racconti
Editi ed inediti
Se avete scritto delle poesie, oppure un romanzo, o dei racconti, inviatemi i file in lettura a:
IN-CHIOSTRO Giovedì di autori e di libri
Un luogo bellissimo e molti libri di autori che spaziano tra vari generi e tematiche ma sono tutti accomunati dalla verve espressiva e dalla voglia di raccontare il mondo che osservano e immaginano.
Segnalo volentieri l’iniziativa a cura di Elisir, ideata e curata da Manuela Minelli e Vanna Alvaro.
Buona estate e buoni giovedì all’insegna della lettura e del dialogo. IM
IN-CHIOSTRO Giovedì di autori e di libri
Incontri letterari con autori e libri a Borgo Ripa, Lungotevere Ripa, 3 – Roma
Si terranno tutti i giovedì a partire da dopodomani 4 agosto e fino al 29 settembre, con due diversi appuntamenti (18.45 e 20.00) gli incontri con i libri e gli autori chiamati a raccolta da Elisir, in collaborazione con Mondrian Suite, all’interno della suggestiva location che è il chiostro di S. Francesca Romana, ex convento del 1400 sito in Trastevere, nel cuore di Roma.
Otto serate per un totale di venti incontri e trenta autori (l’ultima sera verrà presentato un libro corale realizzato da undici autori italiani), una rassegna culturale che vedrà in scena autori di diversi generi, proprio per offrire al pubblico un panorama letterario diversificato: fiabe e favole, narrativa sociale, romanzi di formazione, saggi, romanzi storici, racconti, poesie, romance, thriller e tanto altro.
Siamo arrivate emozionatissime e assai cariche ai blocchi di partenza – affermano le signore di Elisir, Manuela Minelli e Vanna Alvaro – Lavorando ormai da tanti anni nell’editoria, siamo spinte dalla profonda convinzione che ogni forma d’arte possa e debba essere portata al di fuori dai contesti istituzionali e accademici, per coinvolgere il più ampio pubblico e mettersi al servizio dello sviluppo culturale e della crescita individuale e collettiva della città. E questo luogo magico, nel cuore di Roma, nella Trastevere più genuina e più vera, è sicuramente il luogo migliore che mai potessimo desiderare per la nostra Rassegna In-Chiostro, giovedì di autori e di libri per la quale abbiamo lavorato molto intensamente, proprio per presentare una Rassegna Letteraria capace di dare espressione e visibilità ad autori provenienti da tutta Italia.
Sono molto soddisfatto della collaborazione avviata con Elisir, l’agenzia di Servizi letterari di coloro che, dopo tanto lavorare insieme, sono diventate amiche preziose, Manuela e Vanna, e del programma della maratona editoriale presentato da Elisir – afferma Klaus Mondrian – E saranno serate dense di cultura, in cui tanta bella gente arriverà a Borgo Ripa, e potrà fermarsi a sorseggiare cocktail o anche gustare le nostre specialità gastronomiche, ascoltando poesia e letteratura – gli fanno eco i gestori della location.
Immersa in un vastissimo giardino del cuore di Roma, oggi Borgo Ripa è considerata la location più elegante della zona Trastevere. Ma facciamo qualche passo indietro…Nel 1640 proprio nel cuore di Trastevere, alle spalle di piazza S. Cecilia, sorge un borgo appartenente all’antica dinastia romana dei Doria Pamphilj, che vanta anche un Pontefice, Innocenzo X, conosciuto come gran benefattore. Il magnifico giardino che lambisce le sponde del Tevere, il famoso “Giardino delle delizie”, apparteneva a Donna Olimpia Maidalchini Pamphilj, già cognata del Papa, conosciuta anche per la sua sagacia e furbizia, e soprannominata la Pimpaccia e anche la Papessa, per il suo forte potere e la condotta di vita sopra le righe. Si narra che in quel giardino storico, proprio dove si terrà “In Chiostro, giovedì di autori e di libri”, Donna Olimpia coltivasse ciliegie, prugne e albicocche. Ancora oggi rigogliosi alberi di fico, di limoni, aranci e cespugli di lavanda riparano dal sole e profumano l’aria. Una vera “delizia”, immortalata anche nelle tele del Vanvitelli.
Le attrici Giorgia Locuratolo e Roberta Frascati, in più serate, daranno voce e volto ai personaggi dei libri degli autori, per offrire al pubblico un mini spettacolo teatrale nello … spettacolo letterario.
Tutte le serate saranno riprese da HTO.tv web.
Chiostro dell’ex convento S. Francesca Romana – Lungotevere Ripa, 3 – Roma – Ingresso gratuito
Info: elisirletterario@gmail.com
inizio corso II livello di Scrittura Creativa Emozionale
Ricevo e volentieri condivido da Manuela Minelli e Vanna Alvaro la notizia riguardante questo corso di scrittura creativa emozionale.
E l’aggettivo “emozionale” è sempre bello da leggere. Porta sempre buoni frutti.
Qui sotto la notizia che ho ricevuto da Manuela Minelli.
Chi fosse interessato a ricevere informazioni più dettagliate può contattare Manuela Minelli e Vanna Alvaro tramite Facebook oppure attraverso il sito Elisir Letterario: https://elisirletterario.com/ oppure ai numeri riportati nella locandina qui sotto pubblicata.
Buone letture e buone scritture, IM
Cari tutti/e condivido con voi la notizia dell’ inizio corso II livello di Scrittura Creativa Emozionale, delle cui classi precedenti io e l’ altra insegnante, Vanna Alvaro, andiamo super fiere ed orgogliose in quanto gli allievi hanno tirato fuori racconti appassionanti, fantasiosi e ben congegnati e ben 4 di loro hanno vinto premi letterari. Tanto che di tutto questo materiale letterario ne abbiamo fatto un libro di cui sono andare a ruba in un mese quasi 200 copie ( infatti il libro è in ristampa).
Chi volesse info su programmi, modalità di partecipazione, costi (irrisori, euro 400 pagabili in due tranche x circa 30 ore di lezioni totali) può telefonare ai numeri in locandina o scrivere alla mail che trovate sempre lì.
PS: lezioni vengono tutte registrate e inviate in automatico al gruppo Whatsapp-classe, per sopperire in caso di perdita lezione oppure per approfondire argomenti trattati.
Abbiamo ancora 5 posti, le classi infatti sono a numero chiuso per permettere un più efficace svolgimento delle lezioni.
Manuela Minelli e Vanna Alvaro
TI RACCONTO UNA CANZONE
Quando Massimiliano Nuzzolo e Eleonora Serino mi hanno chiesto di scegliere una canzone su cui scrivere un racconto per il libro TI RACCONTO UNA CANZONE me ne sono venute in mente trenta, o forse trecento.
Ho optato per il più semplice, in apparenza, dei temi: l’amore. Che in realtà, è, puntualmente, il più complesso.
Ma, per fortuna, esiste anche il ritmo.
Lo scrittore inglese W. H. Pater nel libro The Renaissance sostiene che “Ogni arte aspira alla condizione della musica”, alla sua possente, essenziale, sensualissima immediatezza.
Ho scritto così un racconto ispirato alla canzone Io che amo solo te di Sergio Endrigo.
Ne copio qui di seguito un brano.
L’invito è a dare un’occhiata al volume intero, edito da Arcana Edizioni.
Dare un’occhiata e magari comprarlo.
Perché l’idea è bellissima e perché le autrici e gli autori dei racconti hanno confermato che la ricchezza è nella varietà, nelle infinite variazioni sul tema.
IM
Uno stralcio
del racconto
IO CHE AMO SOLO TE
[…]
Cerco nella memoria, rovisto negli scaffali polverosi dei ricordi, per individuare il punto esatto in cui ho ascoltato quella canzone per la prima volta. Mi viene in mente la piazza del mio paese. Quell’asfalto scuro e squamoso percorso da cani ossuti e vecchi orgogliosi su cui, giocando e cazzeggiando, ho lasciato vari strati di pelle delle ginocchia e dei gomiti.
Il bestiario delle bestiacce
Il titolo del recente libro di Annalisa Macchia è attraente. Incuriosisce. Invita a scrutare all’interno per vedere cosa spunta, cosa compare. Magari ci troveremo di fronte un animale tra il mitico e il reale, tra verità e invenzione fantastica.
Coerentemente con lo stile di Annalisa, il libro è serio e giocoso allo stesso tempo. Ma in maniera sincera e profonda, non di maniera. Annalisa gioca sempre con grande attenzione al senso, soprattutto a quello ulteriore, a ciò che non si vede ma c’è, e magari ci fa pensare, mentre sorridiamo.
La leggerezza di questo libro è consistente. Calvino approverebbe. Le Cosmicomiche qui diventano Le Bestiacomiche. Ma l’impressione è che ciascun animale sia, a bene vedere, al di là della pelle e delle squame, al di là dei colori camaleontici e cangianti, un’immagine della bestia per eccellenza, l’animale selvatico e sospettoso, che siamo, a tratti, noi tutti.
C’è molto metodo nell’apparente lievità del libro, come direbbe Amleto. Si percepisce un’accurata preparazione “a monte”, si nota un’accurata suddivisione speculare delle varie sezioni, saltano all’occhio analogie e contrapposizioni per niente casuali. Vengono in mente Esopo, Alice, i suoi specchi e i suoi animali parlanti e pensanti, si rammentano Trilussa e Rodari, ma soprattutto si beneficia di un libro che si legge volentieri, che fa tornare bambini senza scordarci il gusto agrodolce, ma necessario, di guardare il nostro volto riflesso nello specchio di bestiacce che, non di rado, sono molto meno bestiacce di noi.
IM
Annalisa Macchia, Il bestiario delle bestiacce, Pagine, Roma 2020
A TU PER TU
UNA RETE DI VOCI
L’obiettivo della rubrica A TU PER TU, rinnovata in un quest’epoca di contagi e di necessari riadattamenti di modi, tempi e relazioni, è, appunto, quella di costruire una rete, un insieme di nodi su cui fare leva, per attraversare la sensazione di vuoto impalpabile ritrovando punti di appoggio, sostegno, dialogo e scambio.
Rivolgerò ad alcune autrici ed alcuni autori, del mondo letterario e non solo, italiani e di altre nazioni, un numero limitato di domande, il più possibile dirette ed essenziali, in tutte le accezioni del termine.Le domande permetteranno a ciascuna e a ciascuno di presentare se stessi e i cardini, gli snodi del proprio modo di essere e di fare arte: il proprio lavoro e ciò che lo nutre e lo ispira.Saranno volta per volta le stesse domande.Le risposte di artisti con background differenti e diversi stili e approcci, consentiranno, tramite analogie e contrasti, di avere un quadro il più possibile ampio e vario individuando i punti di appoggio di quella rete di voci, di volti e di espressioni a cui si è fatto cenno e a cui è ispirata questa rubrica.IM
5 domande
a
Annalisa Macchia
1 )Il mio benvenuto, innanzitutto.
Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?
Certamente e grazie per questo invito. Mi chiamo Annalisa Macchia, abito a Firenze, dove vivo da tanti anni, ma sono nata a Lucca; ho studiato a Pisa (Lingue e Letterature straniere) e frequento da sempre l’area livornese, luogo d’origine della mia famiglia. Dunque sono d’identità toscana, seppure variegata, dettaglio non trascurabile, perché credo che la mia scrittura sia rimasta “contaminata” da tutte quante queste frequentazioni. Sono un’autrice tardiva, se mi passate il termine. Dopo gli studi universitari e una prima pubblicazione (Pinocchio in Francia, edito dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi di Pescia), ho dedicato molti anni alla cura della mia numerosa e onerosa famiglia, scoprendo solo alla fine quanto avessero reso preziosa la mia formazione di persona, anche se mi avevano apparentemente allontanato dalla scrittura. Prepotente è però tornata la voglia insopprimibile di comunicare con la parola scritta. Sono nati così i primi lavori, storie in rima per l’infanzia (con l’assurda speranza che le parole scritte fossero più efficaci di quelle dette a voce…). Da allora, però, lettori o non lettori, non ho più smesso, cercando di conciliare i miei impegni familiari e di insegnante – ho insegnato lingua e letteratura francese in vari istituti fiorentini – con la mia nuova attività. Sono seguite raccolte poetiche e narrative, frequentemente dedicate all’infanzia, all’avviamento della parola poetica anche tra i più piccoli (un mondo a me familiare, dal momento che ho avuto quattro figli ed ora ho quattro nipotini), ma anche qualche testimonianza critica e traduzione. Attualmente collaboro con qualche racconto e soprattutto con recensioni, con la rivista “Erba d’Arno” e sono redattrice della rivista Gradiva, ammirevole ponte di poesia e letteratura tra l’Italia e gli Stati Uniti. Ho anche diretto una collana di poesia per l’infanzia con la casa editrice Poiein, occupazione purtroppo di breve durata per la prematura scomparsa del suo direttore Gianmario Lucini, un carissimo amico, a cui devo molto e che ancora oggi rimpiango. Nella città in cui vivo, compatibilmente con il mio tempo libero, ho cercato di seguire i movimenti letterari che l’hanno animata in questi ultimi anni. Con presentazioni di autori e varie attività collaboro strettamente con l’Associazione Pianeta Poesia (www.pianetapoesia.it ), a cura di Franco Manescalchi. Un’attività che ha contribuito non poco alla mia formazione, aprendomi a mondi poetici altri, talvolta d’insospettabile interesse e bellezza.
A TU PER TU – Serenella Menichetti
Credo proprio che Serenella Menichetti, da abile cuoca – che non disdegna neppure, poi, di gustare lei stessa i manicaretti – abbia trovato i giusti ingredienti. Il giusto atteggiamento per preparare tutto con estrema cura ma senza l’ossessione di sbagliare, magari mettendo un pizzico di sale o di pepe in più. Cucina con occhio e mana attenta, ma intanto si gusta le risate dei nipoti, il passaggio dei vicini, magari anche di quella pettegola e di quello vanesio, e un’occhiata la dà anche al di là dei vetri, ai colori del tramonto, al sole, alla neve, alla vita che scorre.
Fuor di metafora, e abbandonando seppure a malincuore l’odorosa cucina, si può dire che la Menichetti, nei racconti e nelle poesie, nei versi e nella narrativa, si diverta a descrivere il mondo che vede. Credo che la parola chiave sia proprio “divertimento”. Che non significa affatto scarsa cura, o espressioni sciatte e approssimative. Anzi, è il contrario. Come in ogni gioco che si rispetti, l’impegno, la volontà, la determinazione a fare sempre meglio, sono parte integrante del meccanismo e del progetto, del senso innato dell’attività. La Menichetti ci tiene a ribadire che ciò che scrive è frutto di pura fantasia. Ed è sicuramente vero. Ma è interessante e suggestivo rilevare quanto l’invenzione somigli alla realtà, quanto possa servire a scorgere, attraverso uno specchio, le meraviglie (come Alice) ma anche le miserie di questo nostro tempo e di una tempo che non c’è, e quindi assume valore universale.
Si diverte, la Menichetti a mettere un po’ di sana cattiveria in ciò che scrive. Tornando agli amati fornelli, potremmo dire che a volte getta nella pietanza, con un sorriso, un grammo in più di peperoncino. Ma solo perché sa che non può fare male più di tanto. Anzi, a volte fa bene. Favorisce la circolazione, del cervello e di altri organi fondamentali. Ama le salse agrodolci, l’autrice. Mette un po’ di cattiveria nella bontà e viceversa. L’effetto è favorevole: rende le pietanze, letterarie s’intende, meno prevedibili, spesso stuzzicanti. In versi e in prosa racconta la vita, senza pretendere di offrire risposte né verità. Gioca, con serietà, a parlare di ciò che non è ma potrebbe essere e di ciò che è ma potrebbe non apparire per quello che è. La Menichetti ama la libertà, senza scordarsi i diritti degli altri, degli ultimi soprattutto, dei perdenti, degli sconfitti; e ama i sapori speziati che tuttavia non bruciano e non rovinano le papille gustative. Le sue Trame sono bucate ma solo per lasciare cogliere, nei profili, tra gli spazi, sprazzi di mondi possibili: “Osservavo, chiedevo, immaginavo. Soprattutto immaginavo. Tutto questo mi ha permesso di interiorizzare i vari comportamenti delle persone. Ed in seguito di cucirli addosso ai miei personaggi. Le mie storie non sono mai storie vere. Mi annoierei a morte a scriverle. Mi diverto a creare storie inedite, fantastiche, a volte pure surreali”.
Surreali. Come la vita, in fondo.
IM
A TU PER TU
UNA RETE DI VOCI
5 domande
a
Serenella Menichetti
1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.
Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?
Grazie dell’ospitalità
Sinceramente non mi è mai piaciuto parlare di me. Ci sono delle volte che mi odio moltissimo. Ma dal momento che questa domanda mi viene spesso formulata risponderò con una specie di biografia da me preparata per simili occasioni.
Mi chiamarono Serenella. Significato Lillà . Era un freddo 17 Febbraio del 1950 Ci volle un bel collante per appiccicarmi addosso quel nome.
Spinosa come ero assomigliavo più ad un cactus. Mi scrollai dalle spine e mi adeguai. Mai raggiunsi la bellezza del fiore di Lillà.
Cercai la serenità nella circonferenza del cerchio. Girai in lungo ed in largo ogni sillaba. indossai la muta da sub e mi immersi.
-Dove?-– Ma nel mio nome.-
-Perché?- -Per cercarmi.-
Rimasi sul fondo finché non mi trovai.
Riemersi dopo lunghi giorni.
Presi carta e penna e mi raccontai.
2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?
Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.
Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).
Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.
La mia opera letteraria è una raccolta di 21 racconti scritti in tempi diversi. I personaggi, molti di cui figure femminili, sono uomini e donne tormentate, sofferte. Essi nascono dall’impatto con la vita, dalla conoscenza e consapevolezza di un mondo sofferente. Diversi sono costretti nel dramma di una scelta, di una decisione improcrastinabile.
In questi miei scritti il messaggio è la denuncia dell’ingiustizia e della discriminazione verso le figure più deboli. Ognuno di noi è unico e va accettato per quello che è, senza pregiudizi né stereotipi. Per eliminare qualsiasi pregiudizio, dovremmo cercare di conoscere l’altro. Provare a mettersi nei suoi panni. Un altro messaggio riguarda l’accettazione del sé che troppo spesso è carente, perché la società ci offre dei modelli comportamentali al di la dei quali, ci sentiamo diversi, sbagliati. Credo che dovremmo accettarsi per quello che siamo e farsi accettare, perché questo è l’unico motore capace di dare quella spinta che ci aiuta ad uscire da certi tipi di situazione.
Il titolo Trame bucate, in questo caso, assume una connotazione positiva.
La trama è bucata perché è fatta di nodi di maglie, che lasciano fori, interstizi quasi impercettibili nel ritmo della tessitura. Il buco è per sua stessa natura mancante e, come ogni vuoto, anziché elemento difettante può essere letto nei termini di un invito alla libertà, all’unicità. Alla possibilità di aggiungere maglie. Di cambiare filato, di tessere nuovamente. Ogni racconto ha una trama. Ognuno ha la trama che la vita ha tessuto per lei; Ogni persona può attuare cambiamenti alla propria trama. Trama viene da trans-meare: passare di là. Solo attraversando con i filati i buchi della nostra esistenza potremmo salvarci. Leggi il seguito di questo post »
A TU PER TU – Natalizia Pinto
Il libro recente di cui parla Natalizia Pinto nell’intervista ha per titolo Intrecci. È, anche in questo caso, rivelatore. L’attività artistica dell’autrice pugliese è basata sullo scambio, sull’intersecarsi di dialoghi ed emozioni e sulle suggestioni che ne derivano.
“L’arte, che ho sempre amato, diventa ancora più importante per meglio essere con gli altri. L’arte suscita la curiosità, invita a raffinare lo stile espressivo e stili di vita più creativi e consoni alla consapevolezza che porta a creare bellezza, benessere e gioia di vivere”, scrive Natalizia. “Meglio essere con gli altri” è una sintesi efficace. Evoca una bella commistione tra dimensione psicologica e concreta, tra mente e corporeità. Fa pensare ad una di quelle ampie e assolate masserie pugliesi, al cibo genuino, olio, pane e vino buono e voglia di cercare autenticità, schiettezza, empatia. La generosità del dare è anche una forma di investimento sul proprio benessere.
Lo stesso discorso si può ricondurre anche alla dimensione letteraria, e questo accostamento ci consente di tornare al libro e a quegli Intrecci di cui si è detto, punto di partenza e di arrivo, percorso e meta. Natalizia ha effettuato una lunga e appassionata ricerca sul proprio modo di scrivere, ha limato, nutrito e amorevolmente sfrondato le proprie parole come si fa con gli alberi di ulivo. Allo stesso tempo ha viaggiato; è andata incontro agli autori, e alle persone, che sono stati per lei fonte di ispirazione, modello e stimolo. Uno in particolare, figura di riferimento per antonomasia, è il critico e poeta Giuseppe Panella.
“Grazie a lui – scrive l’autrice – è anche maturato in me l’amore per i Canti Orfici di cui parlo in Intrecci, chiudendo il libro con la poesia “Le rose del poeta” dedicata a Dino Campana e a Sibilla Aleramo. La prematura scomparsa di Giuseppe Panella, nel maggio 2019, ha creato un vuoto, che mi ha fatto riflettere sul grave peso della perdita, sull’impossibilità a rinunciare completamente a quanto amiamo e sul bisogno di cercare, nonostante, la felicità per continuare a vivere”. Queste parole confermano che la poesia non è fatta solo di parole. L’humus è sempre qualcosa che va oltre, più in profondità, un passo più avanti rispetto alla mera sequenza di grafemi e fonemi. Mi piace molto inoltre la scelta del vocabolo nella frase finale della citazione: “la felicità per continuare a vivere”. Avrebbe potuto parlare di forza per continuare, Natalizia, invece ha preferito felicità. Parola impegnativa, ingombrante. Ma se ha sentito di poterla e doverla usare, vuol dire che la generosità paga. Nel dare e nell’avere. La cura degli alberi delle parole aiuta a tenere vivo il corpo e qualcosa di tenace che cresce e resiste, dentro, all’interno.
IM
A TU PER TU
UNA RETE DI VOCI
5 domande
a
Natalizia Pinto
1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.
Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?
Lo faccio volentieri e ringrazio per questo dialogo. Parlare di se stessi ed essere obiettivi non è cosa facile, spesso si tende a denigrarsi o a darsi molto valore. Spero di realizzare, in poche righe, un giusto equilibrio.
Penso di essere una persona abbastanza aperta ed attenta nel cercare di comprendere quale possa essere il modo migliore per farmi capire e capire. So di non poter contare più sulla bellezza dei miei vent’anni e questo è per me quasi uno stimolo a creare e cercare nuove espressioni interiori, che possano compensarmi per piacermi di più. L’arte, che ho sempre amato, diventa ancora più importante per meglio essere con gli altri. L’arte suscita la curiosità, invita a raffinare lo stile espressivo e stili di vita più creativi e consoni alla consapevolezza che porta a creare bellezza, benessere e gioia di vivere.
2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?
Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.
Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).
Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.
Mi è difficile scegliere tra i tanti lavori realizzati e progetti nel cassetto. Mi limito a parlare della mia ultima pubblicazione: Intrecci, un libro che nasce dal recital dedicato al poeta e filosofo Giuseppe Panella, per ringraziarlo del modo con cui mi ha fatto crescere nell’elaborazione del pensiero artistico, filosofico e poetico. Non dimenticherò mai le sue parole: «Dovresti crearti uno stile che sia inconfondibilmente tuo» e aggiungeva che ci riuscivo già, ma che non avrei mai dovuto smettere di affinarlo e contraddistinguerlo. Grazie a lui, è anche maturato in me l’amore per i Canti Orfici di cui parlo in Intrecci, chiudendo il libro con la poesia Le rose del poeta dedicata a Dino Campana ed a Sibilla Aleramo. La prematura scomparsa di Giuseppe Panella, nel maggio 2019, ha creato un vuoto, che mi ha fatto riflettere sul grave peso della perdita, sull’impossibilità a rinunciare completamente a quanto amiamo e sul bisogno di cercare, nonostante, la felicità per continuare a vivere.
Il libro è dunque, tramite i racconti e le poesie, la ricerca di risposte a considerazioni sul dolore e su come da esso stesso si possa rinascere.
Intrecci ha suscitato particolarmente l’interesse di alcuni miei amici letterati e critici. Ne parli tu Ivano nella bella presentazione disposta nelle prime pagine di Intrecci. Ne approfitto per ringraziarti della disponibilità e del modo con cui hai curato il mio lavoro, iniziando con il caratterizzare l’essenza del libro, riportando i versi di Giuseppe Panella, che sono l’incipit al libro stesso: «Se la passione è troppo forte rischia il silenzio se troppo debole l’oblio». Hai amorevolmente considerato già il mio incontro con Panella un intreccio di destini. Esso prende corpo e consistenza nel dialogo letterario che abbraccia qualcosa di sempre più ampio: «… la possibilità dell’esistenza della poesia nella vita». Nella tua comprensione, affermi che: non a caso, dopo la scomparsa di Panella, l’omaggio che gli rivelo è fatta di gesti tangibili, di immagini, di suoni, di canti, di danze, di fondali teatrali e naturali, di sapori della terra, di quella carnalità che non contrasta con la spiritualità, ma che va, semmai a formare un tutt’uno con essa». Nella tua presentazione riporti la parola “passione”, «… intesa come fertile emozione di un connubio artistico, che sfocia in modo naturale nell’amicizia profonda, nella condivisione privilegiata di due esseri che guardano nella stessa direzione». Son sicura che anche Giuseppe ti è grato per questo bel cammeo di cui hai voluto farci dono.
Ed ora passo a parlare della prefazione al mio libro, curata della prof.ssa Angela Decarolis, amante dei classici e della natura. La mia amica pone l’attenzione sui luoghi, da quelli persi, sognati, desiderati, a quelli vissuti in prima persona o conosciuti attraverso il racconto degli avi. I luoghi, quasi complici delle nostre azioni, si intrecciano con i sentimenti umani, fluttuando tra i versi, la prosa e la narrazione. A questo proposito, ha riportato il mio pensiero: «I luoghi hanno bisogno dei nostri occhi, noi dei loro», in cui riconosco un DNA dei luoghi, convinzione che ho approfondito diversi anni fa nei miei due recital: Con i luoghi nel cuore e Sguardi e respiri.
La Decarolis afferma che nel recital Intrecci si è data voce ai sentimenti di tutti, intrecci di “moti del cuore”, “un guazzabuglio del cuore umano”, usando un’espressione manzoniana, e continua ringraziando per l’iniziativa dedicata a Giuseppe Panella «che continuerà a brillare nel cielo trapunto di piccole stelle e a sfidare con il suo canto poetico i silenzi immani dell’indifferenza».
In un incontro per una chiacchierata letteraria sul balcone di villa Laurentia, immerso in un bosco di querce, ricordo con gratitudine Angela Decarolis che, oltre a definire poliedrica la mia vena artistica, ha intravisto un percorso poetico che da Campana a Panella giunge a me, confermando il pensiero del critico letterario Ernest L’Arab che, senza conoscere il mio vissuto, a tu per tu con i silenzi, i suoni, i fruscii del vento, lo scorrere dei ruscelli di Marradi, nell’antologia poetica Con le armi della poesia, riconosce nei miei versi i caratteri dell’Orfismo: «… poesia dal carattere ancestrale, notturno, che penetra nei luoghi nascosti dell’animo umano».
Il libro Intrecci, come ho già su detto, si chiude con la poesia “Le rose del poeta”, dedicata a Dino Campana e Sibilla Aleramo, al loro amore tempestoso e traboccante. La lirica è nata vivendo le atmosfere di Marradi pregne dell’inconfondibile voce del poeta Campana.
Da ultimo, ma non per ultimo, parlo di quel che dice del mio libro la prof.ssa Patrizia Bessi, che per essere una raffinata amante della Storia dell’Arte, pone l’attenzione sulle immagini contenute nel mio libro; ne riporto le parole: «Nell’ultima pubblicazione della poetessa si possono intravedere i diversi tipi di intrecci, con le implicite interconnessioni. Tra i testi e le immagini che arricchiscono il libro intercorrono dei rapporti proporzionati, ricercati con cura che rivelano il sommo amore che la Pinto nutre per la storia dell’arte, per la fotografia e per ogni espressione della bellezza, portatrice di significati. A corredo di poesie e brani, l’autrice ha scelto oculatamente le opere d’arte e ha fermato con perizia e sensibilità il suo scatto fotografico su paesaggi e natura morta con rose». A tal proposito, la Bessi definisce struggente la mia poesia Il non detto a mia madre, descrivendone così l’immagine ad essa associata: «… gli intrecci dei rami ossuti creano, in virtù del vento che sfoca ogni cosa trascendendo il reale, una texture eterea, spirituale che evoca il dialogo tra le due anime …»
La Bessi, nel definire la cromaticità dei miei lavori, afferma che in essi gli opposti buio e luce si concatenano tra loro come morte e vita, aggiungendo, come, in Maria vestita di bianco, un accorato ricordo susciti la riflessione sul valore simbolico del bianco, colore del lutto e della rinascita e continua descrivendo e commentando così l’ immagine che accompagna la breve considerazione: «una parete imbiancata su cui si apre una porta, uno scorcio in un luogo – altrove, di canoviana memoria».
La Bessi afferma, inoltre, che l’allusione ai sepolcri è ripresa nel racconto: Stefano a Firenze, accompagnato dall’immagine de l’Angelo della notte di Giulio Monteverdi, una sorta di realismo, in cui Stefano e un angelo […] dopo lo straordinario incontro e la loro epifania, «… intrapresero percorsi opposti, tendendosi la mano fino a quando non furono completamente inghiottiti dai due orizzonti».
Personalmente aggiungo solamente, cercando di interpretare i versi su citati di Giuseppe Panella: «Se la passione è troppo forte rischia il silenzio se troppo debole l’oblio», che alla base di ogni azione umana rivolta al benessere e alla felicità, dovrebbe esserci la ricerca dell’equilibrio, elemento molto difficile da sostenere. Uno dei fini più significativi di Intrecci è quello di favorire la conoscenza di se stessi, intraprendendo il sentiero, i cui spunti siano dei segnali, che fanno capire come noi umani possiamo convivere con le perdite ed aumentare nel contempo la capacità di curare quanto di bello e caro abbiamo.
Questo obiettivo è comune a tutti i brani e le poesie di Intrecci, è il filo conduttore che li percorre portandosi dietro tutto quello che li accumuna, sebbene in situazioni ed in luoghi diversi.
3 ) Fai parte degli autori cosiddetti “puristi”, coloro che scrivono solo poesia o solo prosa, o ti dedichi a entrambe?
In caso affermativo, come interagiscono in te queste due differenti forme espressive?
La forma poetica e quella narrativa si compensano a vicenda. Mi capita spesso di desiderare di scrivere un racconto o un saggio, mentre scrivo o leggo una poesia, come solo una parola o una frase di un romanzo o di un saggio può ispirarmi dei versi.
4 ) Quale rapporto hai con gli altri autori? Prediligi un percorso “individuale” oppure gli scambi ti sono utili anche come stimolo per la tua attività artistica personale?
Hai dei punti di riferimento, sia tra i gli autori classici che tra quelli contemporanei?
Mi piace molto scambiare le mie idee con scrittori, artisti ed amici che si interessano e parlano di Arte. Non lo faccio solo per crescere, ma perché non potrei farne a meno: mi rende bella la vita.
Desidererei, pertanto, se fosse possibile, incontrarmi nel giardino delle Esperidi con il pretesto di sorseggiare una tazza di tè, con un’infinita lista di artisti: poeti, scrittori, e vista la mia passione per le arti figurative, anche pittori viventi e non. Sarebbe impossibile elencarli qui, sebbene tanto mi emozioni l’idea di questo chimerico incontro.
5 ) L’epidemia di Covid19 ha modificato abitudini, comportamenti e interazioni a livello globale.
Quali effetti ha avuto sul tuo modo di vivere, di pensare e di creare?
Ha limitato la tua produzione artistica o ha generato nuove forme espressive?
È per me il Covid una fatalità che mi fa soffrire, perché pericolosa e distruttiva. Sino ad ora, però, la mia vita letteraria e artistica non è stata intaccata. Il raccoglimento e la solitudine mi hanno aperta a nuovi interessi e ricerca di creative risorse artistiche facendomi sentire vicino alla amata Emily Dickinson.
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Poesie di Natalizia Pinto
NOTTE DI SAN LORENZO
Qui le ombre della sera
raccolgono gli intenti
che l’alba di questo giorno
ha coccolato
nei colori dei fiori
e sulle pareti
Qui le colonne reggono il cielo
in attesa di partorire scie di stelle
Qui centenari passi
sulle chianche bianche
perseguono i sogni
e la saggezza invoca le stelle.
*
GRANDIOSO
Dopo la valle
il primo bagliore dell’alba
respira un rossore lieve,
contorna le colline.
Una viola
in abbondanza di rugiada
macchia il muschio
sotto l’albero del fragno
C’è il sudore degli avi sulle pietre
che benedice il cielo per il buon raccolto.
È nel profondo silenzio
Il miraggio che si avvera.
*
LA NEBBIA NEL CANALE
Morbida bianca
va nella valle
Lenta … decisa avanza …
si spande
A riva dell’immenso corpo
le cime degli alberi sommersi
Immergersi nel tuo spazio etereo
è ridonare l’antico
a chi da quassù ti guarda
e in te si perde.
*
DEA
Attesi, nel mio intento
il sorgere di ogni giorno
io, complice delle stelle
raccolsi le pietre
che la notte il mare porta a riva
e ricamai la luce dell’alba.
*
VENTO D’ ORIENTE
S’adagia l’oriente
e canta la Musa
nei giardini notturni
tra stelle destate.
*
ANCESTRALE
Io
lupa
nella notte
affronto la luna
e mangio il silenzio.
Natalizia Pinto è nata a Locorotondo nella cornice della Valle d’Itria, vive attualmente a Fasano. Ha frequentato a Firenze corsi di scrittura creativa, dove ha potuto confrontarsi con Dacia Maraini e Iosif Aleksandrovic Brodskij. Nel 2003 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie Il tempo in cornice, Ed. ICI, con cui ha vinto il Premio speciale “Firenze Capitale D’Europa”. Al Premio Concorso di Poesia “Mille Pagine” 1995, organizzato da Palcoscenico Premio Parole al femminile, è stata inserita con la poesia Sardegna tra gli autori di dodici poesie scelte da Lidia Ravera. Con il saggio Sostegno alla felicità le è stato conferito il Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove lettere”,Ed. ICI. Una sua intervista curata dalla dott.ssa Cinzia Caroli è pubblicata nel Nono quaderno (Anno XII – numero 9 – Dicembre 2010) del Dipartimento di Scienze Pedagogiche e didattiche dell’Università di Bari, nel capitolo Poiési e Catarsé. Nel luglio del 2020 ha pubblicato il libro Intrecci, Ed “Il Faso”, dedicato al Filosofo e poeta Giuseppe Panella.
I suoi lavori sono stati commentati da diversi personaggi della cultura. Lo scrittore Stanislao Nievo ha commentato sul suo sito web il racconto Stefano a Firenze; l’italianista Ernest L’Arab ha definito orfica la sua poesia; il filosofo Giuseppe Panella e la scrittrice Maria Marcone hanno scritto una recensione al libro Il tempo in Cornice. Alcuni approfondimenti sulla vita artistico letteraria di Natalizia Pinto sono descritti nel sito web Il portale del sud all’indirizzo: http://www.ilportaledelsud.org/pinto_natalizia.htm
A TU PER TU – Rebecca Lena
“Amo la frammentarietà delle forme brevi, libere di cambiare direzione in qualsiasi momento, di saltare un po’ovunque nello spazio e nel tempo etereo, fuoriuscire in modo lento e magmatico, oppure esplodere viscosamente in blocchi, lapilli e ceneri”, scrive Rebecca Lena in una delle risposte all’intervista.
Il titolo del suo libro è Racconti della Controra, e nella definizione non c’è solo un’indicazione cronologica. C’è una presa di posizione, una collocazione spazio-temporale, un modo di osservare il mondo e se stessa in relazione ad esso. La questione non è solo essere “contro” (sarebbe troppo agevole e forse inutile). Consiste piuttosto nell’andare verso il mondo esterno senza snaturarsi. È una maniera di dirsi, di raccontare quella parte di sé che altrimenti resterebbe muta. I racconti del libro nascono dal blog dell’autrice, molto curato, attento anche all’importanza della dimensione iconografica. L’espressione di Rebecca Lena è ampia, a tutto tondo, e soprattutto è frutto di un modo di essere alieno ai facili compromessi. L’intervista offre molti spunti. Uno di quelli che mi ha maggiormente colpito, anche perché ricorda un racconto che ho scritto anni fa, è quello descritto da queste parole dell’autrice: “La scrittura breve sparge i pensieri su piani multidirezionali, senza organicità, senza progetto, forse in modo meno comprensibile, ma fieramente disobbediente. Le lettere sono state realmente consegnate, soprattutto a persone che non conoscevo, talvolta inventate e “riconosciute” nella folla, altre incontrate un giorno e ritrovate volontariamente. Insomma le consegno, come in una performance metaletteraria, in cui io stessa sono fessura nella membrana della finzione”.
È la prova che la realtà e la fantasia sono due volti della stessa luna, ed è un ulteriore incentivo a scoprire di più, del libro e dell’autrice.
Buona lettura, IM
A TU PER TU
UNA RETE DI VOCI
5 domande
a
Rebecca Lena
1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.
Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?
Nel mio autoritratto vedo un poliedro rotante con molte facce differenti. A primo impatto sono tantissime, l’una profondamente diversa dall’altra, nella testura, nell’area, nell’irregolarità.
L’osservatore che vuol contarle – prima di tutto me stessa nei miei slanci extracorporali – vi si approccia nel buio con un lumino, studia ogni faccia che, ruotando, gli si presenta davanti, ne conta 1, 2, 5, 16…ma a poco a poco comprende di essere caduto in inganno; un vizio di forma infatti scompone ogni spigolo del poliedro rimescolando la composizione al compimento di ogni rotazione (questo rimescolio avviene sempre nella zona d’ombra). Pertanto l’osservatore potrebbe rimanerne incatenato in un loop ossessivo, e il conteggio di ogni faccia, apparentemente vista di nuovo per la prima volta, non giunge mai a termine.
2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?
Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.
Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).
Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.
Racconti della Controra è il mio primo (e spero non ultimo) libro, una raccolta di storie e scritture brevi che risale al 2017, edito da Talos Edizioni. Nasce dall’attività del blog omonimo che questo mese ha compiuto esattamente 8 anni. Si tratta di un calderone di storie e ipnosi varie, alcune molto sperimentali, altre narrative e concatenate l’una all’altra. Il tempo e il dubbio sono due dei temi fondamentali. La Controra non è altro che il momento in cui il corpo giace paralizzato, per l’afa intorno e per il dubbio universale che sopraggiunge, il sole è allo zenith, ingoia le ombre dei vivi, così che possano temere di esser morti all’improvviso.
Attualmente l’attività “della Controra” continua attraverso il blog, ma si concentra su altre forme brevi di scrittura: le lettere (specialmente a sconosciuti che consegno realmente) e quello che mi viene da chiamare “mattoncini”, ovvero testi brevi, 1000-1700 caratteri circa, autoconclusivi, a volte narrativi, altre totalmente irrazionali, una sorta di zibaldone di sogni in cui ogni elemento subisce un cesellato lavoro di selezione linguistico-ritmica. Volgarmente li potrei considerare dei “post”, a cui spero di attribuire un qualche tipo di nobilitazione.
Ognuno è accompagnato o “guidato” da un lavoro fotografico che ne espande l’interpretazione. Le foto non sono mai illustrazione, ma viaggiano sullo stesso binario del testo con un linguaggio e un intento diverso, spesso arrivando dove il testo non riesce.
Come ribadisco quotidianamente “amo la frammentarietà delle forme brevi, libere di cambiare direzione in qualsiasi momento, di saltare un po’ ovunque nello spazio e nel tempo etereo, fuoriuscire in modo lento e magmatico, oppure esplodere viscosamente in blocchi, lapilli e ceneri. La scrittura breve sparge i pensieri su piani multidirezionali, senza organicità, senza progetto, forse in modo meno comprensibile, ma fieramente disobbediente.” Leggi il seguito di questo post »
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