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L’occhio verde dei prati

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Pubblico qui la mia recensione al libro di Donatella Nardin che ho avuto il piacere di leggere e di tradurre in inglese.

La nota critica parla tra l’altro di musica, di dissolvenze, di ossimori, del mondo che verrà e di una viola che bisogna divorare.

Buona lettura a chi vorrà leggere queste mie annotazioni, ma, come sempre, anche e soprattutto a chi vorrà leggere il libro. IM

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L’occhio verde dei prati

Il riferimento all’occhio presente in modo ineludibile nel titolo del libro di Donatella Nardin richiama il bene della vista, il dono prezioso dello sguardo. Ma non si tratta di un puro fenomeno ottico né tantomeno di semplice acquisizione di dati e immagini. Siamo di fronte nel contesto di questo volume a qualcosa di più ampio, un’osservazione che la vista rende possibile senza tuttavia esserne fine né meta. Lo sguardo parte dall’esterno per poi attraversare le ampie pianure del tempo e dell’interiorità. Al termine del tragitto ritorna a contemplare la bellezza della natura, simbolo di una profondità lineare ma complessa, ricca della consapevolezza del discrimine fondamentale, la linea di demarcazione tra ciò che è umano e ciò che esula dall’umanità vera, autentica.
Le liriche di questo libro sono tessere di un mosaico, o meglio ancora fili di vari colori il cui senso complessivo, la forma e la misura, trovano compimento nell’unità, ossia nella ritessitura di segmenti lacerati dal passare del tempo e dalla perdita di senso e sentimento, a livello individuale e collettivo, per i singoli uomini e le singole donne e per il mondo intero. La cura, intesa sia come farmaco che come riscoperta del gesto attento, appassionato e generoso, è nella poesia vera, fattiva, non di maniera o di facciata. La cura è nel ritrovarsi; e ancora una volta il verbo ha duplice valore, riferendosi sia al patrimonio di affetti di un’unica persona che alla totalità degli individui e dei popoli chiamati a riconoscere ciò che è salvifico. “Bisognerebbe donare un’ora/ buona al tempo, all’insipienza / un pensiero indulgente / come di violaciocche / splendenti tra le pagine nevose di gennaio. / Si potrebbe tentare di svelare / ciò che tiene insieme gli atomi / e le creature, la mano scesa / dall’alto a deporre un seme / d’infinito nella carnalità. / Ma abbiamo perduto l’occhio / svettante nel giusto e nel vero / quel candore che buca le tempie / cercando ricongiunzione”.
Come si evince anche dalla citazione qui sopra riportata, i versi della Nardin possiedono una musicalità innata originata dal gusto della ricerca che tuttavia non cancella la spontaneità. Di notevole valore è la conservazione costante di una “calviniana” leggerezza anche nei punti in cui il dettato assume valenze ampie, quasi allegoriche. In altri termini il senso, quello che in altri tempi si sarebbe definito “il messaggio”, non è mai urlato o imposto con altera retorica. L’autrice parla di sé, con schiettezza e coinvolgimento emotivo profondo, senza perdere la rotta, senza smarrire la lucidità, il rispetto per la parola e per la sua funzione comunicativa, e senza mai dimenticare che anche in poesia, con gli strumenti propri della poesia, si possono narrare le dinamiche della realtà descritta nei suoi eventi e mutamenti. In tal modo il raccontarsi può diventare specchio, tramite l’iride racchiusa nella pupilla e tramite quel verde che, pur con le sue innumerevoli sfumature e tonalità, è abbraccio universale.
Tale suasiva e profonda musicalità ha fatto da trait d’union, ha costituito un punto di connessione tra la lingua in cui le poesie della Nardin sono state concepite e scritte e la lingua in cui sono state tradotte, l’inglese. L’idioma in cui i versi sono confluiti, adattandosi a forme sintattiche e metriche diverse, ha acquisito la coloritura propria della lingua originale, nitida anche nei punti in cui la cupezza del rimpianto e la consapevolezza dell’estraneità rispetto ai modi e ai gesti della società oggi imperante risultano più intense. In tal modo, e in virtù della specificità del dettato poetico, il libro bilingue della Nardin assume ed evidenzia anche sotto l’aspetto squisitamente linguistico una fluida unitarietà.
“Ha immaginato così di svanire / tra le piccole acque che, nel loro / bisogno di assoluto, come lei / sanno il tempo e il gorgogliare / segreto di ogni mancanza. / Nella resa accogliere la finitezza / ché il finire possiede / la mite tracotanza dell’acqua / bambina”. Questa lirica che ha per titolo “Il finire” è per molti aspetti un efficace e in qualche misura riassuntivo parametro di alcune delle tematiche che questa raccolta propone con coerenza. In primo luogo il tempo, a cui si è già fatto necessariamente cenno. Ma non si tratta del solito carpe diem né di una nostalgia vaga e tutto sommato immotivata. Qui la parabola esistenziale è descritta con equilibrio e sincerità (altra parola chiave, quest’ultima). Sì perché sussiste una proporzionalità credibile, anche sul piano del linguaggio, tra la parte iniziale della lirica in cui la ragazza indossa maglietta e infradito, definiti senza sconti e senza abbellimenti edulcoranti. La scena accade oggi e descrive una ragazza come tante, non un’eroina arcadica sospesa in un tempo indefinito e astratto. La ragazza è specchio di ogni donna, così come la riva del fiume in cui tutto accade è imbronciata anch’essa, quasi ad assumere il sentire umano, come se la natura non fosse solo specchio ma respiro e stato d’animo condiviso. E solo allora, quasi a sorpresa, l’occhio finalmente vede, e coglie un dettaglio rivelato da un aggettivo. I capelli sono imbiancati; la ragazza non è più tale, o meglio, porta dentro di sé la gioventù di un tempo in un corpo maturo. Ma ancora quella donna non più ragazza continua ad attendere il risveglio del mattino. E immagina di svanire tra acque che ancora confermano profonda empatia dimostrando di conoscere il gorgogliare segreto di ogni mancanza.
I quattro versi finali della lirica sono “ossimorici” a più livelli. Innanzitutto sul piano del significato, del gesto, della scelta: la resa accoglie la finitezza del finire. Il verbo accogliere, seppure riferito ad una sconfitta, fa pensare ad un sorriso. Amaro, immensamente agro, certo. Ma è un ospite a cui si apre comunque la porta, con un respiro di sollievo, paradossale ma profondo. Si apre la porta e si prende atto che l’ospite una volta entrato non se ne andrà. Bisognerà conviverci. Parlandogli con schiettezza. Tanto già conosce tutto di noi, è sempre stato presente, c’era già prima della maglietta verde petrolio e delle infradito. Parlando con l’ospite nostro malgrado osserviamo e metabolizziamo l’ossimoro più puro e più distruttivo: la mite tracotanza dell’acqua bambina. Forse la nostalgia di una purezza che non è mai esistita. Quella bambina, comunque, non tornerà. Almeno non nella forma di un candore asettico illuminato da un sole mitico che oggi (e forse anche allora) è il riflesso di un riflesso, proiezione di un’idea. Non è un caso forse, ed è un’ipotesi attraente anche questa, che l’unico rimedio alla tracotanza della nostalgia (mite, in apparenza, e quindi ancora più dolorosa) sia svanire. Ossia sparire al mondo, a quella parte del mondo con cui non c’è interazione possibile, non c’è dialogo che possa condurre a sentire in modo analogo. Svanire dunque, come strada necessaria. Andare in dissolvenza, come in ambito cinematografico. E anche nella vita, come nelle pellicole dei film, il passaggio da una scena all’altra non è taglio netto, non è scissione. È continuità nella differenza. L’acqua bambina non tornerà, è passata, trascorsa in direzione di un mare lontano. Non torna ma resta come eco, come sguardo, nel verde della maglietta, dell’occhio e del prato. Sapere svanire è forse la sola arte realizzabile. Sparire senza smettere di essere presente, come mente, pensiero, voce, parola detta e scritta, e anche come corpo (interessante e condivisibile a questo proposito il riferimento alla carnalità come asse portante del libro a cui fa cenno Riccardo Deiana nella postfazione).
Lo sguardo, l’occhio della Nardin, è attento e acuto, proprio perché mai disgiunto dalla mente e dal cuore. Rileva e metabolizza, senza tralasciare niente, senza sconti e senza infingimenti, il buio, la luce e i chiaroscuri. Coglie e annota, seguendo il filo rosso delle varie sezioni del libro, “Le vite care”, “Le creature murate”, “Il fuori”, “Il dentro” e “The next world, Il mondo che verrà”. Descrive una a fianco all’altro la luce e il buio. Ritrae tramite versi fermi, vigilati, non inclini alla retorica né al compiacimento, le violenze, le ferite, la bellezza violata, la perdita della purezza e dell’illusione.
Nella lirica “Amori negati” introduce i suoi versi tramite una citazione da un biglietto di Cesare Pavese a Fernanda Pivano: “La fioraia mi ha detto: le farò fare proprio bella figura. Io non voglio”. La fa seguire da un composizione che contiene anch’essa in nuce i temi chiave di questa raccolta e della poetica della Nardin: il tempo, la speranza, tradita, “mangiata”, divorata dalla realtà; l’invocazione, l’anelito alla rinascita, l’impossibilità di sperare ulteriormente, il nulla come inesorabile sipario:
“Come impetuosi torrenti di sole / rinascere ogni giorno in segreto / alla vita, a pelle nuda rinascere / diade alla preghiera innalzata / – trepida l’invocazione / nella sua dedizione – / se non fosse che in punta di piedi / si è mangiata l’armoniosa / pulsione il timido fiore, / se non fosse che anche il domani / finisce e, finendo, non rifiorisce / con tutto ciò che dovrebbe / fino alla fine accudire / e che invece dispera e nulla più”.
Non è dominata esclusivamente dal gusto della commiserazione la poesia di questo libro, comunque, non è “opera al nero”. Contiene una gamma ampia di colori, a partire dal verde del titolo. Descrive la vita nelle sue sfumature cangianti come i chiarori e le ombre, i raggi accecanti e i riflessi più tenui. La Nardin è poetessa di chiaroscuri, osserva il mondo senza trascurare nessuna delle sue forme e manifestazioni. Dopo l’assimilazione visiva subentra sempre, come detto, la riflessione, il ragionare, mai scevro di sentimento ma allo stesso tempo rigoroso e obiettivo. I colori vengono corrosi dal tempo, che divora, assieme a loro, la lucentezza delle speranze che anni prima sembravano potere splendere in modo imperituro. Alla poesia non resta che ritrarre l’enigma, il mutare inesorabile degli orizzonti. Alla poesia resta il compito di ipotizzare risposte a domande impossibili. O ad enigmi che possiedono infinite soluzioni, una per ogni destino individuale, oppure non possiedono alcuna chiave risolutiva, se non la consapevolezza della finitezza. “Splendori e congedi di ali / troppo grandi per questo / piccolissimo cielo. / Ha raccolto per l’ultima volta / le pesche gialle, succose dagli / alberi piantati quarant’anni / prima. / E ora come faremo – si sono / chiesti i rimasti, sfiniti / dal nulla – come faremo / a respirare, intensa e lieve / la sua luce terrena per mutarla / infine in dolce memoria? / Bisognerebbe forse ingoiare / una viola per ridare vivacità / all’insieme discorde, / come un nuovo nome, magia / che non tiene ma che celebra / la sottrazione”.
Per tutti i lettori alla deriva nel flusso spietato, per tutti i “rimasti, sfiniti dal nulla” di questo nostro tempo impalpabile e feroce, la poesia della Nardin è un modo per riflettere sul senso e sulla funzione di quella viola che racchiude in sé l’armonia perfino del distacco, della nostalgia, della variazione sul tema della caducità di ogni cosa. Quella viola misteriosa e lucente che dovremmo ingoiare si chiama poesia.
Ivano Mugnaini
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Note biografiche di Donatella Nardin

Sono nata e risiedo a Cavallino Treporti-Venezia. Dopo gli studi classici ho lavorato nel settore turistico con incarichi anche dirigenziali.Appassionata da sempre di lettura e scrittura, soprattutto poetica, solo negli ultimi anni ho deciso di dare visibilità ai miei scritti partecipando a vari Concorsi Letterari con risultati soddisfacenti. Mi sono stati infatti attribuiti numerosi premi e riconoscimenti – oltre centosettanta – quali menzioni d’onore, segnalazioni di merito, premi speciali delle giurie e classificazioni ai primi tre posti o da finalista nelle varie graduatorie concorsuali.

Nel 2014, quale premio editoriale di un Concorso, è stata pubblicata per le Edizioni Il Fiorino la mia silloge “In attesa di cielo “  (Premio Giovanni Gronchi, Premio Cinqueterre Golfo dei Poeti, Premio Rivalta-Roberto  Magni, Premio Leandro Polverini). Nel 2015, sempre per le Edizioni Il Fiorino, è stata data alle stampe la mia raccolta di liriche haiku “Le ragioni dell’oro” (Premio Giovanni Gronchi, Premio speciale della Giuria al Premo Letterario Città di Arona)

Nel 2017, essendomi classificata tra i vincitori del Concorso “ Pubblica con noi ”, è stato dato alle stampe per Fara Editore il mio terzo libro di poesie “Terre d’acqua“ (Secondo classificato al Premio Città di Arona, Menzione di merito al Premio Città di Copenaghen, Finalista al Concorso Letterario Poeta per caso e al Premio Michelangelo Buonarroti, Primo Premio alla XXI Edizione del Premio Il Litorale, Menzione di Merito al Premio Poetika, IV Classificato al Premio Maria Cumani Quasimodo e Medaglia Aurea al Premio Emozioni Poetiche.) A maggio 2018, in un felice connubio tra pittura e poesia, una mia silloge breve è stata trasposta su forex ed esposta all’interno della mostra “Meraviglie d’Oriente” accanto ai dipinti del Maestro Luigi Ballarin, noto artista che opera tra Venezia, Roma e Istanbul. Nel febbraio 2020, di nuovo per Fara Editore, è stata pubblicata la mia quarta raccolta poetica dal titolo “Rosa del battito”. A trenta poesie, facenti parte della silloge, è stato attribuito Il Premio Speciale della Giuria al Premio Internazionale di Poesia Besio 1860. Il libro si è inoltre classificato al Primo Posto al Premio Letterario Internazionale Mario Luzi 2020, finalista al Premio Tra Secchia e Panaro e ha ricevuto una Menzione d’onore alla 34 Ed. del Premio Lorenzo Montano-Anterem Ed.  Ad aprile 2023 Fara Ed. ha editato la silloge “L’occhio verde dei prati” in edizione bilingue italiano-inglese a cura di Ivano Mugnaini. Alla raccolta è stata attribuita una segnalazione al Concorso Narrapoetando 2023. E ancora ad aprile 2023 ho pubblicato, sia in versione cartacea che in e-book, “Il dono e la cura” Aletti Editore, opera poetica che è stata tradotta in arabo dal Professor Emerito Hafeiz Haidar.  A maggio 2023 alcuni miei testi sono stati selezionati per essere  presentati ed esposti alla Mostra Pro Biennale di Venezia. La Mostra,  organizzata dal Curatore d’Arte e scrittore Salvo Nugnes presso il padiglione Spoleto dello storico Palazzo Rota Ivancich, è stata  introdotta e commentata da Vittorio Sgarbi ed è stata visitata da numerose personalità del mondo dell’Arte, della Cultura e delle Istituzioni.  Molte mie poesie e alcuni racconti sono stati inseriti in antologie di Concorsi Letterari, in alcuni siti on line e in lit-blog dedicati, in riviste letterarie anche straniere, in raccolte collettanee di Case Editrici come LietoColle, La Vita Felice, Fusibilia, Terre d’ulivi, Empiria e Fara Editore. Alcuni miei testi infine sono stati tradotti in inglese, in francese e in spagnolo  mentre alcuni miei haiku, tradotti in giapponese, sono apparsi sia sulla rivista letteraria Aoi che su quella della Kokusai Haiku Kyokai. Note e contributi critici sulla mia scrittura sono stati stilati, tra gli altri, da Nazario Pardini, Gian Ruggero Manzoni, Antonio Spagnuolo, Fernanda Ferraresso, Fabrizio Bregoli, Fulvio Castellani, Angela Caccia, Vincenzo D’Alessio, Carla D’Aronzo, Ivano Mugnaini, Renzo Montagnoli Giuseppe Vetromile, Salvatore Cutrupi, Claudia Piccinno

Milano OltrePop. Intervista a Flavio Oreglio

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Spesso accade che le persone che sanno ridere (e nel caso specifico anche far ridere) siano anche molto serie, con molte cose da dire, capaci di ascoltare e di fornire coordinate  interessanti per esplorare la geografia, la storia e alcuni angoli della metropoli, del mondo e del tempo che in genere sfuggono agli sguardi frettolosi, da turisti.

Oreglio canta, nel duetto con Roberto Vecchioni e in questo suo Milano OltrePop, “con i piedi nel passato e lo sguardo dritto e attento nel futuro”.

Per riassumere tutti e temi gli spunti trattati nell’intervista ci vorrebbe veramente troppo tempo. Meglio, per chi vorrà, leggerla direttamente.

Buona lettura e buon ascolto

IM

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Milano OltrePop

Intervista a Flavio Oreglio

1 ) “Con i piedi nel passato/ e lo sguardo dritto e attento nel futuro”. Comincerei col proporti più che una domanda un tema a piacere (come si faceva a scuola qualche annetto fa). Ossia qualche tua considerazione a ruota libera per mettere in relazione il disco con i versi di Pierangelo Bertoli che ho citato, con piacere, in apertura.

La citazione di Bertoli che ho inserito nell’introduzione al disco non è casuale. Troppo spesso, infatti, la riproposta di brani del passato (chiamata “tributo” oppure “omaggio”) è vista come operazione-nostalgia, come un “Do you remember?” o un “Bei tempi quelli”… ecco… niente di tutto questo mi appartiene. Io guardo avanti con la consapevolezza del punto di partenza, in questo senso i piedi sono nel passato ma lo sguardo è dritto e attento nel futuro. E a proposito delle cosiddette “radici” permettimi di aggiungere una cosa: la loro riscoperta non deve essere coltivata per ostentare una sorta di “appartenenza” ad excludendum, modello il Marchese del Grillo “Noi siamo noi e voi non siete un cazzo” e non deve servire per erigere o giustificare muri di separazione con chi quelle radici non condivide. Le radici sono memoria e ricchezza culturale, vanno sicuramente tramandate ma anche analizzate criticamente. Molti loro aspetti che oggi ci appaiono come “politicamente scorretti” si possono giustificare con l’esistenza di una mentalità, ma non devono servire oggi per giustificare una mentalità con la loro esistenza.

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Premio nazionale di scrittura teatrale Marco Praga

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Agli autori di testi teatrali e a chi voglia provare a cimentarsi con la scrittura teatrale, segnalo questo Premio indetto da Macabor Editore.

La partecipazione è gratuita.

Buona scrittura, IM

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PANORAMI CONGENIALI – La parola

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Un repêchage. Ripropongo  a distanza di qualche anno PANORAMI CONGENIALI, una rubrica scritta all’epoca per il sito Speaker’s Corner della Bompiani RCS. Si tratti di articoli basati sulle citazioni di pensieri di letterati, pensatori ed artisti su alcuni temi fondamentali. Lo spessore delle fonti citate ne garantisce l’attualità. La qualità non teme il tempo.
Propongo qui di seguito l’introduzione della rubrica e il primo articolo dedicato a LA PAROLA.

Acropoli Atene Grecia - Foto gratis su Pixabay

  PANORAMI CONGENIALI

        Come indica con un gioco di parole il titolo di questa mia nuova rubrica, il volo panoramico avrà come guida e sostegno compagni di viaggio particolari: i geni di epoche lontane e recenti. Le ali dei geni saranno, volta per volta, congeniali. Proverò a vedere in che modo scrittori e uomini di pensiero hanno trattato uno stesso argomento, un tema comune. Annotando analogie e divergenze. E concedendomi magari il lusso di dire anche la mia, tentando collegamenti con l’età presente, misera e mirabile.

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A TU PER TU – Villa Dominica Balbinot

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“Obiettivamente ostica incandescente urticante, magari pure scandalosa, addirittura probabilmente impoetica per eccellenza, anche per non finire a dare una visione falsamente idilliaca […] cosa quest’ultima per cui mi dichiaro apertamente ‘non adatta’, intellettualmente e ‘midollarmente’ non adatta. Quella che vado espressivamente rappresentando è la condizione umana ‘perenne'[…] io parlando della vita e della morte non posso essere contemporanea nel senso più tradizionalistico e forse riduttivistico del termine (come contingente) ma forse contemporanea perenne, perennemente attuale in un certo senso”.
Dal modo con cui le autrici e gli autori tracciano i contorni del proprio autoritratto si comprendono, per riflesso, molti aspetti del loro modo di rappresentare loro stessi in rapporto al mondo, anche attraverso la scrittura.
La mano di Villa Dominica Balbinot è allo stesso tempo passionale e riflessiva. Procede per scatti ed arresti, come se volesse sempre mantenere vivi, presenti e in primo piano, la forza e la riflessione, l’uragano e il chiarore. Un contrasto forte, in grado di generare dei chiaroscuri intensi. Uno specchio della vita, del tempo, degli eventi e dei mutamenti e di ciò che resta, come un infinito occhio del ciclone, a sovrastarci, a farci spalancare gli occhi di timore ma anche di sete, elettrizzati da quell’atmosfera in cui tutto il bene e tutto il male si scontrano generando scintille che illuminano a tratti il mistero dell’esistere.
Un percorso coerente, quello dell’autrice, che tra le righe delle risposte all’intervista ha inserito anche alcuni suoi versi, a testimonianza di una ricerca attualmente in corso sulla parola per renderla il più possibile vicina al suo progetto e alle motivazioni che la muovono, spingendola a creare meditando sulla “terribilezza” per usare un termine da lei coniato, quasi a voler andare oltre il più usuale vocabolo, ormai usurato dai tempi e della realtà.  “Ossessionata dalla mortalità che cerca in qualche modo di raggelare per poterne almeno parlare visto la sua tremenda ustionatezza al limite dell’indicibile”.
Una poesia di terra e di fuoco, quindi, sospesa tra il presente e un tempo ulteriore, tra costruzione e distruzione, a tratti anche sintattica, per giungere ad un livello di rappresentazione di una condizione umana che la Balbinot non considera più “cantabile” con sintonie ed accordi ma solo per sequenze di bagliori ustionanti
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A TU PER TU

UNA RETE DI VOCI

 

 QUEL LUOGO DELLE SABBIE di Villa Dominica Balbinot – nota di lettura Doris  Emilia Bragagnini – NeobarILMIOLIBRO - FEBBRE LESSICALE - Libro di VILLA DOMINICA BALBINOT

 

 

 

 

5 domande

a

Villa Dominica Balbinot

 

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?

Intendo dare espressione a quella che sono arrivata a considerare la assoluta tragicità perenne della condizione umana, di cui azzardo una rappresentazione espressiva, una fredda visione (forse in alcuni punti disagevole, respingente perfino senza sconti comunque per nessuno-compresa me stessa beninteso), divisi come sono – e dalla notte dei tempi – gli esseri umani tra vittime e carnefici in un mondo che davvero può essere desolato.

Mentre scrivo queste puntualizzazioni e mi vado rileggendo mi rendo conto una volta di più che la tematica che mi sono azzardata a voler rappresentare è senz’altro obiettivamente ostica incandescente urticante, magari pure scandalosa, addirittura probabilmente “impoetica” per eccellenza, anche se a mio parere volendo mettersi a parlare della condizione umana, della vita e della morte insomma nulla dovrebbe a priori essere tematicamente escluso e questo anche per non finire a dare una visione falsamente idilliaca [cosa quest’ultima per cui mi dichiaro apertamente “non adatta”, intellettualmente e “midollarmente” non adatta]. Quella che vado espressivamente rappresentando è quella che secondo me è la condizione umana “perenne” al di là del cambio generazionale e al di là dei cambiamenti storici che pur tuttavia gradualmente esistono (e meno male se no ancora peggio direi), io parlando della vita e della morte che sempre si ripete nella sostanza non posso essere contemporanea nel senso più tradizionalistico e forse riduttivistico del termine (come contingente) ma forse contemporanea perenne, perennemente attuale in un certo senso.
Io – complessivamente e riassuntivamente mi presenterei così: «astorica» (ma nel senso che ahimè vedo nella storia ripetersi stesse dinamiche di base), perturbante, ontologicamente ribelle, Villa DOMINICA BALBINOT assorta medita sulla “terribilezza”. Ossessionata dalla mortalità che cerca in qualche modo di raggelare per poterne almeno parlare visto la sua tremenda ustionatezza al limite dell’indicibile”.

Per meglio – e più esattamente-rappresentare in parole il mio sentire ho qui pensato di riportare alcuni versi che ho messo come estrapolazioni altamente indicative sulla copertina di miei tre libri, aggiungendo poi anche due intere poesie ad esempio del mio intendimento e anche in un certo modo della modalità in cui la mia espressione poetica viene a prendere forma.

Ecco:

  • ”…E certo terribilezza vi era, ma alta- e sul freddo versante…

Riguardo alla “terribilezza”, una poesia recente incentrata sul tema:

E LA TERRA ANTICA – E TERRIBILE

(In questo mare della innocenza
dove nessuno è innocente
avrei abitato in una dimora
liscia compatta
color di malva – e dolce)

E sulla terra antica e terribile
( nel bisogno di assassinio di queste città)
nell’obliqua solarità del pomeriggio
– nella fioritura fuori stagione-
l’autunno perdeva un poco del suo mite calore
visto da vicino,
(e foglia dopo foglia)
con gli splendidi ingannevoli colori della morte,
nebbiosi sulle acque.
Nel -solo- lago spento,
come un santuario senza rumore,
tutte queste estati travolte,
là i campi di silenzio,
nelle ore della notte,
quel bianco bagliore,ottuso.

19/07/2020

[sulla copertina del secondo libro QUEL LUOGO DELLE SABBIE]

  • (L’immenso abbandono degli uomini era intorno a lei- e tutta quella ostinata vocazione alla assenza…cit.)

[sulla copertina del terzo libro “I fiori erano fermi- e lontani…]

 

  • “…al di sotto della pelle lei si sentiva scabra, straordinariamente netta…”

[ sulla copertina del 4 libro E tutti quegli azzurri fuochi…]

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A TU PER TU – Bruno Bartoletti

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Le domande di A TU PER TU oggi sono rivolte a Bruno Bartoletti.
I due cardini, o meglio le due pietre miliari del percorso umano e artistico di Bartoletti sono la scuola e la poesia. Due percorsi paralleli che nel suo caso tuttavia spesso si sono affiancati fino al punto di intersecarsi, felicemente. La scuola, i giovani quindi, a cui Bartoletti ha insegnato per molti anni, ma da cui ha anche imparato, l’immediatezza, il rifiuto delle etichette e di eccessivi formalismi, e, soprattutto, la fedeltà assoluta e appassionata a ciò che più emoziona.
Nel caso di Bartoletti direi che la passione più grande è la poesia. Ad essa ha dedicato il proprio studio, le proprie ricerche, le presentazioni, le letture generose anche dei libri altrui e il Premio “Agostino Venanzio Reali” da lui presieduto.  Ha letto e scritto poesia con la stessa emozione, senza mai perdere il gusto fondamentale di stupirsi per l’incontro con la bellezza evocata dalle parole.
Buona lettura, IM

L’obiettivo della rubrica A TU PER TU, rinnovata in un quest’epoca di contagi e di necessari riadattamenti di modi, tempi e relazioni, è, appunto, quella di costruire una rete, un insieme di nodi su cui fare leva, per attraversare la sensazione di vuoto impalpabile ritrovando punti di appoggio, sostegno, dialogo e scambio.

Rivolgerò ad alcune autrici ed alcuni autori, del mondo letterario e non solo, italiani e di altre nazioni, un numero limitato di domande, il più possibile dirette ed essenziali, in tutte le accezioni del termine.

Le domande permetteranno a ciascuna e a ciascuno di presentare se stessi e i cardini, gli snodi del proprio modo di essere e di fare arte: il proprio lavoro e ciò che lo nutre e lo ispira.

Saranno volta per volta le stesse domande.

Le risposte di artisti con background differenti e diversi stili e approcci, consentiranno, tramite analogie e contrasti, di avere un quadro il più possibile ampio e vario individuando i punti di appoggio di quella rete di voci, di volti e di espressioni a cui si è fatto cenno e a cui è ispirata questa rubrica.

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5 domande

a

Bruno Bartoletti

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?

Buongiorno,

mi chiamo Bruno Bartoletti, sono nato a Sogliano al Rubicone, piccolo paese della Romagna così caro a Giovanni Pascoli, ho vissuto per oltre quarant’anni nella scuola, prima come insegnante poi come preside, da una decina d’anni ho raggiunto l’età della pensione che mi permette di coltivare e approfondire i miei interessi. Mi piace leggere, studiare e, quando è possibile, scrivere, seguire i giovani, ma non per insegnare poesia (la poesia non si insegna, si offre), tenere relazioni, parlare di poesia, leggere poesia. Mi sento soprattutto una persona di scuola e un insegnante che ha ancora voglia di imparare. Non so che cosa avrei fatto se non fossi stato un insegnante.

Ecco il punto fermo di chi nella scuola ha attraversato i suoi anni migliori. Ci penso spesso, e penso anche a cosa potevo fare di più e meglio. Ogni tanto mi fermo e guardo altrove, inseguendo piccoli segni con gli occhi persi. Inseguo delle immagini, ricordi, congetture, volti ancora vivi. Senza perdermi tra le carte, i programmi, i progetti, mi perdo in mezzo ai volti. Specialmente volti di ragazzi. E ancora ricordo, finché, a distanza di anni, tutto si cancellerà e si apriranno nuove strade per immergersi nel grande mare del sapere grazie agli innumerevoli autori e scrittori e critici e poeti.

Presiedo l’Associazione culturale “Agostino Venanzio Reali” e l’omonimo premio nazionale biennale di poesia.

2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

Il mio ultimo libro è uscito un mese fa, ma, causa covid-19, non ha potuto avere alcuna presentazione. Non ha importanza. Il titolo è rubato a un verso di L’aquilone di Giovanni Pascoli, eppur, felice te che al vento, edito da Youcanprint. Si incontrano in queste pagine amici, compagni che ho perduto, persone ritrovate, perché la morte non cancella, ma rende più uniti, più bisognosi gli uni degli altri. La poesia cerca di ricucire questi incontri mentre si attraversa la piazza della mia e vostra memoria. E intanto volano le rondini e tornano sempre allo stesso nido, con amore e pazienza. Leggi il seguito di questo post »

Inadeguato all’eterno: lettera in prosa e versi

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 Ho esitato a lungo prima di pubblicare questa “lettera in prosa e versi” di Roberta Pelachin.
Mi sembrava che pubblicarla potesse sembrare “autoreferenziale”, un atto in qualche modo narcisistico.
Poi l’ho riletta e mi sono reso conto che non pubblicarla sarebbe stato un errore. Per prima cosa perché è splendidamente scritta e contiene riferimenti e citazioni di notevole bellezza e valore simbolico, sulla letteratura e sulla vita: Baudelaire, Hölderlin, Leopardi, Orwell, Wordsworth, Yeats, riferimenti a Goya e al neuroscienziato Antonio Damasio e versi di cui la stessa Pelachin è autrice.
La ragione principale per cui la pubblico (dopo aver consultato Roberta) però è un’altra:
serve a confermare che “il canto genera canto” ossia che la parola ha il potere di dare vita ad altre parole, altre sensazioni, altri mondi possibili.
Il mio libro Inadeguato all’eterno è stata l’occasione, la scintilla.
In realtà Roberta Pelachin ha dato vita, partendo dalle pagine del libro, al suo fuoco e al gelo della solitudine dovuta alla perdita di suo marito, compagno di molti anni di vita, Giulio Giorello.
Il mio libro ha dato il la, ma il canto è suo, ed è condiviso.
Ognuno secondo i suoi contrappunti, le analogie e i contrasti, le tonalità e i movimenti interni.
Con l’armonia autentica che nasce dalla varietà e verità di suggestioni e situazioni che trovano in un accordo la sintesi, la chiave di un mistero fatto di buio e di sete di luce. 
IM

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Roberta Pelachin

(considerazioni e suggestioni in forma di epistola

ispirate dalla lettura del libro Inadeguato all’eterno)

Nel mio tempo lo scarto si è riempito di una lontananza che incombe. La morte di Giulio. Non un’icona dell’amore, ma un uomo inquieto, a volte dolce e appassionato, a volte scabro e tagliente. Mentre era ricoverato in ospedale per il Covid, due mesi sono lunghi, espresse un desiderio: sposarmi. Per ricambiare il mio affetto e condividere il tempo a venire. Un dono inaspettato, gratuito, forse… è questo l’amore. Negli ultimi giorni della sua vita dormivo a frammenti. Mi svegliavo all’improvviso e mettevo una mano sul petto per sentirne il movimento, il respiro. Poi, le nostre dita si annodavano calde sopra un corpo immobile e fiacco. “Aiutami!”, mi sussurrava. Ma io che altro potevo? Quando un affetto ha fine non c’è differenza tra abbandono o morte. Rimane solo l’assenza. La nuda, gelida assenza. Il letto troppo grande, le stanze mute, la scrivania assettata.

E i tuoi versi che scorrono davanti a me, caro Ivano, leniscono la pena. Mi accorgo che “la tempesta “[…] ti lascia solo l’attimo, / lo scarto, fessura breve / di silenzio afferrato in controtempo: / ascoltare, lontano, / l’eco, il suono, la speranza: / una vana, vitale tempesta.” Sono i versi finali dell’ultima lirica. E spero anch’io che questa bufera, che mi lascia spossata contro rocce artigliate dal vento, si acquieti poco alla volta. E, se pur vana, rimanga vitale.

Così il mio vagare di verso in verso nei tuoi Canti addolcisce le ore. Il tempo lento… inadeguato all’eterno? Sappiamo che non esiste un tempo assoluto, eterno metro e misura dell’Universo intero, ma esiste quello mio, quello tuo, quello di ogni essere vivo che cammina, esita incerto, prosegue a saltelli, si strascica lungo il sentiero. E si lascia andare, ogni tanto, a gioie inattese.

E altre voci suggeriscono gorgheggi, fatti di ali e di piume. Qualcuno li ascoltò…

Il tordo era al sole, loro erano all’ombra.

Aprì le ali poi le richiuse piano, piano, chinò la testa per un attimo,

come per una specie di tributo al sole, e poi mise fuori,

senz’altro indugio, un torrente di canti…

Per chi, per che cosa cantava quell’uccello?

Nessun compagno, nessun rivale gli stava accanto…

Che cosa gli faceva rovesciare quella musica prodigiosa dentro al nulla?…

Era come se si sentisse inondato d’un qualche cosa di liquido,

mescolato alla luce del sole…

Winston smise di pensare e si preoccupò solo di sentire.

George Orwell

Lo spazio bianco tra riga e riga calma lo sguardo. Ristora la mente. Socchiudo gli occhi per centellinare parole, suoni, immagini, un amalgama magico che solo la poesia svela con parsimonia, con garbo. A volte graffia. Leggo ad alta voce. Solo la mia tra echi di una stanza sola. Ogni Canto è canto, e va ascoltato per impregnarsi della sonorità, dell’armonia delle parole.

Ricordo quando scrissi di

Sirene celesti, platoniche, arcane visioni

che intonavano una nota, una sola, ruotando

nel moto di fusi che reggevano delle orbite il volo.

La sorte a ognuna un suono aveva elargito,

così il Cosmo tutto irradiava di eufonie

e consonanze in lieta armonia.

A volte, le Sirene scendono nel mondo dalle sfere scintillanti, abbigliate di acqua e di aria, e ci ispirano Canti. Piccole chiose, le mie, per cantare con te, di te.

     Inadeguato all’eterno Un frangibile istante, “fragile, sporco, inadeguato all’eterno” appare e dispare come di porcellana, se pure all’amore si aggrappa, come roccia che affiora da marosi irrequieti. L’amore dove “le braccia spalancate / della ragazza nuda / avranno la pietà del miele selvatico”? Come un bagliore fende della notte il buio freddo, così “il suo sorriso / enigmatico, sconosciuto e impuro / ti darà la certezza del corpo / e del cuore, senza cercare / niente di più?”

Ma allora: l’eternità è un filamento infinito di perle lungo la collana del tempo? Ma dove trovare quelle perdute, cercate, sperate? Quegli istanti feriti dal mattino che i sogni cancella? Fermarsi, ogni tanto, per godere degli istanti donati dal tempo… è questa la via?

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Corso di Scrittura Creativa Emozionale

Postato il

Scrittura – Creativa – Emozionale.
Tre belle parole, soprattutto se unite, rese un tutt’uno.
Questo “trinomio” si concretizza grazie alla bella iniziativa ideata e promossa da Manuela Minelli di Elisir Letterario con cui collaboro, anche come traduttore.
Vi copio qui si seguito le coordinate della serie di incontri on line.
Invitando chi vorrà a partecipare e con l’augurio, per tutti, di buone, anzi ottime Scritture, Creazioni ed Emozioni.   IM
Elisir letterario – Corredo grafico
Giovedì 17 dicembre 2020 alle ore 20:00 UTC+01
 
Tutti · Evento organizzato da Elisir Letterario
 

15 incontri on line della durata di due ore l’uno, tenuti dalla scrittrice e giornalista Manuela Minelli e quattro scrittori ospiti, in cui gli allievi lavoreranno su argomenti quali personaggio, ambientazione, incipit, climax, superare la paura del foglio bianco, dialoghi, narrativa poetica, favole e fiaba, romanzo storico, ecc. per poter acquisire tutti gli strumenti necessari, ovvero i primi ferri del mestiere, utili ad una prima creazione di storie, novelle, fiabe, romanzi, poesie e racconti. Dopo un accurato editing i lavori degli allievi costituiranno un libro edito da una casa editrice che provvederà anche alla vendita e alla distribuzione.

L'immagine può contenere: il seguente testo "YOUR STORY"

L'immagine può contenere: testo

Premio Astrolabio – “La resilienza” – bando 2020 / 21

Postato il

Ricevo da AstrolabioCultura e dalla segreteria del Premio Astrolabio il bando di concorso dell’edizione 2020 / 2021 del concorso, a cui è stato aggiunto come “sottotitolo” la definizione, in parte apotropaica, “la resilienza”.

In effetti vedere che gli appuntamenti, anche letterari, proseguono e proseguiranno è sempre gratificante.

Pubblico qui di seguito il bando per le autrici e gli autori interessati .

Con l’auspicio che anche questa edizione del Premio pisano possa essere un’ulteriore occasione di dialogo, di lettura reciproca e di incontro, magari anche di persona, vis à vis.

Maggiori informazioni sul Premio possono essere eventualmente richieste  a: premioastrolabio7@gmail.com .

Buona partecipazione a chi vorrà.

Buona lettura e buona scrittura a tutti, IM

 

astro 1Assessorato alla Cultura del Comune di Pisa

astro 2

Incontri letterari al Caffè Storico dell’Ussero

astro 3

Incontri letterari al Relais dell’Ussero di Villa di Corliano

astro 4

astro 5

 

ASTROLABIOCULTURA

Concorso Letterario “Astrolabio 2020”

LA RESILIENZA

 

Premio Internazionale di Poesia e Microracconti
(9a Edizione del Terzo Millennio)
dedicato alla memoria di Giorgio Bárberi Squarotti e Renata Giambene 

presieduto e diretto da Valeria Serofilli

Presidente fondatrice di AstrolabioCultura

 

                                    Bando di Concorso

 

AstrolabioCultura, in collaborazione con Ibiskos Ulivieri, Editrice di Empoli, con il Gruppo Internazionale di Lettura (Presidente fondatrice Renata Giambene), con la Libera Accademia Galileo Galilei di Pisa e con il patrocinio della Provincia di Pisa, istituisce la nona Edizione del Concorso Letterario Astrolabio allo scopo di promuovere la parola poetica e il componimento di fantasia e al fine di evidenziare nel panorama letterario attuale opere di autori degne di attenzione.

 

Oltre alle “classiche” quattro sezioni a tema libero, a cui si concorre con le modalità qui sotto specificate, gli autori potranno inviare lavori ispirati al tema “la resilienza” (argomento di stringente attualità che si è deciso di ricordare quest’anno in qualità di “titolo aggiuntivo” del Premio). Le autrici e gli autori che intendono concorrere a questa sezione dovranno specificarlo all’atto dell’invio dei loro componimenti.

 

SEZIONI A TEMA LIBERO

 

Prima sezione:

Volume edito di poesia per un’opera in versi pubblicata a partire dal 2010. Inviare due copie del volume di poesia. Solo una delle copie dovrà recare i dati completi dell’autore, assieme ad un breve curriculum biobibliografico e ad un indirizzo di posta elettronica.

                                               

Seconda sezione:

Silloge inedita (minimo 10 poesie – massimo 20) in due copie. Soltanto una delle copie dovrà recare il nome e l’indirizzo completo, comprensivo di indirizzo di posta elettronica dell’autore. È gradito un breve curriculum da allegare in busta chiusa.

                                                  

Terza sezione:

Poesia singola a tema libero. Si partecipa inviando da una a tre poesie edite o inedite. È consentito inviare anche poesia già premiate in altri concorsi.

Inviare le poesie in 2 copie di cui solo una dovrà recare i dati completi dell’autore, un breve curriculum e un indirizzo di posta elettronica.

 

Quarta sezione:

100 parole per un racconto, riservata a un microracconto edito o inedito.

Tema: libero.

Caratteristiche del testo: Word Times New Roman corpo 12, Lunghezza: non superiore a 100 parole.

La sezione è aperta agli autori di età superiore a 16 anni.

Inviare il testo in 2 copie di cui solo una dovrà recare i dati completi dell’autore, un breve curriculum e un indirizzo di posta elettronica.

                                                  

Per inedito s’intende opera mai apparsa in volume individuale.

 

Giuria

 

Presidente Valeria Serofilli (Presidente fondatrice di AstrolabioCultura, poeta e critica letteraria).

I Membri di Giuria saranno resi noti in sede di premiazione.

 

Comitato d’Onore

Pier Paolo Magnani (Assessore alla Cultura del comune di Pisa), Paolo Ruffilli( poeta).

 

 

Regolamento

 

  • Le opere concorrenti, complete di copia del versamento, scheda di iscrizione (reperibile in calce al presente bando), curriculum dell’autore e breve sinossi dell’opera, vanno spedite (evitando l’invio tramite posta raccomandata) al seguente indirizzo:

Segreteria Premio Astrolabio, via Ciardi nr° 2F, 56017 Pontasserchio di San Giuliano Terme (PI) entro e non oltre il 30 aprile 2021 (farà fede il timbro postale).

Si richiede anche l’invio telematico dei testi al seguente indirizzo di posta elettronica: premioastrolabio7@gmail.com.

 

  • Per agevolare il lavoro della Giuria, si raccomanda ai concorrenti di inviare i propri lavori prima possibile, senza attendere il periodo a ridosso della scadenza.

 

  • Possono partecipare al concorso autori italiani e stranieri con elaborati dattiloscritti in lingua italiana redatti su foglio formato A4.

 

  • È ammessa la partecipazione a più sezioni versando per ciascuna sezione il relativo contributo.

 

     Gli elaborati partecipanti al Premio non saranno restituiti.

Per i libri editi è prevista la cessione, a cura della Segreteria del Premio, di una copia dei testi alla Biblioteca Comunale della città di Pisa.

L’esito del concorso verrà comunicato ai soli vincitori e segnalati e ai concorrenti che avranno indicato il proprio indirizzo di posta elettronica.

 

Per ciascuna sezione inviare € 20 per rimborso spese di segreteria, da versare in contanti in busta chiusa o tramite bonifico bancario sul seguente conto:

IBAN: IT03 T 05034 14026 000000201175 intestato a Valeria Serofilli specificando nella causale “Premio Nazionale di Poesia Astrolabio 2020”.

Si prega di allegare ai lavori concorrenti la scheda di partecipazione, la liberatoria e la fotocopia dell’avvenuto pagamento.

 

Premi

 

I primi tre autori classificati in ciascuna delle Sezioni del Premio entreranno di diritto nella Collana ASTROLABIO pubblicata da  Ibiskos Ulivieri Editrice .

Sul volume sarà apposta la dicitura “Vincitori del Premio Astrolabio 2020 /2021”.

Al primo  classificato di ogni sezione verrà consegnato l’ Astrolabio simbolo della Libera Accademia Galileo Galilei, opera dell’artista Vittorio Minghetti.

Sui lavori classificati al secondo posto della prima seconda e terza sezione, verrà realizzato uno storyboard con grafica a cura dall’attrice Francesca Stangoni.

I concorrenti premiati, inoltre, potranno essere inseriti nel Calendario degli incontri allo storico Caffè dell’Ussero, al Relais dell’Ussero della Villa di Corliano (http://www.villadicorliano.it/)e alla libreria Blu Book di Palazzo Blu di Pisa (https://www.turismo.pisa.it/luogo/palazzo-agostini-e-caffe-dell-ussero?context=3906) curati e promossi da Valeria Serofilli.

Le opere degli autori premiati o segnalati potranno essere presentate da esponenti dell’Associazione Astrolabiocultura o presso alcune scuole del comprensorio pisano.

 

 La Segreteria di AstrolabioCultura comunicherà, a seconda dell’esito dell’attuale pandemia, le disposizioni concernenti la parte conclusiva del Concorso, i cui risultati verranno resi noti i primi di giugno.

 

I premi dovranno essere ritirati personalmente dai vincitori o in caso di impossibilità ritirati da un delegato.

 

La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente regolamento.

 

La Giuria si riserva di apportare modifiche al presente bando qualora se ne presentasse la necessità.

 

I dati personali dei concorrenti saranno tutelati a norma della legge 675/96 sulla privacy.

 

Alcuni degli autori delle varie sezioni, i cui testi, indipendentemente dalla classifica finale del Premio, verranno ritenuti interessanti, originali e di pregio, saranno contattati dall’editrice Ibiskos Ulivieri e riceveranno ulteriori vantaggiose proposte di pubblicazione.

 

Per eventuali informazioni e comunicazioni rivolgersi al seguente indirizzo e-mail: premioastrolabio7@gmail.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MODULO A  

 

 

 

PREMIO ASTROLABIO 2020 / 2021

Concorso Letterario

 

MODULO DI ISCRIZIONE

INFORMATIVA SUL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI LIBERATORIA PER L’UTILIZZO DELLE OPERE

 

 

Il/la sottoscritto/a (cognome e nome)                                                                       

 

Nato/a                                                             il                                                       

 

Residente a                                                     Provincia                                        

 

Via                                                                                                                          

 

Telefono                                         email                                                                 

 

chiede di iscriversi al concorso PREMIO ASTROLABIO

 

 

SEZIONE:

 

_________________________________________________________________

 

con l’elaborato (specificare se si tratta di silloge, poesia o microracconto) dal titolo:

 

__________________________________________________________

 

 

Dichiara

 

  • di aver letto e accettato in ogni sua parte il contenuto del regolamento del concorso “PREMIO Astrolabio”
  • di aver letto e compreso l’informativa per il trattamento dei dati sensibili, la liberatoria per l’utilizzo delle opere che presenterà e la clausola di manleva, poste a seguito del presente modulo.

 

Luogo_                     , data                                                            

 

 

Firma

 

 

 

 

 

 

 

 

INFORMATIVA SUL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI AI SENSI DEL D.Lgs. 196/2003

 

 

L’organizzazione del concorso si impegna all’utilizzo dei tuoi dati personali in conformità a quanto previsto dalla vigente normativa sulla privacy. In particolare l’organizzazione dichiara che:

  1. i tuoi dati personali, raccolti con il modulo di iscrizione, potranno essere registrati su database;
  2. la comunicazione dei tuoi dati personali è indispensabile per il corretto svolgimento e gestione del concorso (raccolta ed esame dei disegni, designazione dei vincitori, aggiudicazione dei premi ecc.);
  3. il consenso al trattamento dei tuoi dati è obbligatorio, pena l’impossibilità di procedere con l’iscrizione;
  4. in qualità di iscritto al concorso potrai in qualsiasi momento:
    1. avere conferma dell’esistenza di trattamenti di dati che ti riguardano;
    2. la cancellazione dei dati trattati in violazione della Legge;
    3. l’aggiornamento, la rettifica e l’integrazione dei dati.

MANIFESTAZIONE DI CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

Il sottoscritto (nome e cognome)

 

_____________________________________________________________

 

 

ha letto e compreso l’informativa resa ai sensi del D.Lgs. 196/2003 per quanto riguarda il trattamento dei propri dati personali e pertanto dichiara di:

 

NEGARE IL PROPRIO CONSENSO                   DARE IL PROPRIO CONSENSO

 

 

consapevole che in mancanza del proprio consenso l’organizzazione non potrà dar corso all’accettazione dell’iscrizione.

 

Luogo, ___________________ data ________________________

 

Firma

________________________________________

 

 

LIBERATORIA PER L’UTILIZZO DELLE OPERE INVIATE/PRESENTATE AL CONCORSO

 

Il sottoscritto (nome e cognome)

 

_____________________________________________________________

 

consapevole che la partecipazione al concorso prevede la possibilità e/o necessità che le opere inviate vengano trattate, elaborate, stampate e/o diffuse con diversi mezzi e modalità, comunque al solo fine di gestione e promozione del concorso stesso, autorizza la pubblicazione, diffusione e riproduzione in qualsiasi forma, nonché la conservazione in appositi archivi informatici.

 

Luogo, ___________________ data _________________________

 

Firma

 

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CLAUSOLA DI MANLEVA

 

Il sottoscritto (nome e cognome)

 

_____________________________________________________________

 

dichiara di essere consapevole che le opere (inviate o consegnate a mano – originali e del tutto conformi al regolamento del concorso) sono affidate agli organizzatori con il solo fine di partecipare al concorso. Pertanto solleva le persone incaricate del trattamento delle proprie opere da ogni responsabilità derivante dal furto, sottrazione, distruzione, danneggiamento in tutto o in parte dei propri elaborati, dichiarando e accettando, pena l’inammissibilità al concorso, di non avanzare pretese risarcitorie per ogni eventuale danno che le opere possano subire.

 

 

Luogo, ___________________ data _________________________

 

 

Firma

 

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