Cinzia Della Ciana

Sito e blog Dedalus – rubrica A TU PER TU

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Nel 2020 le visualizzazioni sia del blog Dedalus che del mio sito sono molto cresciute.

(Almeno una cosa buona gliela devo riconoscere a quell’anno tanto “amato”)

Molto bene è andata anche la rubrica A TU PER TU. Ringrazio gli autori intervistati.

Se qualche altra autrice o qualche altro autore volesse parlare della sua attività o di un suo libro in particolare, mi contatti a questo indirizzo: ivanomugnaini@gmail.com

Screenshot_2021-01-04 Presentazione rubrica A TU PER TU - Ivano Mugnaini

A TU PER TU – Cinzia Della Ciana

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Questa rubrica volutamente ricerca accostamenti, incontri e contaminazioni tra differenti espressioni, stili e contenuti.
Perfettamente adeguato in quest’ottica è anche il percorso di Cinzia Della Ciana. Come potrete ricavare sia dalle risposte all’intervista sia dal curriculum dell’autrice, la sua tendenza alla varietà espressiva, all’ibridazione, alla contaminazione tra differenti strumenti comunicativi ed artistici in lei è sia una scelta che un istinto naturale.
Uno dei vocaboli che compare con maggiore frequenza nell’intervista è “performance”. La poesia “performata” (il termine non suona bene, ma ciò a cui fa riferimento in qualche caso sì) non si pone come alternativa alla poesia tout court che, quando è autentica, non ha bisogno di aggiunte o modifiche.
Si tratta, nel caso di Cinzia Della Ciana, di un deliberato e accurato progetto che mira a mettere insieme le sue passioni: la poesia e la musica. Di modo che la poesia non solo venga accompagnata dalla musica ma diventi essa stessa spartito, accordi, sonorità “cantabili”.
Sarebbe bello in questo caso se la multimedialità venisse a sostenere l’espressione astratta del concetto. Per fortuna, lo ripeto anche in questo caso perché è necessario, la lettura delle risposte dell’autrice potrà fornire i dettagli e le sfumature necessarie e sufficienti per comprendere al meglio questo suo progetto artistico condotto ormai da tempo tramite i libri pubblicati e attraverso gli incontri, gli spettacoli e le presentazioni, con passione e con coerenza.
Buona lettura, IM

 

A TU PER TU
UNA RETE DI VOCI
L’obiettivo della rubrica A TU PER TU, rinnovata in un quest’epoca di contagi e di necessari riadattamenti di modi, tempi e relazioni, è, appunto, quella di costruire una rete, un insieme di nodi su cui fare leva, per attraversare la sensazione di vuoto impalpabile ritrovando punti di appoggio, sostegno, dialogo e scambio.
Rivolgerò ad alcune autrici ed alcuni autori, del mondo letterario e non solo, italiani e di altre nazioni, un numero limitato di domande, il più possibile dirette ed essenziali, in tutte le accezioni del termine.
Le domande permetteranno a ciascuna e a ciascuno di presentare se stessi e i cardini, gli snodi del proprio modo di essere e di fare arte: il proprio lavoro e ciò che lo nutre e lo ispira.
Saranno volta per volta le stesse domande.
Le risposte di artisti con background differenti e diversi stili e approcci, consentiranno, tramite analogie e contrasti, di avere un quadro il più possibile ampio e vario individuando i punti di appoggio di quella rete di voci, di volti e di espressioni a cui si è fatto cenno e a cui è ispirata questa rubrica.
IM

Grumi sciolti - copertina

 

5 domande 

a

Cinzia Della Ciana

 

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?

 

Nacqui a Montepulciano e vagai per la Toscana della cui terra sono plasmata. Esercito la professione di avvocato da decenni e da qualche anno faccio “versi”, anche in prosa, per passione. Avrei voluto essere una pianista. In realtà la musica fa parte di me e adesso “suono colle parole”.

 

2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

 

L’ultima mia fatica è una raccolta di racconti dal titolo “Grumi sciolti” uscita nell’aprile del 2019 per i tipi di Helicon Edizioni. Con Grumi torno al mio primo amore, cioè la forma breve – i racconti – con i quali avevo iniziato nel 2014 (Quadri di donne di quadri, Aracne). 

Se la guardi da lontano la vita – di un individuo o di una collettività – è come l’immagine che esce da un telescopio puntato sul cosmo.
La storia è un quadro in divenire, in cui qua e là si osservano “grumi”, cioè luoghi di addensamento”, “momenti di intenso ammasso”, in cui ogni componente fluida si perde e resta solo materia, materia che si coagula e si rapprende chiudendosi a giro. Ma poiché tutto è movimento, anche questo processo di avvitamento non si sottrae alla legge del divenire, e il grumo si evolve in una spirale che lo porta inevitabilmente a spandersi. Ovvero a sciogliersi, a nebulizzarsi lasciando a galleggiare in sospensione grani. Grani che a loro volta sono nuclei di potenziali nuovi grumi. Avendo negli occhi questo quadro ho dato la parola a un narratore che apre e chiude la raccolta usando una tecnica narrativa e stilistica che richiama proprio la dinamica del “grumo sciolto”. Il classico espediente della cornice, che tiene i racconti, qui in vero è elastico, continua variazione del tema madre. La voce narrante, che si presenta come un grumo arso ignaro dell’acqua che lo culla, ad un tratto si lascia invadere da una condizione di liquidità che lo rende granello fluente, inarrestabile narratore. Che passerà in rassegna storie di grumi, e poi storie – quasi visioni – di grumi sciolti, fino a snocciolare storie di grani (tre sono le sezioni che raccolgono i racconti). E quando avrà finito l’ultimo racconto il narratore sentirà il bisogno di trattenere qualcosa tra quelle sue dita che ormai sono sciolte e non vogliono più serrarsi vuote. Raccontare sarà il suo predicare, come una preghiera.

Un piccolo scorcio sulle sezioni che articolano il libro. Nella prima “Grumi” protagoniste sono donne che si trovano in un particolare momento della loro vita e debbono compiere una scelta, nella seconda “Grumi sciolti” il mondo si dilata in un variegato quanto onirico cosmo fatto di passioni, emozioni, mito e leggenda che nella terza parte diventa “storia” (emblematico l’omaggio a Elsa Morante). 

Sono grata a tutti coloro che hanno letto questo libro e rilasciato commenti, recensioni. La prefatrice Letizia Cirillo ha colto nel segno nel momento in cui ha dichiarato che è un libro che va letto a voce alta, perché esaltando la sensorialità che lo anima, si può trasformare l’esperienza individuale della lettura in esperienza collettiva di condivisione. C’è chi come Alice Bianco poi ha voluto paragonarlo ha una tela in cui sono sparsi colore che il lettore stesso compone in quadro. Altri parlano di “prosa che accarezza la poesia” (Federico Migliorati) o di “poesia travestita” da racconto (Stefano Pasquini). 

Matucci poi, data per ammessa l’equivalenza romanzo – cinema, segnala che la mia tipologia di racconto pretende la concentrazione dello scrittore e del lettore su pochi, risolutivi fotogrammi. In effetti nei miei racconti, quasi sempre, tutto confluisce in una sorta di “buco nero” che dilata solo nel pensiero dei personaggi un tempo narrativo anche lunghissimo, e attrae al contempo dentro di sé tutto il significato di vicende che possono essere le più varie. Racconto dunque come massima concentrazione “fotografica” su un nodo che la vita ha lungamente preparato.

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La morte di Empedocle – note di lettura

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Franco Di Carlo La morte di Empedocle, Edizioni Divinafollia, 2019

Molto è stato detto e scritto riguardo al recente libro di Franco Di Carlo La morte di Empedocle. Se ne occupati critici ed autori di spessore. Ne ho selezionati due, anche in virtù del loro speciale legame, professionale ma anche “empatico”, con l’autore di Genzano. Qui in calce troverete uno stralcio degli interventi dei due colleghi-amici di Franco: Cinzia Della Ciana e Giorgio Linguaglossa, con l’indicazione del link a cui potrete leggere gli articoli completi.

Nello spirito di questa rubrica, Letti sulla Luna, il cui intento è quello di indicare “oggetti terrestri” interessanti, spesso si tratta di libri, mi limiterò per quanto mi riguarda a fornire le coordinate essenziali e qualche mia impressione, da osservatore, consigliandovi di approfondire la conoscenza con i suddetti oggetti nel migliore, anzi, nell’unico modo possibile: cercandoli, e leggendoli (attività che è ancora possibile sulla terra, non è soggetta a restrizioni e, anzi, è consigliata).

“Non sono interessato alla poesia, / sono fatto di poesia e di nient’altro”, scrive Di Carlo. Ecco. Basterebbero questi due versi. Per tante cose. Una di ordine “pratico”: andare a cercare il libro e magari comprarlo. La seconda consiste nell’indicazione dell’impronta, dello stampo dei versi e dell’autore: la capacità di essere schietto, raccontandosi senza infingimenti, andando dritto all’essenza di ciò che davvero conta, i distinguo, le scelte, le condizioni innate e tuttavia rafforzate da anni di studio e dedizione assoluta e sincera.

Tertium non datur, sostenevano i latini. Invece qui un terzo elemento è concesso ed è rilevabile, ed è di natura “musicale” potremmo dire più che contenutistica (e qui Cinzia Della Ciana, poetessa legata alla musica, sarà contenta): si tratta del ritmo adottato, per volontà e/o per istinto da Di Carlo. Sintetizzando potremmo dire che si muove all’interno di una gamma di suoni, vibrazioni, assonanze e consonanze che oscillano tra classicità e modernità. O, meglio, è più esattamente, attualizzano, anche a livello di suoni, la classicità, ossia la capacità di dare peso ad ogni sillaba senza mai sovraccaricarla o renderla eccessiva, ridondante. “Gli dei camminano potenti – osserva l’autore – annunciano il barlume di una Mitica forma poetica”. Ogni scrittore e poeta, ma direi in termini più ampi ogni uomo, si sceglie un ritmo, una musica individuale. La propria colonna sonora esistenziale. E al ritmo di quella musica muove i suoi passi e fa muovere i propri pensieri, i gesti, le parole. Franco Di Carlo ha scelto una classicità attuale. Non attualizzata, è giusto specificarlo. La sua poesia è attuale perché si muove su cadenze che ricalcano la necessità della sostanza, della corporeità che si eleva alla ricerca di qualcosa che va oltre. Quell’essenza Mitica distingue l’effimero da ciò che permane. Questo aspetto è stato trattato anche da Silvia Denti nella nota introduttiva e da Andrea Matucci nella prefazione. Riguardo all’uso della rima Matucci opportunamente rileva che Di Carlo “ne libera talvolta la carica ironica nel ripetersi del distico baciato”, ma più spesso “ne sfrutta l’intensità sonora lavorando sui suoni della parola e sulle sue componenti germinative”. Leggi il seguito di questo post »

Ostinate morfeologie

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Il presente articolo nasce dalla presentazione congiunta dei libri Ostinato di Cinzia Della Ciana e Morfeologie di Stefano Taccone che ha avuto luogo il 22 novembre scorso alla Libreria Blu Book di Pisa nell’ambito del ciclo di Incontri “Autori allo Specchio” proposti dall’Associazione AstrolabioCultura diretta da Valeria Serofilli.

Sono stato invitato in qualità di “curioso ponente domande” in quanto conosco e stimo da tempo entrambi gli autori, di cui ho già letto vari libri scrivendo in proposito anche qualche mia impressione di lettura.

In questo articolo propongo alcune delle domande poste agli autori da me e da Valeria Serofilli corredate dalle risposte degli autori.

Aggiungo in calce a ciascun “dialogo” anche una mia nota (musicale, spero, in assonanza) ai due libri presentati, ciascuno (per via diverse ma per molti versi convergenti) originali e interessanti.

Buona lettura a chi vorrà.

 IM 

 

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 DOMANDE A CINZIA DELLA CIANA

RIGUARDO A OSTINATO

 

Domande di Ivano Mugnaini

  1. Ostinato è un titolo perentorio e accattivante. Ce ne puoi spiegare l’origine? Si tratta di un parto immediato, per così dire, o è stato gradualmente concordato con l’editore e i tuoi collaboratori?

1) “Ostinato” è un titolo ambiguo, gioca sull’ambivalenza lessicale perché, se da una parte rimanda alla tenacia dello star fermo, dall’altra si muove nella musica per consentire il ricamo della melodia.

Ostinato porta un sottotitolo: “suite in versi”, proprio per indicare che è una vera e propria suite musicale e come tale ho orchestrato la sua architettura. Una sequenza di movimenti ciascuno con la propria andatura e la propria tonalità, con tanto di agogica. La sua particolarità è che è una partitura senza note, le parole e il loro combinarsi in versi la melodia. Sono arrivata a questo particolare parto grazie alla mia formazione pianistica che mi ha suggerito l’impostazione. La massa di liriche che avevo raccolto in quasi due anni di produzione è stata scremata, selezionata e organizzata in un piano d’opera che nel titolo voleva richiamare il cd. “basso continuo” della musica barocca.

 

2) Con questo tuo libro prosegue il tuo progetto, notevolmente interessante, di unire e fare interagire, in una specie di possente “cortocircuito”, parole e note, scrittura e musica. Da cosa trae origine questo abbinamento e quali sono le difficoltà che comporta e i vantaggi, le sensazioni più appaganti che dona l’accostamento tra i due ambiti espressivi?

2) Certo il libro è un ulteriore passo dopo “Passi sui sassi” di cui rappresenta la continuità, ma anche l’evoluzione. Qui, in “Ostinato”, la “musicalità” aspira a diventare “musica”, qui è il significante sonoro a condurre il tema senza tralasciare il materiale del significato. Leggi il seguito di questo post »

Il bianco e il nero – SOLFEGGI di Cinzia della Ciana – Alcune note sulle note e una recensione di Andrea Matucci

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La musica è pazienza e libertà. Permette di infrangere le regole nell’atto di rispettarle con dedizione assoluta. È passione ed eversione, verve irrefrenabile che passa attraverso la conoscenza e il rispetto di mille barriere di geometrie e algoritmi. È un occhio che osserva uno spartito con precisione maniacale e una mano che gioca ogni volta a scivolare di lato quel millimetro che basta a far sì che nulla sia come dovrebbe, o almeno che nulla sia uguale alla volta prima, all’esecuzione precedente. 
La musica nasce dal mondo, lo osserva, piange, ride e lo riproduce in forma di accordi, mai uguali, mai della stessa materia; eppure fedeli, forse in grado di dirci o di farci sentire, per qualche istante, ciò che davvero siamo.
Ridere delle follie del mondo. Questo, tra gli altri umanissimi miracoli, consente di fare la musica.
Cinzia Della Ciana spazia da anni tra poesia e narrativa. Con alcuni Leitmotif a lei cari. Uno di questi è il desiderio, la sete di ritmo, la volontà costante di dare misura e tempo a ciò che vede e ciò che sente. Sia al sublime che al comico e all’assurdo che quotidianamente incontra. Anche da questo desiderio nasce questo libro. Questi Solfeggi in cui la lievità si fa sostanza, senza mai giudizi asettici, senza pontificare, senza chiamarsi fuori. Come adeguatamente osserva Andrea Matucci nella recensione pubblicata qui di seguito “così come l’umile e monotono esercizio del solfeggio insegna a capire le più complesse composizioni musicali, così l’attenzione al nostro quotidiano smarrimento insegna a riconoscere lo spartito delle nostre abitudini”.
Il libro di Cinzia Della Ciana ha il dono di farci cogliere, come la musica da cui parte e che prende come spunto creativo, il momento esatto in cui siamo allo stesso tempo oggetto e soggetto della visione. Per dirla con alcune parole della prefazione di Andrea Scanzi, ci rende “pronti, ogni volta, a ripartire sempre da quel “mai più”. Senza aver imparato nulla, ma comunque rinfrancati inconsapevolmente dalla ciclicità di quei solfeggi. Come se, nel nostro spartito esistenziale, a risultare irrinunciabile non sia il successo bensì l’inciampo. Quello accettabile, quello recuperabile: quello per nulla tragico. E forse persino salvifico”.
I racconti di questi libro, sagaci ma mai feroci, ci conducono nei luoghi in cui guardiamo e ascoltiamo gli accordi stridenti e umanissimi di cui siamo protagonisti e spettatori. Con un piede sul palcoscenico della vita e una mano, tenace, sulla tastiera (del pianoforte o del computer) a tentare di trovare un senso, un accordo udibile e in qualche modo sensato, o, meglio, qualcosa che ci faccia stare bene quel tanto che basta a creare una fuga in armonia con la nostra pena e il nostro riso, con la ragione e anche con la follia, che, a tratti, ci salva. I.M.
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Cinzia Della Ciana, Solfeggi (o del misurarsi nello smarrimento che battute dello spartito quotidiano provocano), Arezzo, Helicon, 2018

Dopo il fortunato romanzo Acqua piena di acqua (Effigi 2016), Cinzia Della Ciana si conferma narratrice di rango, e di multiforme talento, con questi dodici racconti sulla ripetitività prevedibile, ma non per questo controllabile, della nostra vita quotidiana. Da qui il titolo: così come l’umile e monotono esercizio del solfeggio insegna a capire le più complesse composizioni musicali, così l’attenzione al nostro quotidiano smarrimento insegna a riconoscere lo spartito delle nostre abitudini. Sono, infatti, tutte situazioni e personaggi comuni: l’agente immobiliare alle prese con la tentazione di parcheggiare dove non deve, l’impiegato nel sogno di variare almeno una volta il suo pendolarismo, la casalinga al supermercato nell’ora sbagliata, e poi la riunione di condominio, il regalo riciclato, tante piccole situazioni della vita di tutti noi nelle quali ci inseriamo e continuiamo a inserirci pur sapendo in anticipo che il risultato sarà sempre lo stesso: noia, disagio, frustrazione, e infine voglia di dirsi “mai più!”, salvo ovviamente ricominciare il giorno dopo. Nonostante il proverbio, è difficile imparare dai propri errori, e a causa di questo rovesciamento circola dunque, nel porsi di questi personaggi, nei loro pensieri e nel loro linguaggio, un costante umorismo non di tipo teatrale e carnascialesco, ma quello un po’ all’inglese, così raro dalle nostre parti, che è quello che ci spinge all’immedesimazione e al sorriso di fronte alla costante delusione del nostro sentirci sempre unici, diversi, irripetibili: no, la vita, lo spartito della vita, ha le sue leggi, e non possiamo eliminarle o sovrastarle, ma solo pazientemente riconoscerle. Una lettura quindi piacevolissima, a tratti estremamente divertente, ma di un divertimento in qualche modo serio e razionale, in compagnia di una scrittrice che, come afferma Andrea Scanzi nella sua Prefazione, “sa dare con ironia e partecipazione i colori giusti a tutte le sfumature dello sconforto che avviluppa i protagonisti”.

                                                                                           Andrea Matucci