Gianmario Lucini

Il bestiario delle bestiacce

Postato il

Il titolo del recente libro di Annalisa Macchia è attraente. Incuriosisce. Invita a scrutare all’interno per vedere cosa spunta, cosa compare. Magari ci troveremo di fronte un animale tra il mitico e il reale, tra verità e invenzione fantastica.
Coerentemente con lo stile di Annalisa, il libro è serio e giocoso allo stesso tempo. Ma in maniera sincera e profonda, non di maniera. Annalisa gioca sempre con grande attenzione al senso, soprattutto a quello ulteriore, a ciò che non si vede ma c’è, e magari ci fa pensare, mentre sorridiamo.
La leggerezza di questo libro è consistente. Calvino approverebbe. Le Cosmicomiche qui diventano Le Bestiacomiche. Ma l’impressione è che ciascun animale sia, a bene vedere, al di là della pelle e delle squame, al di là dei colori camaleontici e cangianti, un’immagine della bestia per eccellenza, l’animale selvatico e sospettoso, che siamo, a tratti, noi tutti.
C’è molto metodo nell’apparente lievità del libro, come direbbe Amleto. Si percepisce un’accurata preparazione “a monte”, si nota un’accurata suddivisione speculare delle varie sezioni, saltano all’occhio analogie e contrapposizioni per niente casuali. Vengono in mente Esopo, Alice, i suoi specchi e i suoi animali parlanti e pensanti, si rammentano Trilussa e Rodari, ma soprattutto si beneficia di un libro che si legge volentieri, che fa tornare bambini senza scordarci il gusto agrodolce, ma necessario, di guardare il nostro volto riflesso nello specchio di bestiacce che, non di rado, sono molto meno bestiacce di noi.
IM

Annalisa Macchia, Il bestiario delle bestiacce, Pagine, Roma 2020

A TU PER TU

UNA RETE DI VOCI

L’obiettivo della rubrica A TU PER TU, rinnovata in un quest’epoca di contagi e di necessari riadattamenti di modi, tempi e relazioni, è, appunto, quella di costruire una rete, un insieme di nodi su cui fare leva, per attraversare la sensazione di vuoto impalpabile ritrovando punti di appoggio, sostegno, dialogo e scambio.
Rivolgerò ad alcune autrici ed alcuni autori, del mondo letterario e non solo, italiani e di altre nazioni, un numero limitato di domande, il più possibile dirette ed essenziali, in tutte le accezioni del termine.Le domande permetteranno a ciascuna e a ciascuno di presentare se stessi e i cardini, gli snodi del proprio modo di essere e di fare arte: il proprio lavoro e ciò che lo nutre e lo ispira.Saranno volta per volta le stesse domande.Le risposte di artisti con background differenti e diversi stili e approcci, consentiranno, tramite analogie e contrasti, di avere un quadro il più possibile ampio e vario individuando i punti di appoggio di quella rete di voci, di volti e di espressioni a cui si è fatto cenno e a cui è ispirata questa rubrica.IM

5 domande

a

Annalisa Macchia

 
1 )Il mio benvenuto, innanzitutto.
Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?
     Certamente e grazie per questo invito. Mi chiamo Annalisa Macchia, abito a Firenze, dove vivo da tanti anni, ma sono nata a Lucca; ho studiato a Pisa (Lingue e Letterature straniere) e frequento da sempre l’area livornese, luogo d’origine della mia famiglia. Dunque sono d’identità toscana, seppure variegata, dettaglio non trascurabile, perché credo che la mia scrittura sia rimasta “contaminata” da tutte quante queste frequentazioni. Sono un’autrice tardiva, se mi passate il termine. Dopo gli studi universitari e una prima pubblicazione (Pinocchio in Francia, edito dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi di Pescia), ho dedicato molti anni alla cura della mia numerosa e onerosa famiglia, scoprendo solo alla fine quanto avessero reso preziosa la mia formazione di persona, anche se mi avevano apparentemente allontanato dalla scrittura. Prepotente è però tornata la voglia insopprimibile di comunicare con la parola scritta. Sono nati così i primi lavori, storie in rima per l’infanzia (con l’assurda speranza che le parole scritte fossero più efficaci di quelle dette a voce…). Da allora, però, lettori o non lettori, non ho più smesso, cercando di conciliare i miei impegni familiari e di insegnante  – ho insegnato lingua e letteratura francese in vari istituti fiorentini – con la mia nuova attività. Sono seguite raccolte poetiche e narrative, frequentemente dedicate all’infanzia, all’avviamento della parola poetica anche tra i più piccoli (un mondo a me familiare, dal momento che ho avuto quattro figli ed ora ho quattro nipotini), ma anche qualche testimonianza critica e traduzione. Attualmente collaboro con qualche racconto e soprattutto con recensioni, con la rivista “Erba d’Arno” e sono redattrice della rivista Gradiva, ammirevole ponte di poesia e letteratura tra l’Italia e gli Stati Uniti. Ho anche diretto una collana di poesia per l’infanzia con la casa editrice Poiein, occupazione purtroppo di breve durata per la prematura scomparsa del suo direttore Gianmario Lucini, un carissimo amico, a cui devo molto e che ancora oggi rimpiango. Nella città in cui vivo, compatibilmente con il mio tempo libero, ho cercato di seguire i movimenti letterari che l’hanno animata in questi ultimi anni. Con presentazioni di autori e varie attività collaboro strettamente con l’Associazione Pianeta Poesia (www.pianetapoesia.it ), a cura di Franco Manescalchi. Un’attività che ha contribuito non poco alla mia formazione, aprendomi a mondi poetici altri, talvolta d’insospettabile interesse e bellezza.

Leggi il seguito di questo post »

TARANTA D’INCHIOSTRO note e considerazioni dell’autrice

Postato il

Ricevo da Valeria Serofilli alcune note riguardanti il suo libro di recente uscita, Taranta d’inchiostro, e, più in generale, concernenti la sua poetica.

A corredo delle note ho ricevuto dall’autrice alcune liriche tratte dalle varie sezioni del libro.

Le pubblico in calce assieme ad alcune foto e ad un video del prof. Aziz Mountassir.

IM

ALCUNE RIFLESSIONI

Di VALERIA SEROFILLI

Con particolare riferimento a Taranta d’Inchiostro, Oedipus, 2020

A mio avviso il significato assume senso e misura grazie al significante, in un connubio in cui tuttavia l’azione della parola assume un ruolo di ristrutturazione creativa della realtà. In questo senso potrei rispondere che il ruolo del significante è egemone, anche se forse una sintesi più esatta di quanto intendo può essere trovata in questo mio pensiero: “A mio avviso il senso del verso è da intendersi sia a livello logico che emotivo in quanto per scrivere poesia avverto l’esigenza di uno stimolo concreto, spesso di natura visiva” (1).

L’intento è il superamento della connotazione della realtà tramite la parola, senza tuttavia abdicare del tutto alla dimensione concreta ed efficace, al significato, al senso che il verso trasfigura tramite un significante, che la riscrive sia a livello logico che a livello estetico e sinestetico.

1) da: Valeria Serofilli, ” Amalgama” ne “La parola e la cura, I Quaderni di Poiein, Monografie di poeti contemporanei”, a cura di Gianmario Lucini, (puntoacapo 2010).

Nei miei versi penso che comunque vi siano l’uno e l’altro, cioè si riscontrino la preoccupazione dei “significati” e l’attenzione al gioco fonico e ritmico dei “significanti”; per la definizione di essi mio punto di riferimento è tra gli altri, la distinzione di Ferdinand De Saussure, che ispira e sottende lavori critici di grande valore come quelli di Gianluigi Beccaria consegnati al volume einaudiano “L’autonomia del significante”. 

Link con recensioni al volume:

Altri link di note critiche sui testi ancora inediti, poi confluiti nell’attuale pubblicazione, tra cui la nota del prof. Romboli poi divenuta l’attuale postfazione al volume:

http://www.literary.it/dati/literary/p/piazza/taranta_dinchiostro.html

https://www.google.com/amp/s/www.900letterario.it/poesia/taranta-di-inchiostro-serofilli-saggio-romboli/

Dalla Sez. I  LA TARANTA

La notte della taranta

(22 agosto 2015)

Quale ragno mi ha morso?

Prova col nastrino colorato/ amore

ma tanto già ne conosco il nome

come già ne so l’antidoto:

tu il veleno/ il contro veleno

la mia terapia coreutica

E abbracciati balliamo

in pizzica lenta

ad uccidere un ragno che non c’è.

Io il ragno

Mi tuffo dal soffitto/ per sprofondare

nell’abisso cristallino

a tessere la tela

dell’attesa e dell’aspettativa

Forse che

sono io il ragno

a misurare le distanze

tra dune di sabbia

ormai tarantata/ in notti senza sonno?

Conoscenza

È questa verità, tardiva

o il raggiungimento

di essa/ mio malgrado?

La ragnatela non serve

più/ me ne distacco:

ingombrante scaleo

di sapienza cui

ogni gradino ha acuito conoscenza.

Vecchiezza

Bulbo di memoria/ la conoscenza

cresce ad oltranza

«Sei pronta ad invecchiare con me?»

chiese il ragno alla sua tela

Ma la domanda giunse assai tardiva

alla ragnatela già bianca che

priva di forza e incanutita/ lasciò cadere

il suo ragno stanco/ ormai inerte

e questo facendo impronta di sé

reinventando il suo ieri.

Dalla Sez.II  RAGNATELA DEL MONDO

Lettera al figlio

Vorrei vedere nel film dei tuoi occhi

scorrere le favole di una volta

Riccioli d’oro/ nel bosco del tuo disincanto

E risuscitare elfi per guardia a castelli

e draghi per assalti fuori porta

raccogliere gocce per farne stagno

e ogni filo d’erba intrecciarlo a parco

perché non siano stanche le fate

mentre mi scuso per il dolore che ti darò

Il destino/ figlio è cosi:

siam tutti condannati ad essere estratti a sorte

ma tu e non io/ mi hai dato la vita.

Testo tradotto in arabo dal prof. Aziz Mountassir con video al link:

Dalla Sez.Sezione III LUZIANE

“L’insegnamento poetico di Luzi ha inciso molto su di te

cara Valeria e lo si vede bene nei tuoi libri ma è ovvio

che tu conservi una notevole originalità”.

Giuseppe Panella

(27 Gennaio 2019)

Per sua significazione 

Per sua significazione 

la non parola 

chiese al Poeta 

e si fece Poesia e significanza.

Forse che il cielo ci ha salvato entrambi

Forse che il cielo ci ha salvato

entrambi/ da una inutile vecchiezza

preservandoci

senza dubbio uguali

e quant’altro donandoci

ad uno ad uno e insieme

un paio d’ali?

Si cristallizza nel momento della recisione

Il fluire di sempre

si cristallizza nel momento della recisione

dal sé/ dall’altro, dal resto

Questo da sempre temeva/ questo ormai sapeva

per sempre impresso acquisito

nel momento in cui

non seppe più.

Dalla sez IV PAGANELLIANE

Contemplo in cielo

Il teatro di me/ la mia

Dispersa storia.

G. Luigi Paganelli: poesia del 2015 pubblicata 

sulla rivista “Paletot” g.c. da Claudio Frosini.

Funzione religiosa

Gremita era la Chiesa: 

non mancava nemmeno/ la sua migliore amica 

con quel cappellino 

accessorio integrante/ di quell’ultimo acquisto di 

Moschino 

La chiesa era gremita: 

il prete che tesseva/ le lodi di una vita. 

Più pregi o più difetti? 

Difettava semmai, la necessaria volontà di elencazione

non trattandosi, stavolta, di confetti

E tanti fiocchi

– Ma non rovinavano le panche? –

– Se al Matrimonio no, almeno adesso

le è concesso, anche se neri e non bianchi

Qualche pianto, più che altro rimpianto:

sensi di colpa per non averle più telefonato 

o non averla invitata a quel concerto

Ormai non usciva che di rado, del resto

Tanti i convitati al lugubre banchetto:

chi si batte a croce il petto,

chi ricerca/ disperato, un fazzoletto

Amava scrivere, soprattutto accanto al caminetto

– Una pura, direi, –

– ma la pigrizia, poi, dove la metti? –

Si/ perché c’era anche quella

in sapida componente con l’ ingegno

La Chiesa era gremita. C’è chi pensava, 

tra un pianto ed una rosa

che forse, in fondo, era più pazza che estrosa

inadatta alla vita, al contingente

C’era anche il Sindaco: non poteva mancare

In quanto pisana, se non una strada 

almeno questa presenza 

se la meritava

C’era il Prefetto, 

dispiaciuto per non averle concesso

il patrocinio

a quel suo ultimo progetto

– Se n’era andata così, mentre scriveva – Leggeva? –

– No, scriveva. A leggere le cose altrui non ci teneva.

Ma aveva il Premio… –

– si, ma la Giuria leggeva anche per lei –

Tanti i discorsi

sommessi

in fondo all’androne

C’era anche il ladro

col sacchetto vuoto/ del suo ultimo misfatto

C’era anche il gatto/ col fiocco nero d’organza:

non si è mai capito se l’amava

certo la seguiva ovunque

anche se a debita distanza

C’era la zia, più vecchia di lei

– L’avevo sognato: perdita di dente

morte di parente –

E c’era lui, assenza/ presenza

che di lei sapeva tutto e non aveva niente 

vestito a lutto impeccabilmente

ma un lutto artistico, con quella penna all’occhiello

ed il suo piccolo, immancabile ombrello

che forse pioveva e 

nero per fortuna, che si addiceva

La Messa è finita: andate in pace

No, aspettate, c’è una postilla

o forse un refuso:

“Da leggersi al momento opportuno: istruzioni per 

l’uso”.

(Testo finalista al premio L assedio della poesia 2020 presieduta da Antonio Spagnuolo e vincitrice del Premio della Giuria al Concorso “Tra Secchia e Panaro” 2020).

Un ricordo di Gianmario Lucini

Postato il Aggiornato il

LuciniHo conosciuto Gianmario Lucini a Pisa in occasione del Premio Astrolabio e della presentazione di un suo libro. Ho avuto modo di cenare seduto di fronte a lui. Due timidi seduti uno davanti all’altro a studiare piatti e traiettorie di fuga e di incontro per gli sguardi e per le parole. Gianmario era una persona estremamente seria che conosceva l’arte di non prendersi sul serio. Una persona di grande spessore che conosceva e metteva in pratica l’arte della leggerezza, il dono della lievità. Aveva una malinconia allegra, il gusto di un’ironia mai aggressiva, mai pesante.
Gianmario, pur essendo un ottimo autore, sapeva pensare al plurale. Non poneva i suoi scritti al centro del mondo.
Aveva una mente “plurale” e un pensiero “civile”, nel senso più autentico e vero del termine.
Possedeva una malinconia, frutto della conoscenza del mondo, che, invece di spingerlo all’apatia, lo conduceva alla lotta, all’impegno vero, mai violento, sempre tenace.
Era convinto, lo ha dimostrato non solo con le parole ma in modo fattivo con decine di iniziative concrete, che il mondo può cambiare. Non solo l’orto della scrittura, ma il mondo intero, quello là fuori, quello dove si vive e si soffre.

Questo ha mostrato Gianmario Lucini. Nell’editoria e nella società, le cose possono cambiare.
Questo ci lascia in eredità Gianmario.
Tocca a noi non dimenticarlo.
A noi il compito di fare buon uso dei suoi gesti e delle sue parole.
i.m.

Giacomo Cerrai su “Terra bruciata di mezzo”

Postato il Aggiornato il

 Una recensione di Giacomo Cerrai su “Terra bruciata di mezzo” di Mirko Servetti.

————————————————————————

ImageGiacomo Cerrai su Terra bruciata di mezzo(fra Vespero e Lucifero)di Mirko Servetti

Sebbene il titolo stia curiosamente tra Tolkien e Eliot, la terra a cui allude Servetti risiede invece, come recita il sottotitolo, “fra Vespero e Lucifero” ovvero nel segno di Venere, nella sua doppia veste – nell’arco dell’anno – di stella del mattino portatrice di luce e di astro anticipatore del tramonto e della notte. Ma anche come emblema di un eros duplice, in costante dialettica tra epifanie e dubbi, tra luci e ombre, tra cadute e resurrezioni, così come per fortuna si conviene. Qui “eros” va inteso in senso ampio, ovviamente. Non solo cioè come valore primario, come interazione e libido tra corpi e menti (“simposio”, dice Servetti), ma anche come impulso vitalistico connaturato, modo di sentirsi qui e ora presente, fosse anche come uomo solitario davanti a un orizzonte.   Questo porta Servetti a poetizzare una certa varietà di esperienze, anche frammentarie o fugaci o immanenti, dando loro un notevole smalto o colore. Diciamo che se l’occasione non basta, se non giocata sul suono e sullo stupore (e non dico certo che sia un male), con un pò di piglio attoriale. Il risultato, a dover sintetizzare, è un lirismo fantastico, popolato di creature linguistiche rare o culte o forse inventate, vai a sapere, sempre interessante e anche divertente. I cui prodotti migliori, al di là del gusto personale con cui ho scelto i testi qui presenti (ma avrebbero potuto essere di più), sono quelli che secondo me realizzano un equilibrio tra spinte diverse, diciamo tra febbre della parola   e riconoscimento del fatto che quella stessa parola e la poesia che esprime   hanno un côté “sentimentale” e affettivo insopprimibile a cui a volte fa bene lasciarsi andare, ma senza tuttavia rinunciare alla voglia di sperimentare, costante in tutta la raccolta.

100 Thousand Poets for Change

Postato il Aggiornato il

SEPT. 29th, 2012
650 Events – 110 Countries Confirmed So Far!
Visit the BLOG 2012 to search the Sept. 29th, 2012 Event Locations Index by Country & City!

http://www.bigbridge.org/100thousandpoetsforchange/

View 100,000 Poets for Change 2012 in a larger map

100 THOUSAND POETS & MUSICIANS for CHANGE 2012

Milanocosa invita a partecipare alla

Maratona di Arte, Musica e Poesia

Organizzata da

Associazione Culturale Milanocosa

a cura di Adam Vaccaro

29 settembre 2012 – dalle ore 17 alle 20

————————————————

Una proposta che si rivolge non solo ai poeti e a tutti coloro che praticano una forma di Arte, ma anche a chi opera in qualsiasi ambito umano e culturale, e che lo viva interconnesso con i gravi problemi che il mondo sta affrontando: guerre, ignobile distribuzione delle ricchezze, sfruttamento insensato delle risorse della Terra.

Linguaggi, visioni e segni diversi a confronto e in rapporto a tali problemi.

—————————————————

La manifestazione si svolgerà a:

ChiAmaMilano, Largo Corsia dei Servi 11

Readings, Performances e Mostre

Hanno aderito e saranno presenti con voci, testi e opere:

Ennio Abate, Cristina Annino, Leopoldo Attolico, Claudia Azzola, Maurizio Baldini, Donatella Bianchi, Rinaldo Caddeo, Luigi Cannillo, Laura Cantelmo, Annamaria De Pietro, Daniela Dente, Antonio Derose, Mariella De Santis, Fernanda Fedi, Annamaria Ferrramosca, Alberto Figliolia, Gilberto Finzi, Nicola Frangione, Barbara Gabotto, Angelo Gaccione, Gabriella Galzio, Fabia Ghenzovich, Gino Gini, Giacomo Guidetti, Maria Jatosti, Gianmario Lucini, Alberto Mori, Ivano Mugnaini, Alessandra Paganardi, Mariella Parravicini, Angela Passarello, Pina Piccolo, Rosa Pierno, Anthony Robbins, Franco Santamaria, Antonio Spagnuolo, Adam Vaccaro, Aky Vetere, Antonella Zagaroli, Giuliano Zosi .

—————————–

Con letture degli attori:

Roberto Carusi, Daniela Iannace e Francesco Orlando

ed esecuzioni musicali del duo Poemus

—————————————

Collaborazione all’organizzazione di:

Claudia Azzola, Luigi Cannillo, Laura Cantelmo,

Barbara Gabotto, Giacomo Guidetti, Giuliano Zosi

Associazione Culturale Milanocosa – c/o Adam Vaccaro, Via Lambro 1 – 20090 Trezzano S/N

T. +39 02 93889474; +39 347 7104584 – E-mail: info@milanocosa.it; adam.vaccaro@tiscali.it

CHIAMAMILANO, Largo Corsia dei Servi 11 – Milano. T. 02 76398628 – Fax 02 76313223
E-mail: negozio@chiamamilano.it; http://www.chiamamilano.it

POESIARTE MILANO – Altro oro

Postato il

Quintocortile

Viale Bligny 42 – 20136 Milano – tel. 338. 800. 7617

——————————————————————————–

con la collaborazione di Milanocosa

IX RASSEGNA
POESIARTE MILANO

ALTRO ORO

Moneta e mondo – oro e terra. Termini e orizzonti entro i quali si colloca la necessità di definire il valore delle cose e delle persone. Possono i linguaggi delle arti restituire a queste smarrite identità un nuovo baricentro di senso e di valore?

11 e 12 giugno 2012

(h 17-20)

In questo nostro tempo il denaro è ormai un flusso disciolto nel sistema arterioso-venoso del corpo sociale, serpe inafferrabile, svincolato dalle cose, valore narcisisticamente collassante su sé stesso. Valore virtuale e pure tanto addentro nella minuta realtà delle cose e dei rapporti da esserne l’unica, non separabile ragione. Nemico mascherato da mondo.

Il segno acceso di ogni forma d’arte potrà forse restituire identità alle parti in gioco, quella misura e distanza fra oro e terra, segno e mondo dalla quale, entro la quale, scocchi un’alchimia che irrompa fortemente nel dominio chiuso in atto e apra a un altro valore, significato, senso.

Poesiarte Milano si svolgerà a Quintocortile nei giorni di lunedì 11 e martedì 12 giugno 2012 dalle ore 17,00 alle ore 20,00 con opere e interventi sul tema di oltre cinquanta fra poeti, artisti e musicisti.

Organizzazione a cura di: Mavi Ferrando, Donatella Airoldi (Associazione Quintocortile)

Con la collaborazione di: Adam Vaccaro, Claudia Azzola, Laura Cantelmo, Annamaria de Pietro e Giuliano Zosi (Associazione Milanocosa)

artisti:

Adalberto Borioli, Antonino Bove, Salvatore Carbone, Giulia Comenduni, Albino De Francesco, Giuseppe Denti, Fernanda Fedi, Jane Kennedy, Mavi Ferrando, Gino Gini, Maria Luisa Grimani, Nadia Magnabosco, Marilde Magni, Ruggero Maggi, Libera Mazzoleni, Gi Morandini, Antonella Prota Giurleo, Raffaele Romano, Ottavio Rossani, Evelina Schatz, Roberto Sommariva, Rosanna Veronesi.

poeti:

Ennio Abate, Claudia Azzola, Rinaldo Caddeo, Luigi Cannillo, Laura Cantelmo, Annamaria De Pietro, Mariella De Santis, Gilberto Finzi, Gabriella Galzio, Eugenio Grandinetti, Gilberto Isella, Gianmario Lucini, Meeten Nasr, Giampiero Neri, Guido Oldani, Maria Pia Quintavalla, Franco Romanò, Anthony Robbins, Ottavio Rossani, Tiziano Rossi, Tiziano Salari, Fausta Squatriti, Adam Vaccaro, Giuliano Zosi.

musicisti:

Adalberto Borioli e il duo Poemus, Barbara Gabotto e Giacomo Guidetti.

——————————————————————————–

——————————————————————————–

Il denaro nasce e si istituisce come controvalore convenzionale delle cose.

Il potere del denaro – di coloro che lo detengono – si pone come luogo socialmente, politicamente individuato, altro rispetto alla massa di coloro che non lo detengono, che sono attraversati dalla convenzione-valore delle cose, essi stessi e i materiali modesti di cui dispongono, fino a diventare essi stessi moneta di scambio, strumenti, lavoro, fra il denaro e le cose.

Questo è avvenuto storicamente.

Ma ora viviamo qualcosa di diverso: il denaro, identificato coi suoi detentori, non è più blocco contro il quale sociologicamente, politicamente ci si possa opporre, ma è ormai un flusso disciolto nel sistema arterioso-venoso del corpo sociale, serpe inafferrabile, svincolato dalle cose, valore narcisisticamente collassante su sé stesso. E coinvolge in un cerchio malato chi lo detiene e chi non lo detiene. Valore virtuale, e pure tanto addentro nella minuta realtà delle cose e dei rapporti da esserne l’unica, non separabile ragione. Valore di sé stesso, nemico mascherato da mondo.

Re-istituire la misura di giusta distanza fra moneta e cosa, fra oro e terra, vuol dire re-istituire il valore. Che è sempre confronto, lotta, l’affondo sconcertante di un aguzzo baricentro.

Ars può tentare, di fianco, di ritrovare – in fuoco alchemico – il valore smarrito fra le cose e re-istituire il segno: moneta buona, altro oro.

Associazione Milanocosa

Milano, 24 aprile 2012

Leggi tutto su

http://www.milanocosa.it/eventi-milanocosa/quintocortile-2012

E sulla pagina Facebook: http://facebook.com/milanocosa