più imperante DISPERSIONE che caratterizza, in negativo, l’attuale panorama letterario nazionale e di creare una sorta di rete che permetta la costituzione e la ripetizione di eventi (“marchiati” e catalogati progressivamente in “azioni”) collegati tra loro ove far interagire realtà letterarie e realtà editoriali, in un regime non competitivo, ma collaborativo.
“Letteratura necessaria”, beninteso, non vuole essere un movimento tematico, ma pluritematico, volto a certificare la propria “esistenza” e a diffondere una sorta di “resistenza”. Resistenza a chi e a cosa? A tutto ciò che è privazione, restrizione, negazione, omologazione, ghettizzazione, a tutto ciò che lede i propri diritti, che ripropone gli stessi, triti e ritriti canoni letterari. In poche parole il progetto, almeno in fase concettuale, nasce “in costruzione” e crescerà sempre “in costruzione”, assorbendo e consolidando, di volta in volta, necessità, urgenze, tematiche e facendosi portavoce di messaggi che possano rientrare nei concetti di necessarietà, esistenza e resistenza.
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Finora, tra Bologna, Milano, Parma, Reggio Emilia, Roma, Capua (CE), Sasso Marconi (BO), Mantova, Verona sono state realizzate 14 azioni live che hanno coinvolto : Marco Giovenale, Mariangela Guàtteri, Ranieri Teti, Alessandro Assiri, Francesco Marotta, Enrico De Lea, Jacopo Ninni, Agnese Leo, Dina Basso, Nadia Agustoni, Giorgio Bonacini, Ermanno Guantini, Silvia Molesini, Patrizia Dughero, Nina Maroccolo, Alessandra Cava, Anna Maria Curci, Cristina Annino, Vincenzo Bagnoli, Loredana Magazzeni, Luca Ariano, Viola Amarelli, Lucia Pinto, Marco Bini, Alessia D’Errigo, Annamaria Ferramosca, Ada Gomez Serito, Lorenzo Mari, Anila Resuli, Carmine De Falco, Simonetta Bumbi & Orlando Andreucci, Stefania Crozzoletti, Antonella Taravella, Silvia Rosa, Roberto Ranieri, Marinella Polidori, Luca Artioli, Michele Mari, Sergio Pasquandrea, Marco Palasciano, Daniele Ventre, Gianluca Corbellini, Valentina Gaglione, Enea Roversi, Martina Campi & Mario Sboarina, Valentina Gaglione, Fernando Della Posta, Vittorio Tovoli, Francesca Del Moro, Meth Sambiase, Patrizia Rampazzo, Marco Ruini, Claudio Bedocchi.
Le attività proseguiranno a maggio con altre 3 azioni: Milano, Verona e Bologna. Sono in fase di costruzione altre azioni tra Marche, Veneto, Emilia Romagna e Lombardia.
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Pagina del gruppo su facebook
http://www.facebook.com/groups/179852888755635/
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LIBERAZIONE – oggi

Postato il

festa
d’aprile
22·29
2012
ore 12,3
0, Soms del Cristo, corso Acqui 15
8
Apertura della settimana di Festa d’Aprile
(67° anniversario della Liberazione) con pranzo solidale
22
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P
R
I
LE
ore 14-19, Palestra Enaip, piazza Santa Maria di Castello 7/r
1° Torneo di Ping Pong (individuale)
1° Torneo di Biliardino (a coppie)
“Trofeo 25 Aprile” a cura di U.S. Acli
27
AP
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I
LE
ore 15-19, Anpi, via Verona 17
Torneo di Scacchi “Tattica e strategia di Resistenza”
a cura Circolo Scacchistico Alessandrino
28
AP
R
I
LE
ore 9,3
0-19, Palazzo dello Sport
Torneo di Pallavolo “Martiri della Libertà”
a cura di Uisp
29
A
P
R
I
LE
ore 10-13 • 14,30-20, Palazzo Ghilini, Sala del Consiglio Provinciale
Inquietudini e speranze della scena contemporanea
una giornata con il regista Roberto Faenza, convegno a cura di Isral e Falsopiano Edizioni
23
A
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I
LE
Cinema Ambra
Musica e parole per la Liberazione
ore 21,3
0: Carlo Pestelli. Canti della Resistenza
ore 22,30: Gianluigi Trovesi-Gianni Coscia, Altre radici
ore 24,00: Brindisi della Liberazione
24
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P
R
I
LE
ore 9-12 ad Alessandria
Celebrazione ufficiale del 25 aprile
ore
8,45 partenza dalla stazione di Alessandria
Resistere pedalare resistere: sui luoghi della banda Tom
a cura di Gliamicidellebici Fiab
dalle ore 14,3
0, Campo sportivo “Carlo Cattaneo”
Trofeo “Martiri della Libertà”
Torneo di calcio a cura di Uisp
25
A
PRILE
CON IL CONTRIBUTO
IN COLLABORAZIONE CON
PROMOTORI
Città di Alessandria
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
PARTIGIANI D’ITALIA
ISTITUTO PER LA STORIA
DELLA RESISTENZA E DELLA
SOCIETÀ CONTEMPORANEA
IN PROVINCIA DI ALESSANDRIA
“CARLO GILARDENGHI”
ALESSANDRIA